Gli Accordi di Abramo hanno retto alla prova della guerra
Analisi di Mattia Preto
Testata: Informazione Corretta
Data: 15/10/2025
Pagina: 1
Autore: Mattia Preto
Titolo: Gli Accordi di Abramo hanno retto alla prova della guerra

Gli Accordi di Abramo hanno retto alla prova della guerra
Analisi di Mattia Preto


Mattia Preto

Gli accordi di pace di Sharm el Sheikh hanno coinvolto anche molti paesi arabi e islamici, fra cui i firmatari degli Accordi di Abramo. I patti del 2020 sono stati rispettati anche durante la guerra: i paesi arabi che vi hanno aderito, hanno contribuito alla difesa di Israele e ora sono in prima fila per la costruzione di un nuovo Medio Oriente.

Gli accordi di Sharm el-Sheikh hanno posto fine alla guerra di Gaza.
In due anni di conflitto abbiamo visto il coinvolgimento di molti Paesi musulmani, alcuni schierati contro Israele, altri invece a sostegno dello Stato ebraico. Con la fine delle ostilità, si aprono ora nuovi scenari per accordi regionali e internazionali.

Il primo atto di questa pace, firmato a Sharm el-Sheikh, ha avuto come protagonisti due figure che fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile vedere stringersi la mano, il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani (da non confondere con l’emiro Tamim bin Hamad Al Thani), e Nitzan Alon, capo della Direzione ostaggi e persone scomparse dell’IDF. Insieme hanno siglato l’accordo per il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi da parte di Hamas.

Il Qatar, che per anni aveva fornito appoggio logistico, finanziario e politico al movimento islamista, per altro ospitandone i leader a Doha, ha cambiato radicalmente posizione dopo l’operazione israeliana condotta nella capitale dell’emirato nei primi giorni di settembre, volta a colpire i vertici di Hamas. L’evento ha accelerato la svolta qatarina, Doha ha smesso di praticare il doppio gioco tra Hamas e Stati Uniti, comprendendo che l’organizzazione rappresenta una minaccia diretta alla stabilità e alla sicurezza del Paese.

La giornata di lunedì 13 ottobre è stata la più significativa: Donald Trump, in visita alla Knesset, ha tenuto un discorso incentrato molto sugli Accordi di Abramo, auspicando l’adesione di nuovi Stati e ricordando i benefici economici e di sicurezza di cui hanno già goduto i Paesi firmatari. Successivamente, si è recato a Sharm el-Sheikh, dove si è svolto l’incontro multilaterale.

L’Accordo di Sharm el-Sheikh è stato firmato da Egitto, Stati Uniti, Qatar e Turchia, alla presenza di numerosi leader musulmani, tra cui quelli di Emirati Arabi Uniti, Giordania, Azerbaigian, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Kuwait, Bahrein e dell’Autorità Nazionale Palestinese. Inizialmente era stato invitato anche l’Iran, che però ha rifiutato la partecipazione. Oltre a sancire la fine della guerra, l’accordo ha definito le linee guida per il futuro di Gaza, ponendo la sicurezza al centro delle priorità e prevedendo un impegno congiunto di forze arabe e occidentali per la stabilizzazione della Striscia.

Martedì 14 ottobre era atteso in Israele Prabowo Subianto, presidente dell’Indonesia, il Paese musulmano più popoloso al mondo, che di recente alle Nazioni Unite ha sottolineato la necessità di garantire la sicurezza israeliana nel processo di pace mediorientale. Sarebbe stata la prima visita ufficiale di un capo di Stato indonesiano, un evento storico solo rinviato ma che segnala un chiaro avvicinamento tra i due Paesi. Con i suoi 220-230 milioni di musulmani, l’Indonesia potrebbe diventare il Paese capofila di una nuova fase degli Accordi di Abramo, destinata ad allargarsi dal mondo arabo all’intero universo islamico.

L’attacco del 7 ottobre 2023, orchestrato da Hamas con il sostegno degli Ayatollah iraniani, mirava a bloccare gli Accordi di Abramo e a isolare lo Stato ebraico. Due anni dopo, si può affermare che quel piano è fallito, Israele ne esce rafforzata, con un numero crescente di Paesi musulmani desiderosi di stringere accordi e di progettare un futuro di pace. La cosiddetta “mezzaluna sciita”, definita così dal re di Giordania e composta da Iran, Iraq, Siria e Hezbollah in Libano, sembrava due anni fa un blocco incrollabile. Oggi, invece, si è sgretolata, è caduto il regime di Assad, sostituito da una nuova Siria che guarda di più a Occidente; Hezbollah ha perso gran parte della sua forza militare, al punto da spingere il governo libanese, con il supporto americano, ad avviare un’operazione di disarmo. Il programma nucleare iraniano è stato definitivamente fermato durante la guerra dei dodici giorni di giugno, rivelando le profonde debolezze del regime, sia sul piano internazionale che su quello interno. Il Qatar, da sostenitore di Hamas, è divenuto uno dei principali mediatori, esercitando forti pressioni sul gruppo terroristico per ottenere il rilascio degli ostaggi e accettare il cessate il fuoco. Paesi come Marocco, Egitto, Giordania e Arabia Saudita si sono dimostrati alleati fedeli di Israele durante tutto il conflitto, mentre altri Stati musulmani si preparano ora a firmare nuovi accordi di cooperazione.

Ciò che due anni fa sembrava inimmaginabile è oggi realtà, l’assetto del Medio Oriente è mutato profondamente. L’Iran, principale artefice del piano per isolare Israele, è oggi più isolato che mai e con il suo programma nucleare azzerato. I Paesi arabi e musulmani hanno compreso che sicurezza e prosperità economica si ottengono stando dalla parte di Gerusalemme, non contro di essa.
Questa è la vittoria più importante per Israele, non un semplice cessate il fuoco o un ritiro unilaterale, ma la nascita di nuovi e solidi accordi di pace.

takinut3@gmail.com