Riprendiamo da LIBERO di oggi, 08/12/2025, pag. 8, con il titolo "Trump pronto a sfilarsi: «Stop alle armi a Kiev»", la cronaca di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
Gli aggiustamenti a cui stiamo assistendo... sono in gran parte coerenti con la nostra visione». C’è una nota di ottimismo nelle parole del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, a proposito del documento sulla nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti presentato da Washington venerdì scorso.
La Russia dunque si schiera con l’America, anche se Lavrov si riserva di dare giudizi definitivi dopo un’analisi più approfondita del documento, e non poteva essere diversamente dal momento che in quelle 33 pagine ci sono espliciti riferimenti alla Russia con la quale gli Usa vogliono restaurare «la stabilità strategica» anche a beneficio dell’Europa che avrebbe così la possibilità di «stabilizzare l’economia».
Il concetto lo ha ribadito ieri in modo piuttosto brutale Donald Trump, ma non il presidente, bensì il figlio Jr, il quale parlando alla 23esima edizione del Doha Forum in Qatar ha detto che gli Stati Uniti non sono «il grande idiota con il libretto degli assegni» e che suo padre potrebbe anche interrompere gli aiuti a Kiev anche perché è «la persona più imprevedibile in politica».
Trump Jr non ha ruoli attivi nel governo americano ma è una figura importante nel mondo MAGA, indicato insieme a nomi come quello del vicepresidente Vance o quello del segretario di Stato Rubio, quale possibile prossimo candidato repubblicano alla presidenza. Da sempre contrario al sostegno dell’Ucraina per cui evidentemente non nutre alcuna simpatia, Trump Jr. ha sottolineato che il destino di Kiev per il popolo statunitense non è una priorità e che l’opinione pubblica statunitense non ha alcuna voglia «di finanziare tutto per tutti in tutto il mondo senza alcun beneficio diretto per se stessa».
Il traffico di droga nei Caraibi costituisce «un pericolo molto più grave e immediato per gli Stati Uniti rispetto a qualsiasi cosa stia accadendo in Ucraina e Russia». Parole durissime contro l’Ucraina, i cui ricchi «corrotti» sono fuggiti dal loro Paese lasciando «la classe contadina» a combattere la guerra. A tale proposito ha riferito di avere notato quest’estate a Monaco, in un solo giorno, che il 50% di auto di lusso come Bugatti e Ferrari aveva targhe ucraine, aggiungendo che la classe dirigente locale non ha alcun interesse a fermare la guerra perché «il treno dei soldi arriva e loro rubano, nessuno controlla nulla, quindi non c’è motivo di arrivare alla pace». L’Ucraina, ha detto, è molto più corrotta della Russia. Nelle parole di Trump Jr. ce n’è anche per il presidente Volodymyr Zelensky che sta prolungando il conflitto perché sa che non vincerebbe le elezioni in caso di pace. E per l’Europa le cui sanzioni non stanno funzionando e che hanno semplicemente aumentato il prezzo del petrolio con cui la Russia ha finanziato la sua guerra. Il piano è «aspettiamo che la Russia vada in bancarotta: ma questo non è un piano», ha concluso esortando l’Europa ad assumersi maggiori responsabilità.
I Volenterosi, cioè in sostanza alcuni leader di quell’Europa di cui Donald Trump Jr. parla, Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Keir Starmer, si incontrano oggi a Londra con Zelensky per stabilire le prossime mosse in base ai risultati dei colloqui avvenuti a Miami tra gli americani Steve Witkoff e Jared Kushner, e l’ucraino Rustem Umerov. Ieri, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato al telefono con Zelensky e ha gli ha annunciato l’invio nelle prossime settimane di forniture di emergenza a sostegno delle infrastrutture energetiche e della popolazione. Meloni ha inoltre nuovamente espresso sostegno al processo negoziale in corso e all’impegno degli Stati Uniti per individuare un percorso che possa condurre a una pace giusta e duratura. Funzionale a tale percorso è la reiterata disponibilità dell’Ucraina a sedere in buona fede al tavolo negozialepurché da parte russa si manifesti analoga apertura.
L’inviato speciale uscente Keith Kellogg ha affermato ieri che un accordo per porre fine alla guerra è «davvero vicino», ma mancano «gli ultimi 10 metri» che sono sempre i più difficili.
In questo caso il rush finale è rappresentato dalla risoluzione di due principali questioni in sospeso: il futuro della regione ucraina del Donbass e la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Ed è proprio questo lo scoglio che se non viene risolto potrebbe determinare una decisione da parte di Trump relativa alla fine degli aiuti militari.
Sul piano militare ieri si sono registrati i soliti bombardamenti russi con missili e droni, in particolare nella regione di Chernihiv dove si è registrato un morto, e in quella di Kharkiv, dove le vittime sono state tre. Secondo il presidente Zelensky «solo questa settimana, la Russia ha lanciato oltre 1.600 droni d'attacco, circa 1.200 bombe aeree guidate e quasi 70 missili di vario tipo contro l’Ucraina», e gli obiettivi principali sono «le infrastrutture che mantengono in funzione la vita quotidiana».
Kiev tuttavia sostiene che «le forze di difesa ucraine stanno allontanando le forze russe da Pokrovsk», che Mosca solo qualche giorno fa diceva di aver circondato.
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