Omid, eroe coraggioso contro il regime islamico di Khamenei
Commento di Paolo Crucianelli
Testata: Il Riformista
Data: 12/11/2025
Pagina: 5
Autore: Paolo Crucianelli
Titolo: Omid, eroe coraggioso contro il regime islamico di Khamenei

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 12/11/2025, il commento di Paolo Crucianelli dal titolo "Omid, eroe coraggioso contro il regime islamico di Khamenei".

Iran, Omid Sarlak è ufficialmente morto "per suicidio", in realtà tutti sanno che è stato assassinato dalla Guardia Rivoluzionaria. Il giorno prima che venisse trovato il suo cadavere, infatti, aveva pubblicato un video in cui dava fuoco al ritratto di Khamenei, guida suprema dell'Iran.

In Iran, dire quello che si pensa può costare la vita. E spesso, chi paga quel prezzo non ha un nome che il mondo ricorderà. Uno di loro è Omid Sarlak, 25 anni, un ragazzo che sognava di diventare pilota di linea e che, pochi giorni fa, ha compiuto un gesto semplice e rivoluzionario: ha bruciato la foto di Ali Khamenei e lo ha sfidato pubblicamente sui social. Il giorno dopo, Omid è stato trovato morto nella sua auto, ad Aligudarz, nell’Iran occidentale, con una pistola al suo fianco. “Si è suicidato”: così hanno commentato le autorità. Ma la realtà, come spesso accade nella Repubblica Islamica, non è mai così semplice.

Venerdì, Omid aveva pubblicato su Instagram un video in cui dava fuoco al ritratto della Guida Suprema, recitando parole attribuite allo Shah Mohammad Reza Pahlavi. Parole che suonano come un manifesto di coraggio: “Morte ai clerici. Quanto ancora povertà, quanto ancora umiliazione. Ora è il momento di mostrarsi, giovani, e dimostrarsi”. Il giorno dopo era morto. Secondo la versione ufficiale, si sarebbe sparato; la pistola trovata nella vettura è diventata la prova, e il “suicidio” la conclusione scontata. Nessuna indagine pubblica, nessuna autopsia, nessuna trasparenza.

La famiglia, gli amici e gli attivisti raccontano un’altra storia. I parenti sostengono di aver ricevuto pressioni e intimidazioni dai servizi di sicurezza per costringerli ad accettare la versione del suicidio. Nonostante la paura, la rabbia per la morte del figlio è troppo forte: i familiari e l’intera comunità locale insistono sul fatto che Omid non avesse alcuna intenzione di porre fine alla sua vita. Anzi, la versione che circola — e che purtroppo appare la più credibile — è che Omid sia stato arrestato dai Guardiani della Rivoluzione Islamica, interrogato, torturato e infine ucciso.

Durante il funerale, la folla non ha mantenuto il silenzio imposto. Ha gridato ciò che in Iran è proibito anche solo pensare: “Morte a Khamenei”. A noi può sembrare una frase come tante, abituati come siamo a piazze che urlano di tutto; ma in Iran pronunciarla è un atto di ribellione e di coraggio che può costare la vita.

L’Iran è un Paese in cui le vite scomode diventano “suicidi” o “malori improvvisi dovuti a cause pregresse”. Lo abbiamo già visto con Mahsa Amini e con altri giovani morti in circostanze “inspiegabili”. È impossibile, oggi, stabilire con certezza cosa sia accaduto a Omid. Ma vi sono pochi dubbi che sia l’ennesima vittima del regime degli Ayatollah.

Omid non era un leader, non era un comandante rivoluzionario, non era un volto noto. Era un ragazzo qualunque che ha superato la paura e ha sfidato il potere, e per questo ha pagato il prezzo più alto. La sua storia merita di essere raccontata, e il suo nome ricordato.

In un Paese dove l’opinione costa la vita, i nomi come quello di Omid Sarlak non sono note a piè di pagina: sono i capitoli del cambiamento. E un giorno, quando l’Iran potrà guardare alla propria storia senza censura, il suo gesto sarà ricordato per ciò che è stato davvero: un atto di libertà.

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