I pro e i contro del Piano Trump
Commento di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta
Data: 01/10/2025
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: I pro e i contro del Piano Trump

I pro e i contro del Piano Trump
Commento di Antonio Donno

Antonio Donno
Antonio Donno

Netanyahu e Trump concordano sul piano di pace. Ma non è tutto oro quel che luccica. Sicuramente si delinea una vittoria di Israele e una pace più stabile nel Medio Oriente, ma alcune concessioni, come l'amnistia per i capi di Hamas che rinunciano alla lotta armata, possono preparare un prossimo conflitto.

Siamo ad una svolta cruciale nella storia del Medio Oriente. Il presidente americano Trump ha presentato una piano che è stato condiviso dal primo ministro israeliano Netanyahu. Ora tutto è nelle mani di Hamas. Se Hamas dovesse rifiutare il piano, Netanyahu, con l’appoggio di Trump, potrà provvedere alla ripulitura totale e definitiva della presenza di Hamas nella Striscia di Gaza. In questo caso, Israele avrà completato l’opera di eliminazione sistematica delle forze terroristiche che minacciano da più decenni l’esistenza dello Stato ebraico: Hezbollah a nord e Hamas nella Striscia di Gaza. Il gruppo terroristico ha una barriera politica davanti a sé, e deve dare una risposta chiara. Ogni mediazione, eventualmente richiesta da Hamas, non ha senso, sarà respinta, con le conseguenze che si è detto.

     La decennale storia del conflitto arabo-israeliano è giunta a un punto insuperabile, perché il piano presentato da Trump non ha alternative alle quali Hamas possa aggrapparsi. Hamas dovrà liberare tutti gli ostaggi israeliani entro 72 ore, in cambio della scarcerazione dei palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre. La Striscia di Gaza sarà controllata da un organismo internazionale, il Board of Peace, presieduto dallo stesso Trump e in cui sarà presente l’ex-premier inglese, Tony Blair. Tuttavia, Hamas si è dichiarata contraria ad un gruppo di gestione straniero, ma se il piano, che è stato approvato dagli europei e da molti Stati arabi, dovesse essere confermato, come lo sarà, allora Hamas avrà poco da contestare. Il gruppo terroristico, già agli sgoccioli a causa dei colpi inferti da Israele, non ha alternative, se non quella di essere cancellata, uomo per uomo, dall’esercito di Gerusalemme. L’esercito israeliano ha subito più di mille perdite, e questo è un grave peso per la società dello Stato ebraico, ma il momento storico che sta vivendo il Paese è di fondamentale importanza per la vita stessa di Israele.

     Il piano prevede l’amnistia per i vertici di Hamas e la disgregazione del gruppo terroristico, una concessione molto generosa, che nel tempo potrà rivelarsi fallace. Tuttavia, il piano di Trump non poteva che prevedere questi aspetti di facilitazione, che dovrebbero indurre i capi di Hamas ad accettare quel che viene loro proposto. Si tratta di una concessione che può dare la possibilità ai leader del gruppo terroristico di riorganizzarsi nel tempo e riprendere la lotta contro Israele. Ma il piano doveva essere accettato – così pensavano i promotori – e, dunque, doveva lasciare qualche spiraglio ai capi terroristi. Inoltre, il disarmo totale del gruppo terroristico e la sua disgregazione,  previsti dal piano di Trump, potrebbero essere, in un tempo relativamente breve, superati da una riorganizzazione militare, se i capi terroristi dovessero godere dell’amnistia.

     Infatti, l’odio nei confronti di Israele non verrà mai meno in molti ambienti del mondo arabo che sono ancora ben presenti all’interno di Stati che, in un modo o nell’altro, si sono ritirati dalla lotta contro lo Stato ebraico. Gli accordi diplomatici, gli scambi commerciali, le lotte interne continue (vedi la Siria) non impediranno mai ad una parte del mondo arabo di continuare a vedere nella distruzione definitiva dello Stato degli ebrei lo scopo principale della guerra araba contro i giudei.

     Nonostante tutto questo, il piano Trump costituisce un passo che potrebbe essere decisivo per la tranquillità e la sopravvivenza di Israele. Un punto, però, non dovrà essere mai posto nel piano di Trump: la nascita di uno Stato palestinese. Questo Netanyahu lo ha detto con grande precisione. Israele, infatti, teme – e a ragione – che uno Stato palestinese possa cadere sotto il controllo di gruppi terroristici sempre presenti nella regione, rinfrancati dalla possibilità di gestire un proprio territorio politicamente e militarmente. Netanyahu ha fatto bene a ribadire questa posizione del governo israeliano nel suo incontro con Trump, affinché fosse chiaro, a livello internazionale, che Israele non cederà mai alla presenza di un potenziale nemico ai suoi confini. Israele sarà sempre estremamente vigile a tutti i livelli della scena mediorientale, e ancor più in quella internazionale, perché la storia ha insegnato al popolo ebraico che la sua esistenza è soltanto nelle proprie mani.

takinut3@gmail.com