Riprendiamo da IL TEMPO di oggi 24/12/2025, a pag. 3, con il titolo "Dopo la gita con la Flotilla Greta arrestata di nuovo, protestava per i palestinesi detenuti in Gran Bretagna", il commento di Pietro De Leo.
Pietro De Leo
Le volte che è già successo si perdono nella ricerca aggrovigliata di Google, forse otto, forse dieci. Comunque la notizia che fa capolino tra le cose ben più serie dell’antivigilia di Natale è che Greta Thunberg è stata arrestata di nuovo. A Londra. E poi rilasciata su cauzione nel giro di qualche ora. Stava protestando contro la detenzione di otto attivisti di Palestine Action. Costoro sono in sciopero della fame da una cinquantina di giorni, per protestare contro la loro condizione di reclusione.
Perché si trovano in carcere? Perché Palestine Action è stato messo al bando, sulla base del Terrorism Act voluto dal governo Starmer, per via di un’azione condotta in una base militare inglese, danneggiando due velivoli (danno stimato di quasi 7 milioni di euro).
Dunque, tornando alla Thunberg, quel che più rileva non è tanto l’arresto (ormai non si contano più, appunto), ma l’evoluzione di questa attivista, simbolo umano di ciò che più aggrada al politicamente corretto: l’autoincolparsi antioccidentale. Ogni fase anagrafica ha una sua battaglia, e un suo mercato nel mondo delle opinioni.
La ricordavamo adolescente con le treccine, imam laica del fondamentalismo ambientalista pronta a fustigare il progresso industriale in nome della catastrofe imminente. Attorno al suo appeal di ragazzina in impermeabile giallo che pareva uscita da un libretto della connazionale Astrid Lindgren, si squagliava il dibattito scientifico sul cambiamento climatico, si genuflettevano leader europei, si dipanavano nuovi format educativi attorno ai venerdì di sciopero degli adolescenti in tutta Europa. “Friday for the Future” li chiamavano, con l’incoraggiamento di presidi e insegnanti a saltare un giorno di scuola per una buona causa.
Salvo che poi i piccoli partecipanti, intervistati qui e là durante le loro mobilitazioni, di quella buona causa sapessero poco o nulla. Ma c’era di più, e infatti Thunberg divenne il feticcio umano dell’antitrumpismo, bravissima com’era a contrire lo sguardo a favore di telecamere quando una volta si trovò al cospetto di Donald durante il suo primo mandato. Non si hanno notizie, invece, di pari slanci di ostilità verso i leader di Cina e India, notoriamente inquinatori senza risparmio.
Comunque, il tempo passa, arriva la maggiore età e con essa le grane legali. Il primo fermo documentato è nel gennaio 2023, a Lützerath, in Germania, dove svolgeva un presidio prolungato contro l’espansione di una miniera di carbone. Poi arriva il 7 ottobre, il gorgogliare delle piazze pro-Pal contro la reazione israeliana all’attacco di Hamas. Piazze in cui si grida “Palestina dal fiume al mare” e si inneggia alla cancellazione di Israele.
È la nuova “causa” da abbracciare. Greta si è sciolta le treccine ma si è nel frattempo messa la kefiah al collo. Eccola di nuovo in piazza, quindi, eccola imbarcarsi sulla Flotilla. Eccola arrivare in Italia, dove condivide una mobilitazione con Francesca Albanese, altra eroina di quel mondo lì. Nel frattempo però il “cattivo” Trump ha trovato, difficilmente, una parte del bandolo della matassa per approntare una tregua.
Ma loro non si fermano, no. Greta non si ferma. Urge trovare però un’altra “buona causa”, prima di cadere nel dimenticatoio.
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