Hasta la flotilla, siempre!
Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 02/10/2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: Hasta la flotilla, siempre!

Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Hasta la flotilla, siempre!". 


Giulio Meotti

Sono entrato in possesso del diario di bordo. Tra water intasati, burkini bianchi per il sole e sacchi di farina senza glutine, si discute se chiedere ai terroristi i loro “pronomi preferiti”.

Caro diario,

mi presento. Mi chiamo Amelia, ho sessant’anni e vengo da Bradford, in Inghilterra, e sto navigando per la pace nel mondo.

Sì, questa nel video sotto sono io. Se sei confuso che parli in arabo, indossi un cencio in testa e dica “Inshallah”, non preoccuparti.

Non mi sono ancora convertita all’Islam, è che nella mia chiesetta anglicana mi hanno educato a diffidare del Dio bianco e patriarcale e dobbiamo essere tutti più inclusivi. E comunque nella mia diocesi a Bradford i fedeli musulmani sono già il doppio dei cristiani. Dovevo pur adeguarmi per sopravvivere.

Ti domanderai perché sono qui.

Dopo la laurea, tesi su “Bianchezza e geopolitica: l’evoluzione del tono della pelle di Vladimir Putin”, ero stanca di battermi contro le cannucce di plastica e le tarrazze riscaldate d’inverno che fanno arricchire i produttori di coperte e guanti.

Non avremo raggiunto ancora Gaza a un mese dalla partenza da Barcellona, ma almeno una vita umana l’abbiamo già salvata.

Abbiamo soccorso in mare Ana Alcalde che, dopo aver negato gli stupri di Hamas ha dichiarato a Lucia Goracci: “Di fronte al genocidio, è impossibile restare senza fare nulla, ci alziamo e ce ne andiamo!”. Ana si è dimenticata di essere su una barca ed è caduta in acqua.

Liberando Gaza, spezzeremo le catene che stringono l’umanità intera.

Caro diario, non vedi che abbiamo il vento in poppa e che tutti praticamente in Occidente fanno il tifo per la resistenza armata, i partigiani di Gaza, e che si sono rotti le palle degli ebrei?

Non sappiamo chi siano i nostri armatori (contano soltanto le buone intenzioni), ma grazie alla loro generosità le nostre stive sono stracolme: farina senza glutine, semi di chia biologici, cartoni di latte in polvere, bottiglie di Perrier donate dalla Nestlé.

Hai ragione, a Gaza gli alcolici non sono ben visti, ma noi dobbiamo pur arrivarci. E poi l’architetto afghano che abbiamo a bordo e che propone di costruire un magnifico minareto di fronte al municipio di Bradford dice che possono fare un’eccezione.

Se ti fa sentire meglio, abbiamo esitato ad accettarle perché siamo no global e boicottiamo le grandi aziende, ma la Nestlé ci ha anche offerto crocchette per i cani palestinesi (no, non sapevamo ancora che i musulmani odiassero i cani).

Ma l’umanesimo è anche questo: compromessi per il bene comune. E se necessario, compromessi anche con quelli che in Occidente chiamano “terroristi”.

Sento un forte “splash” e grida di Liam (Liam Cunningham, il popolare attore inglese).

Gli israeliani ci stanno prendendo di mira? Ci cattureranno? Ci getteranno nelle loro terribili prigioni, che a confronto dei tunnel di Gaza sono peggio di Guantanamo? Sappiamo cosa hanno vissuto i nostri predecessori, gli storici pionieri della Flottiglia di giugno: i panini avvolti nella plastica (caro diario, io sono intollerante al glutine) e la seconda classe sull’aereo di ritorno vicino al bagno.

Qualcuno ha appena urlato “Israele ci sta bombardando, stiamo affondando!”.

Forse sono stati i greci. Mykonos è decisamente meno amichevole di prima.

Per fortuna il Papa, il sindaco piddino di Genova Salis, Mattarella e al Jazeera ci hanno dato il loro sostegno.

Falso allarme: lo “splash” era Ana ricaduta in acqua mentre si scattava un selfie con Susan Sarandon, che l’unico motivo per cui ce la teniamo a bordo è che ha un’amica al New York Times che può scrivere di noi.

La sera indossiamo le magliette in cotone biologico stampate a mano con bellissime foto di un parapendio in picchiata che ci ha consegnato Thiago Avila, fresco di ritorno dal funerale del caro leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.

La flottiglia è anche questo: appassionati che inseguono i propri sogni.

Poi abbiamo fatto il nostro workshop serale, “Intifada consapevole”, in un mix non binario e halal. Lo dirige Fabien, un amico trotskista con tendenze fasciste (è pro-nucleare).

Il giorno dopo abbiamo discusso se fosse opportuno chiedere ai combattenti di Hamas i loro “pronomi preferiti”: non sappiamo come si identificano e c’è il rischio di sbagliarsi. È questione di rispetto.

È stato allora che Rima Hassan, l’europarlamentare francese, è entrata di corsa per chiedere chi avesse intasato il water e finito lo shampoo da cento euro (ne ha bisogno, Rima, i capelli diventano unti in fretta sotto la kefiah).

A tutti, anche ai decolonizzati, abbiamo spiegato che non si deve tirare lo sciacquone dopo una breve minzione. Quando torniamo a casa abbiamo già in progetto di costruire una turbina eolica al posto del campo da calcio veicolo di patriarcato, di vietare le bustine di tè non biodegradabili, di disarmare la polizia e di riservare gli spazi carcerari agli autori di crimini di ecocidio.

Le nostre serate sono un po’ tristi da quando la nostra svedese preferita, Greta Thunberg, ha cambiato nave. Ogni volta che Greta apriva bocca usciva una fantastica canzone degli ABBA.

Ma il Ministro degli Esteri svedese, Maria Malmer Stenergard, ha detto che sconsiglia i viaggi a Gaza. Quindi se ci succede qualcosa è colpa nostra.

Qui abbiamo distribuito a tutti una copia de I dannati della terra di Fanon: questa lettura dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli occidentali dai 7 ai 77 anni (dai 78 anni, l’eco-responsabilità significa approfittare dell’eutanasia). Fanon ha scritto: “Abbattere un europeo significa prendere due piccioni con una fava: restano un uomo morto e un uomo libero”.

E anche se sono europea, come non potrei essere d’accordo?

Mentre eravamo ancorati in Tunisia per fare rifornimento (caro diario, il gasolio per il bene dei popoli viene prima del clima), Saif ha suggerito di issare la bandiera LGBTQ+ accanto a quella palestinese perché, secondo lui, “le nostre lotte convergono”, ma Khaled si è infuriato ed è sceso. C’è da capirlo, Khaled: lui alla sua moschea tiene, mica come la mia chiesetta anglicana.

Siamo tanti nelle navi, siamo diversi, uniti dalla volontà di colpevolizzare l’Occidente e di distruggere la sua cultura secolare, sostituendola con un mondo nuovo.

La sera però ci viene il dubbio: come possiamo mantenere la calma quando siamo costantemente sorvolati da questi maledetti droni sionisti che lanciano proiettili per seminare il terrore? Come i cercapersone con trappole esplosive che hanno usato per massacrare i civili libanesi innocenti, gli israeliani camuffano i loro droni da gabbiani che sganciano sostanze biologiche biancastre sulla nostra flottiglia.

Un attivista belga di Molenbeek comunica al resto del gruppo i risultati dell’ultimo sondaggio: “La maggioranza degli israeliani sono sionisti”. L’indignazione è totale. Pianti. “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”, urliamo.

Un francese accenna alla Marsigliese: è immediatamente escluso. Gli spieghiamo che questa melodia neofascista ecocida non ha posto a bordo. Meglio il canto del muezzin, che diffondiamo con le nostre radioline.

Un collettivo femminista tedesco prende la parola: “Combattiamo l’impunità degli stupratori, tranne quelli che riescono a nascondersi dietro i civili dopo i loro crimini. Loro sì, saremo sempre dalla loro parte e ammiriamo il loro coraggio”.

Le ragazze tedesche hanno caldo e la loro ossessione per l’aria condizionata è pari solo alla loro xenofobia. Abbiamo consigliato loro di optare per un burkini bianco piuttosto che nero, attira meno il sole.

E se avete sete, ingoiate.

Caro diario, domani arriviamo finalmente davanti alle acque israeliane. In tasca abbiamo tutti la foto di Vittorio Arrigoni, il nostro pioniere. Faremo una fine migliore della sua.

In ogni caso, come diceva il compagno Iosif Vissarionovič, “per fare una rivoluzione bisogna pur rompere qualche uova”.

Caro diario, qualsiasi cosa ci accada, se ci rapiscono, se moriamo di tifo o finiamo annegate, sappi che sono stati loro, i sionisti. E se ci rimettono su un aereo per Bradford e ci vedi sorridere, non credergli: ci hanno drogate.

Love wins, viva la pace, l’amicizia fra i popoli, il califfato solidale e gli ebrei morti.

Spoiler: viviamo in tempi folli e questo diario potrebbe assolutamente essere autentico.

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