Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/09/2025, a pag. 1/3, con il titolo "Aveva ragione Charlie: c’è un filo rosso che lega marxismo, woke e islam" il commento di Antonio Socci.
Antonio Socci
«Il nemico emergente in Occidente è il wokismo/marxismo che si combina con l’islamismo per distruggere lo stile di vita americano».
Pochi giorni prima di essere ucciso, Charlie Kirk rilanciò questo suo tweet (...) dove indicava all’Occidente la “battaglia spirituale”, che riteneva legata al cristianesimo, per salvare la nostra civiltà.
Kirk aveva ragione? Sono parole realiste e attuali anche per noi? In Italia, in effetti, il “campo largo” della sinistra, che va da Fratoianni e Vendola a Elly Schlein e Landini, passando per il populismo dei grillini, somiglia alla miscela di wokismo/marxismo. E l’aver fatto di Gaza la propria bandiera dimostra, quantomeno, che non hanno capito il pericolo islamista. Che riguarda anche l’Europa.
Ma il marxismo oggi è davvero un pericolo geopolitico per l’Occidente? Sì.
Chi lo credeva estinto deve ricredersi: è tornato clamorosamente sulla scena con la parata militare di Pechino. Si è presentato al mondo un formidabile blocco internazionale egemonizzato dalla Cina comunista, con la Russia del postcomunista Putin e molti altri Paesi.
Un blocco potente sia come arsenale nucleare che come Pil e come popolazione.
L’Italia, fra Est e ovest, è un caso particolare. È stata, per 45 anni, il Paese con il più forte Partito Comunista d’occidente, radicatissimo nel sistema burocratico, culturale, mediatico e sindacale. Sparito in una notte? Crediamo davvero che quando il Pci di Occhetto, dopo il 1989, cambiò precipitosamente nome per non essere più associato ai regimi totalitari che crollavano, di colpo, dalla sera alla mattina, si dissolse quel ramificato sistema di egemonia sociale e culturale?
Ovviamente no. Non andarono a casa nemmeno i leader. Restarono tutti sulla scena quei leader del vecchio Pci, diventato nel frattempo Pds e Ds (infine Pd), ma cambiarono d’abito con tale disinvoltura che si presentarono sulla scena addirittura definendosi liberali e facendo perfino professione di atlantismo (del resto erano cresciuti alla scuola della spregiudicatezza politica di Togliatti).
Non fecero mai nessuna autocritica.
Mai presero le distanze dal Pci. Tuttavia il primo (e unico) premier proveniente dal Pci arrivato a Palazzo Chigi, Massimo D’Alema, partecipò pure, con il suo governo, all’intervento della Nato contro la Jugoslavia, nel 1999. Quando la Russia era ancora in coma.
E proprio D’Alema, di gran lunga il più rappresentativo, intelligente e abile della vecchia leadership comunista, ora ha capito per primo che i tempi sono cambiati e che si può ricominciare a guardare – in modo nuovo – al rosso antico. Ecco spiegata la sua presenza a Pechino. Alle critiche, dopo aver dichiarato la sua simpatia per Elly Schlein, ha ribattuto che «è stato un onore» essere stato invitato perché «la Cina è la più grande economia del mondo e il Paese che oggi contribuisce di più alla stabilità». C’è trionfalismo nelle sue parole. Se infatti il comunismo sovietico è franato per il suo fallimento economico (così dimostrando che la teoria economica di Marx era una balla), quello cinese – ai suoi occhi – dimostra che c’è un comunismo che è economicamente vincente sull’Occidente (tuttavia quel sistema è stato prodotto proprio dall’Occidente capitalista a guida Dem, a partire dalla presidenza Clinton degli anni Novanta).
Del resto D’Alema aveva già spiegato la sua visione nel libro Grande è la confusione sotto il cielo del 2020. Svolse una riflessione interessante. Parlando di Xi scrisse: «È evidente come questa svolta nel modello di sviluppo cinese sia la ragione più profonda anche della sempre più evidente sfida egemonica tra la Cina e gli Stati Uniti. Mentre la Cina potenza industriale era in qualche modo complementare al predominio tecnologico e finanziario americano, la nuova Cina di Xi Jinping entra in competizione diretta con gli Stati Uniti proprio sul terreno dell’innovazione e si propone quindi come potenza globale e protagonista del nuovo secolo».
Anche su Putin fece un’analisi significativa: «Non è un caso che da questa crisi emerga la personalità di Vladimir Putin, un uomo che rappresenta innanzitutto la riscossa nazionalistica della Russia, che proviene dagli apparati militari e di sicurezza sovietici, ricostruendo così anche il senso di una continuità storica che l’89 sembrava avere spezzato.
La promessa di Putin ai russi è stata di tornare ad essere una grande potenza.
C’è una frase da lui pronunciata che fa capire in modo emblematico le ragioni del suo successo: “Chi volesse restaurare l’Urss e il comunismo sarebbe un uomo senza cervello. Ma chi non ne ha rimpianto e nostalgia è un uomo senza cuore”. «Vladimir Putin» aggiunse D’Alema «rappresenta esattamente questo approccio realistico, talora spietato, alla logica della competizione nel capitalismo globale; ma anche la nostalgia verso il ruolo dell’Urss come grande potenza mondiale».
Nel 2019 Nicola Zingaretti, eletto segretario del Pd, dopo aver negato «nostalgie filosovietiche» e dopo aver bocciato i regimi “dittatoriali” dell’est, scriveva nel suo libro Piazza Grande: «Se nel dopoguerra non ci fosse stata l’Unione Sovietica (...) non sarebbero state possibili le lotte dei partiti di sinistra e democratici né il compromesso sociale che oggi in Europa è un esempio per tutto il mondo civilizzato». Nei giorni scorsi, Zingaretti, attuale capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica: «Il ritorno del sovranismo ci trascina verso l’abisso della guerra». E poi: «Le destre al governo aumentano l’insicurezza di tutti. Trump e Putin stanno abbattendo un equilibrio mondiale».
È il caso di ricordare a Zingaretti che Putin, che ha invaso l’Ucraina, non è “destra”, ma è un vecchio agente del Kgb e, come scrive D’Alema, rappresenta la continuità con l’Urss. Mentre a scatenare l’altra guerra (quella di Gaza) è stato il terrorismo islamista di Hamas.
Invece il “sovranista” Trump è l’unico che in questi mesi ha cercato di spegnere i conflitti in corso. Anche il ribaltamento della verità ricorda la vecchia propaganda comunista.
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