Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/11/2025, nella sezione Un Foglio Internazionale, articolo di Jonathan Spyer originariamente pubblicata su Street Journal tradotto da Giulio Meotti dal titolo: "La guerra di Gaza è finita nello stallo fra blocchi".
Ora che le armi sono (in gran parte) silenti a Gaza, è possibile iniziare a valutare l’impatto di due anni di guerra sul medio oriente” scrive sul Wall Street Journal Jonathan Spyer, direttore della ricerca presso il Middle East Forum e della rivista Middle East Quarterly.
“A mano a mano che il fumo si dirada, diventa chiaro che le battaglie degli ultimi due anni non hanno portato a una trasformazione strategica fondamentale della regione, dove prima del 7 ottobre era possibile distinguere tre blocchi di potere. Il primo, di cui Israele faceva parte, era composto da stati e movimenti impegnati nell’alleanza con l’occidente e nel mantenimento di un’architettura di sicurezza anti radicale allineata agli Stati Uniti. Gli accordi di Abramo sono stati un tentativo di formalizzare questa alleanza.
Il secondo blocco era composto da movimenti e regimi non sunniti organizzati dalla Repubblica islamica dell’Iran. Questa alleanza includeva Hezbollah, gli Houthi in Yemen, le milizie sciite irachene, il regime di Assad in Siria e Hamas e il Jihad islamico tra i palestinesi. L’obiettivo di questa alleanza, come dichiarato apertamente dai suoi leader a Teheran, era quello di sostituire gli Stati Uniti come garante della sicurezza della regione, perseguendo al contempo la distruzione di Israele.
Il terzo blocco era l’alleanza islamista sunnita, che ha un rapporto complesso e ambiguo con la potenza americana. Le componenti principali di questo blocco erano Turchia e Qatar. Formalmente allineati con l’occidente, questi paesi offrivano tuttavia supporto anche a una varietà di forze islamiste sunnite e jihadiste nella regione, tra cui Hamas,Hayat Tahrir al Sham in Siria e i Fratelli musulmaniegiziani. La guerra degli ultimi due anni è consistita in uno scontro tra l’alleanza regionale guidata dall’Iran e Israele, con il sostegno cruciale degli Stati Uniti. Il risultato è
che l’Iran e i suoi alleati sono stati insanguinati ma non distrutti. In tutti questi casi, i danni subiti sono considerevoli, ma la ripresa e la ricostruzione sono in corso. Non vi sono indicazioni che l’Iran, il patrono di questa alleanza, abbia scelto di adottare una strategia regionale diversa a seguito dell’esperienza degli ultimi due anni. L’unica eccezione a questo schema è il regime di Assad in Siria, che è stato rovesciato nel dicembre 2024. E’ stato tuttavia sostituito da Hayat Tahrir al Sham, un partito jihadista sunnita allineato al blocco islamista sunnita di Turchia e Qatar. Questo blocco sembra aver svolto un ruolo cruciale nel convincere Hamas ad accettare il piano Trump e il cessate il fuoco a Gaza. Lo ha fatto, come sta diventando ora evidente, non per garantire una pace duratura, ma per garantire la sopravvivenza di Hamas. Gli islamisti sunniti di Gaza sono un alleato naturale e confortevole di questo blocco, di cui condividono la visione in tutti gli aspetti essenziali.
In medio oriente, l’occidente e i suoi alleati rimangono il gruppo più forte in termini convenzionali. Ma devono ancora tradurre questa superiorità in una vittoria decisiva. Un blocco islamista, quello degli iraniani, è stato notevolmente indebolito. Un altro, quello tra Turchia e Qatar, si è rafforzato. La competizione è destinata a continuare”.
(Traduzione di Giulio Meotti)
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