Siamo nelle mani di nessuno
Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 20/12/2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: Siamo nelle mani di nessuno, dei deboli e dei vigliacchi

Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Siamo nelle mani di nessuno, dei deboli e dei vigliacchi​​​​​​". 


Giulio Meotti

Mentre il terrorismo islamico miete vittime tra civili inermi ai quattro angoli del pianeta, emerge un pattern ricorrente, tanto grottesco quanto tragico: lo Stato occidentale, con le sue forze armate, polizia e intelligence, si rivela un colosso dai piedi d’argilla, paralizzato da regole d’ingaggio ridicole, burocrazia asfissiante e una codardia politicamente corretta che lascia i cittadini a morire come agnelli al macello.

C’è una frase molto bella e importante della filosofa francese Chantal Delsol sull’ultimo numero di Causeur: “La situazione attuale è quella di un Occidente rifiutato e odiato da ogni parte, che allo stesso tempo odia se stesso e, nella sua vergogna, finge persino di non esistere come tale. Il rifiuto dei nostri valori universali ci fa dubitare di noi stessi al punto da esitare a difenderci”.

Un evento pubblico a Sydney con 1.000 ebrei senza protezione. Delle due l’una: o l’Australia ha venduto i suoi ebrei oppure lo stato è in bancarotta morale.

La prima non sarebbe irrealistica, visto che in Belgio dalla prossima settimana il quartiere ebraico di Anversa rimarrà senza protezione (il Belgio sarà “il primo stato islamico d’Europa” e per quell’ora gli ebrei dovranno essersene andati).

Ora scopriamo che c’erano soltanto due poliziotti a guardia della festa di Hanukkah a Bondi e anche poco armati.

Durante la strage, Eliyahu Ben Zion in un video impressionante continua a chiedere: “Where the hell is the police?”.

L’attacco è durato fino a dieci minuti, con eroi civili come Boris e Sofia Gurman, Ahmed al Ahmed e Reuven Morrison che hanno tentato di disarmare i terroristi, pagando con la vita o con gravi ferite. E la polizia?

Where the hell is the police?

La stazione di polizia di Bondi è a tre minuti a piedi dalla spiaggia, due dal ponticello usato dai due terroristi per fare strage. Basta andare su Google Maps. E le poliziotte accorse si riparavano dietro le auto.

Un governo dovrebbe cadere su questo, non sui budget.

Vanessa Miller, sopravvissuta all’attentato di Bondi, è stata separata dalla figlia di tre anni. Ha raccontato alla giornalista australiana Erin Molan di aver cercato di afferrare la pistola di un agente ferito per fermare i terroristi, ma altri agenti, anziché rispondere al fuoco, l’hanno trattenuta: “Questi poliziotti si nascondevano dietro un’auto... Ho cercato di afferrare una delle loro pistole. Un altro mi ha afferrato e mi ha detto ‘no’. Siete deboli. Avreste potuto salvare la vita di molte più persone. Stavano invece guardando tutto questo accadere”.

Il premier laburista australiano ha intanto visitato in ospedale il fruttivendolo arabo che ha fermato uno dei terroristi. Gli altri feriti, ebrei, non hanno ricevuto alcuna visita.

Ma come dice Douglas Murray su Bondi, “prima gli ebrei e poi tutti gli altri”.

Questa mattina altri arresti a Sydney: un’auto era diretta a Bondi Beach. Forse a portare gelati e frutta.

Intanto acco Martin Place, una piazza centrale di Sydney, come si presentava questa mattina.

Otto soldati dell’Opération Sentinelle – armati fino ai denti e addestrati per il controterrorismo – erano fuori dal Bataclan, arrivati tra i primi. Avrebbero potuto intervenire, neutralizzare i terroristi e salvare decine di vite. Invece? Ordini superiori: non intervenite. Regole d’ingaggio che vietavano azioni miste con la polizia senza autorizzazione, timore di “rischi” per i militari (come se ipoteticamente salvare vite valesse meno della loro incolumità), e una catena di comando paralizzata.

“No, non ho ordini di muovermi”, rispose un soldato a un agente di polizia che gli aveva chiesto di accompagnarlo all’interno del Bataclan. L’agente replicò immediatamente: “Bene, dammi il tuo FAMAS!”. Questa scena del 13 novembre 2015 è stata raccontata da Jean-Luc Taltavull, vicesegretario generale del Sindacato Nazionale dei Commissari di Polizia, davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta istituita dopo gli attacchi.

Soldati fuori dal Bataclan

All’indomani del massacro che costò la vita a 90 persone nella sala concerti, l’incomprensione fu immensa: perché gli otto soldati presenti all’esterno, nell’ambito dell’“Operazione Sentinelle”, non erano intervenuti con i loro fucili d’assalto? “Il massacro si è fermato quando un commissario di polizia è intervenuto con la sua pistola al Bataclan e ignorando l’ordine ha eliminato uno dei tre terroristi e salvato diverse vite”, ha spiegato Jean Sannier, uno degli avvocati delle vittime.

Manchester Arena

L’inchiesta sull’attentato alla Manchester Arena del maggio 2017, in cui 22 persone furono uccise da un kamikaze islamico, è una lettura agghiacciante. Si scopre che ci furono numerose “opportunità mancate” per fermare Salman Abedi, l’attentatore suicida, e impedirgli di compiere la strage. Ma la cosa più agghiacciante è la ragione fornita da una delle principali guardie di sicurezza quella sera sul motivo per cui non ha fermato Abedi.

Kyle Lawler quella sera era preoccupato, ha detto, che chiedere a un uomo dalla pelle scura perché si aggirasse per l’arena con un grande zaino potesse essere interpretato come razzista. Nelle parole del rapporto, questa è stata una significativa “occasione persa”. “Non volevo che la gente pensasse che lo stavo stereotipando a causa della sua razza”, ha detto Lawler.

Abedi è rimasto nell’Arena per più di un’ora e mezza prima di far esplodere la bomba. È arrivato alle 20:51 e si è fatto esplodere alle 22:31, mentre i partecipanti al concerto iniziavano ad andarsene. Fu descritto da alcuni come “nervoso” e “irrequieto”. Christopher Wild e la compagna, che stavano andando a prendere la figlia, hanno discusso della possibilità che Abedi avesse una bomba nello zaino. Il rapporto documenta quindi le preoccupazioni della guardia. “Aveva paura di essere etichettato come razzista”.

Che lezione trarre da questi tre disastri?

Lo stato, in Occidente, è affetto da una paralisi fatale: regole d’ingaggio che privilegiano la “sicurezza” delle forze dell’ordine sulla vita dei cittadini; paura del razzismo che impedisce di fermare sospetti evidenti; burocrazia che trasforma soldati e poliziotti in spettatori passivi e una ipocrisia morale che tollera l’antisemitismo e l’Islam radicale per non disturbare il multiculturalismo forzato.

E così, di anno in anno, tutto l’Occidente diventa una no go zone.

È stato appena sventato in Germania un attentato islamista contro un mercatino di Natale. Cinque uomini sono stati arrestati per aver pianificato un attacco a Dingolfing, nella Bassa Baviera. L’attacco sarebbe stato effettuato utilizzando un veicolo “per uccidere il maggior numero possibile di persone”.

Il giorno dopo, arresti in Polonia per un attentato a un mercatino di Natale.

Il rabbino di Bondi Beach sul Washington Post intanto si chiede: “Dove sono le marce in Occidente per gli ebrei uccisi?”.

Sappiamo perché non ci sono.

E il Senato di Berlino sta ora per indire una “Giornata della memoria contro l’islamofobia” il 13 marzo, che commemorerà ufficialmente la discriminazione contro i musulmani.

Ogni anno, la folla si raduna a Parigi sugli Champs-Élysées per dare il benvenuto al nuovo anno con fuochi d’artificio e concerti. Come le feste di Capodanno a Times Square a New York, questi festeggiamenti sono un momento chiave nella catena di celebrazioni mondiali per l’anno a venire.

Non più.

Da ora non ci sarà nessuno a contare il conto alla rovescia perché gli Champs-Élysées sono diventati l’ultima “zona proibita” in Francia. Lo stesso ha fatto la città di Sydney dopo la strage sulla spiaggia. Ma sì, cancelliamo tutto. E non importa se dopo l’attentato una panetteria ebraica ha deciso di chiudere: “Non siamo in grado di garantire la sicurezza del nostro personale, dei nostri clienti e delle nostre famiglie”.

Questo succede quando l’Occidente finisce in mano ai deboli e ai codardi.

Ufficialmente la Dgse, la direzione generale della sicurezza interna, ha mappato 150 distretti francesi “in possesso” degli islamisti, come ha rivelato il settimanale Journal du dimanche. Su Le Figaro il grande storico Georges Bensoussan, che dieci anni fa ha curato il libro I territori perduti della Repubblica, ha spiegato che “più di 500 distretti in Francia sono dichiarati ‘sensibili’. Per dirla senza mezzi termini, stiamo parlando di diversi milioni di persone che sono soggette alla legge islamista”. Ma secondo l’ex numero due del Dgse, Alain Chouet, che ha appena pubblicato il libro Sept pas vers l’enfer, in cui ritrae una società profondamente avvinta dalla violenza fondamentalista islamica, queste zone sono molte di più: “Ci sono 1.514 quartieri dove è vietato l’accesso alle forze di sicurezza, ai servizi di emergenza, ai servizi medici e sociali. Questi distretti sono in 859 città e ci vivono 4 milioni di persone, ovvero il 6 per cento della popolazione totale della Francia”.

A questo aggiungete ora una delle strade più famose del mondo, “iperprotetta come la ‘zona verde’ di Baghdad”.

Dieci anni fa, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo aveva minacciato di fare causa a Fox News per aver correttamente riportato l’esistenza di “zone proibite” a Parigi. “L’immagine di Parigi è stata pregiudicata e l’onore di Parigi è stato pregiudicato”, si sfogò la sindaca furiosa.

Ora, il sindaco Hidalgo ha deciso che, nonostante i 6.000 agenti di polizia schierati per proteggere l’evento parigino dell’anno scorso, gli Champs-Élysées non potevano essere protetti dall’Islam.

“L’Europa ha attraversato molti periodi di decadenza in passato, ma in qualche modo è riuscita a resistere” scrive Christopher Caldwell sul New York Times. “Ha fermato i Mori a Poitiers e i Turchi a Vienna, ha resistito a una serie di pestilenze, è sopravvissuta a Napoleone, Hitler e Stalin. Ma nessuno di questi episodi ha viziato la sua cultura, indebolito i suoi nervi e minacciato la sua continuità storica così a fondo come tre decenni e mezzo di ordine internazionale liberale in stile americano, all’insegna del ‘Dai, gente, sorridi a tuo fratello’. La principale fonte di rabbia degli europei nel vedere la loro civiltà in via di estinzione compianta dagli Stati Uniti potrebbe essere questa: che è stato proprio su sollecitazione americana che hanno intrapreso quest’opera di autodistruzione”.

Dalla Casa Bianca arriva un’altra mina sull’Europa.

Tulsi Gabbard, direttrice dell’Intelligence Nazionale dell’amministrazione Trump, ha collegato l’attacco di Bondi al “massiccio afflusso di islamisti in Australia”. “Il loro obiettivo non è solo l’islamizzazione dell’Australia, ma del mondo intero, compresi gli Stati Uniti”. Gabbard parla della “più grande minaccia alla libertà, alla sicurezza e alla prosperità degli Stati Uniti e del mondo intero”. “Probabilmente è troppo tardi per l’Europa, e forse anche per l’Australia. Non è troppo tardi per gli Stati Uniti d’America. Ma presto lo sarà”.

81 anni dopo che il generale De Gaulle percorse con Winston Churchill gli Champs-Élysées fino a Notre Dame per celebrare la liberazione di Parigi, la città, campi elisi compresi, è di nuovo sotto occupazione.

Da Sieg Heil! a Allahu Akbar.

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