Quattro modi per contrastare l'antisemitismo nel mondo post-7 ottobre
Commento di Ben Cohen
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.jns.org/four-ways-to-combat-antisemitism-in-the-post-oct-7-world/
Ben Cohen
Due anni dopo il mostruoso pogrom guidato da Hamas nel Sud di Israele, il 7 ottobre 2023, ci troviamo ad affrontare al contempo, opportunità e ansia. L'opportunità risiede nel Medio Oriente, proprio nella regione di Israele. Alla vigilia del pogrom, Israele si era trovato di fronte a una falange di alleati iraniani; oltre ad Hamas a Gaza, c'erano Hezbollah in Libano, i ribelli Houthi in Yemen, una schiera di milizie in Iraq e Siria e, naturalmente, il regime iraniano stesso. Nel frattempo, i depravati stupratori di Hamas sono stati decimati, Hezbollah è l'ombra di se stesso e il regime iraniano si sta ancora leccando le ferite dopo che la campagna di bombardamenti israeliana e statunitense di giugno ha provocato gravi danni al suo programma clandestino di armi nucleari. Israele non è la potenza incontrastata in Medio Oriente – l'Iran rappresenta ancora una minaccia, così come i sostenitori di Hamas, Qatar e Turchia – ma è quella dominante. Tuttavia gli indubbi successi militari di Israele sono stati ottenuti a un costo politico profondo, un costo che potrebbe richiedere un decennio o più per essere invertito, anche se la guerra a Gaza causata dal massacro del 7 ottobre è finita. Che la reputazione dello Stato ebraico fosse a pezzi poche settimane dopo l'inizio della guerra non sorprendeva. Ricordo di aver detto a un amico che lo shock e la compassione espressi alla rivelazione della brutalità delle atrocità sarebbero durati circa una settimana, “e poi noi saremo la Germania nazista.” Non è così che dovrebbe essere. Ma semplicemente è così; da qui l'ansia che accompagna questa opportunità. L'antisemitismo che è esploso in seguito al massacro a livelli mai visti dagli anni '30 ha una portata davvero globale. Non c'è quasi una parte del mondo che non ne sia stata colpita, indipendentemente dal fatto che gli ebrei vivano lì o meno. (Infine,) l'elenco delle situazioni urgenti che segue, allora, devo ammetterlo, non è elaborato secondo un criterio scientifico. È puramente soggettivo, anche se suppongo che coinciderà con il pensiero di molti altri che condividono le mie preoccupazioni.
Sconfiggere Zohran Mamdani. Vorrei iniziare dagli Stati Uniti, dove la scorsa settimana un sondaggio dell'Anti-Defamation League ha rivelato che più della metà degli ebrei americani ha subito qualche forma di antisemitismo nell'ultimo anno. È a New York City, la città più ebraica al mondo al di fuori dello Stato di Israele, che, per ora, si trova il campo di battaglia più decisivo. Tra meno di un mese, è probabile che un islamista antisemita venga eletto sindaco. Zohran Mamdani potrebbe ancora essere sconfitto alle urne, ma per farlo dovrà affrontare un solo avversario.
Il sindaco democratico in carica Eric Adams ha fatto la cosa giusta ritirandosi dalla corsa, e ora il candidato repubblicano Curtis Sliwa deve fare lo stesso. L'idea che Andrew Cuomo, che si candida come indipendente, guidi la città non è certo entusiasmante, ma ora siamo nella fase della campagna “chiunque tranne Mamdani”, e solo Cuomo è in grado di sconfiggere Mamdani.
Se Mamdani dovesse vincere le elezioni, l'imperativo si trasformerebbe in infliggere quanti più danni possibili alla sua amministrazione. La stragrande maggioranza degli ebrei di New York lo considera una minaccia per il benessere della nostra comunità, come dimostrato più di recente dalla vergognosa dichiarazione da lui rilasciata nel secondo anniversario del pogrom, in cui ha denunciato “l'occupazione”, “l'apartheid” e “la guerra genocida” di Israele, ignorando il fatto che l'unico atto autenticamente genocida commesso negli ultimi due anni è stato quello del 7 ottobre. Ora ci troviamo ad affrontare una battaglia che durerà quattro anni contro la diffusione di queste idee pericolose in Municipio e oltre. Non importa quanto aspro diventi questo conflitto, non possiamo cedere. I nostri politici devono capire che qualsiasi compromesso o accomodamento con un sindaco di New York City che vuole distruggere Israele come Stato ebraico e democratico sarà il bacio della morte per la loro carriera. Sconfiggendo Mamdani – si spera prima che raggiunga l'incarico, ma se necessario, in seguito, isolandolo e sfidandolo senza sosta – manderemo il messaggio che la demenza dell'antisionismo non ha posto nel Partito Democratico se questo cerca seriamente di tornare a governare questo Paese. Proprio come l’epidemia da Covid lo è oggi, dobbiamo impegnarci per garantire che il mandato di Mamdani come sindaco sia ricordato come un'esperienza orribile che non vogliamo mai più ripetere. Europa: quando è troppo è troppo. È difficile immaginare che, a pochi giorni dalla morte di due ebrei durante un attacco a una sinagoga a Manchester, in Inghilterra, durante lo Yom Kippur, l'Europa avrebbe potuto sprofondare più in basso di quanto non abbia fatto negli ultimi due anni. In Spagna e in Italia, i manifestanti pro-Hamas stanno bloccando con tutto il loro zelo le strade e bruciando negozi e ristoranti. Spagna, Irlanda e Slovenia sono tre Stati membri dell'UE i cui governi sono sprofondati sempre più nella retorica antisemita con il protrarsi della guerra. Da Lisbona ad Atene, da Stoccolma a Napoli, dobbiamo contrastare questa tendenza senza pietà. Non sprecate i vostri soldi andando in vacanza in città dove la bandiera palestinese (l'equivalente odierno di una svastica) è più frequentemente esposta della bandiera nazionale e dove coloro che sono visibilmente ebrei sono sottoposti ad abusi verbali e fisici. Le benvenute sanzioni degli Stati Uniti contro la provocatrice italiana Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i “territori palestinesi occupati”, non dovrebbero essere limitate solo a lei, ma dovrebbero essere applicate a ogni funzionario che sprofonda nella stessa palude in cui è caduta lei.
Creare una conferenza internazionale permanente per combattere l'antisemitismo in tutto il mondo. Gli Stati Uniti e la Germania, due Paesi i cui governi hanno respinto la tendenza ad accanirsi contro Israele, dovrebbero assumersi l'incarico di convocare una conferenza di alto livello per contrastare l'ascesa dell'odio contro gli ebrei. Dopo che la conferenza avrà stabilito la giusta impostazione – nessuno spazio per l'antisemitismo, mai e poi mai – un comitato permanente dovrà iniziare a monitorare e a registrare ogni fiammata di antisemitismo, facendo pressione sui governi affinché adottino tutte le misure necessarie, tra cui vietare le proteste pro-Hamas e designare come terroristiche le organizzazioni pro-Hamas, come quelle che hanno sponsorizzato le recenti flottiglie dirette a Gaza, governata da Hamas. Solo allora potremo verificare se governi come quelli di Canada e Australia, che affermano di voler invertire la tendenza ma che non fanno praticamente nulla per raggiungere tale risultato, possano essere considerati veri partner.
Riscrivere la definizione di antisemitismo dell'IHRA. Molti governi, comuni e gruppi della società civile hanno approvato la definizione di antisemitismo dell'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), che include diversi esempi di antisionismo. Tuttavia, la definizione non è sufficientemente esplicita. L'antisionismo deve essere identificato come nient'altro che una fedele mutazione dell'antisemitismo. Chiunque creda che Israele non abbia il diritto di esistere come Stato ebraico o che gli ebrei che vivono nella loro patria storica siano “coloni”, lui è un antisemita. Questo è il messaggio che deve essere ripetuto più e più volte. Il 7 ottobre 2023, Hamas ha dichiarato guerra non solo a Israele, ma agli ebrei di tutto il mondo. Da due anni noi conviviamo con le sue conseguenze: insulti, violenze, feriti e morti. Se non iniziamo a reagire ora, quando mai lo faremo?
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