Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - il commento di Gadi Ezra dal titolo "Difficile quantificare l’enorme danno arrecato dalla faziosità della BBC all’immagine di Israele: delle semplici scuse non risolveranno il problema. Israele dovrebbe considerare la battaglia per la propria reputazione con la stessa urgenza della difesa fisica dei suoi cittadini".
Facciamo un piccolo esperimento mentale. Immaginate che spesso la mattina, prima di andare al lavoro, trovate un graffio sulla vostra auto. A volte davanti, a volte dietro, a volte di lato.
Un vicino vi guarda imbarazzato e si scusa.
Il danno non è gravissimo, non abbastanza da giustificare una sosta dal carrozziere e nemmeno un ritardo al lavoro. Certe mattine basta passare un panno umido.
Fate un profondo respiro, salite in macchina e partite. Cose che capitano, no?
Ora immaginate che accada 215 volte in due anni. A quel punto sarebbe chiaro che non si tratta più di un infortunio. Smettereste di accettare le scuse. Prendereste provvedimenti. Presentereste una richiesta di risarcimento. Chiamereste la polizia.
È ciò che è capitato allo stato d’Israele con la British Broadcasting Corporation (BBC) dal 7 ottobre.
L’organo d’informazione che un tempo proclamava di “dire la verità al servizio della pace” è diventato una copertura per la guerra. Falsità palesi, mezze verità e distorsione dei fatti sono diventate routine.
In due anni, ha dovuto pubblicare 215 correzioni o scuse.
Sebbene l’ambasciata israeliana a Londra abbia operato diligentemente per contrastare il pregiudizio, e a un certo punto sia intervenuto persino il presidente di Israele, ciò non è stato sufficiente a innescare una presa di consapevolezza nazionale in Israele.
Invece avrebbe dovuto. L’impatto negativo è stato strategico: ha colpito gli interessi nazionali di Israele, ha compromesso la sicurezza personale degli israeliani (e degli ebrei) all’estero, ha contribuito a limitare la libertà operativa delle Forze di Difesa israeliane.
La BBC non è solo un’emittente televisiva come le altre. È un simbolo del giornalismo libero, un presunto punto di riferimento globale per accuratezza e credibilità, alcuni direbbero persino un emblema culturale della Gran Bretagna stessa.
Ma ciò che Israele ha dovuto subire non è un semplice “accumularsi di inesattezze”. È stato oggetto di una pericolosa campagna di condizionamento che ha contribuito ad alimentare l’incendio delle polemiche nel dibattito pubblico occidentale.
Una situazione del genere richiederebbe una risposta in tempo reale a livello nazionale, ben oltre ciò che può fare una singola ambasciata. Quando un’agenzia mediatica del calibro della BBC promuove un cumulo di falsità, non può essere trattata come una questione locale londinese.
Il fatto richiede una campagna coordinata da Gerusalemme che coinvolga sia il governo che la società civile, per denunciare il pregiudizio sistemico.
Il che significa dichiarazioni pubbliche e pressioni diplomatiche dietro le quinte. Significa mettere in chiaro che privilegiare l’agenda politica rispetto all’integrità giornalistica comporta conseguenze. Significa subordinare qualsiasi cooperazione “del giorno dopo” con il Regno Unito ad autentici sforzi per combattere l’antisemitismo di matrice britannica.
Non è accaduto nulla di tutto questo. Israele non ha reagito in modo sempre più deciso nei confronti di un’emittente televisiva che, metaforicamente, sfregiava ogni giorno la sua auto: nessuna richiesta di risarcimento, nessuna telefonata alla polizia.
Alla fine si sono dimessi due massimi dirigenti della BBC, ma per altre ragioni. Si sono scontrati con l’uomo sbagliato: Donald Trump.
Se non fosse stato per quel famigerato video manipolato dal programma BBC “Panorama”, Israele avrebbe potuto svegliarsi anche questa mattina con un’ennesima calunnia.
Certo, le risorse sono limitate, i budget sono stretti, il personale scarseggia. Non si possono affrontare tutti i problemi in ogni momento.
Ma la dura verità è questa: la BBC ha potuto agire contro Israele non per via di questi vincoli di budget e di staff, ma perché Israele non considera la percezione pubblica una componente fondamentale della sua dottrina di sicurezza nazionale.
Si lamenta – giustamente – dei problemi di immagine, ma non fa abbastanza per tutelarla o promuoverla in modo proattivo.
È difficile quantificare l’entità del danno arrecato dalla faziosità della BBC negli ultimi due anni.
Ciò che conta capire è che una nuova dirigenza a capo dell’emittente non risolverà il problema. La distorsione è radicata a livello di base.
Lo stesso vale per altri importanti media.
A meno che Israele non inizi a trattare gli attacchi alla sua immagine con la stessa urgenza che riserva alle minacce fisiche, la battaglia dell’informazione continuerà ad essere combattuta da una manciata di voci coraggiose, ma isolate.
E altre emittenti interiorizzeranno lo stesso messaggio inquietante: quando si tratta di Israele, meglio chiedere scusa dopo che guadagnarsi prima il permesso.
Per evitarlo Israele deve prendere l’iniziativa, altrimenti i prossimi attacchi continueranno a colpire l’auto che non lo merita.
(Da: YnetNews, 13.11.25)
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