Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 30/09/2025, a pagina 4, l'editoriale di Iuri Maria Prado dal titolo "Gaza e Magistratura democratica. Il tribunale indottrinato".
Iuri Maria Prado
Sono almeno tre i motivi per cui lascia perplessi la scelta di tenere - domani, al Palazzo di Giustizia di Milano - il convegno organizzato da Magistratura Democratica intitolato “Gaza - L’umiliazione del diritto”.
Il primo motivo di perplessità riguarda il titolo, con l’evidente taglio del convegno che esso preconizza e con il pregiudizio altrettanto evidente che lo ispira. Perché è ovvio che - negli intendimenti degli organizzatori - si tratterà del diritto umiliato non a Gaza, ma da Israele a Gaza.
Si fatica a immaginare, infatti, che saranno oggetto di riflessione le rivendicazioni dei capi terroristi di Gaza di usare i civili “come attrezzi”, o il reclutamento dei bambini soldato o - giammai! - le torture inflitte (a Gaza) agli ostaggi ebrei.
Il secondo motivo di perplessità riguarda la matrice organizzativa: che è giudiziaria.
Magistrati che coltivino quei convincimenti non solo privatamente (ciò che ovviamente è legittimo fin tanto che non contamina il giudizio da rendere in nome del popolo italiano), ma in pubblico, in un convegno così sfrontatamente orientato, che garanzia di affidabilità e terzietà possono dare?
Il terzo motivo di perplessità è sollevato da una questione, per così dire, di stampo logistico-simbolico. E non è meno importante.
Il tribunale è, o almeno dovrebbe essere, il tempio laico della legge uguale per tutti. Questo che va in scena domani non è un convegno scientifico e dottrinario: è un’occasione di indottrinamento. Perfettamente legittima ovunque: non lì.
Ci sarebbe un motivo supplementare di perplessità, ma riguarda profili diversi.
Invitare a parlare a quel convegno una signora - Francesca Albanese - che ha paragonato la classe dirigente israeliana a quella del Terzo Reich, e Gaza a Auschwitz, e che più volte si è abbandonata alla propalazione di notizie inveritiere a proposito del “genocidio” argomentando che la Corte Internazionale di Giustizia l’avrebbe ritenuto “plausibile”, e che ha pubblicamente istigato i titolari di esercizi commerciali a distinguere tra gli israeliani e gli ebrei che lottano “contro l’apartheid” e quelli che invece ne sarebbero complici, ecco, tutto questo non riesce ancora a essere illecito.
Ma suscita domande gravi su un atteggiamento degli organizzatori che definire noncurante è davvero poco.
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