Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/09/2025, a pag. 4, con il titolo "I pro-Pal chiedono la testa del professore ebreo. E il Politecnico esegue", la cronaca di Massimo Sanvito
Il manipolo di Cambiare rotta fa capolino in aula con un lenzuolo bianco e la scritta a bomboletta nera “Boycott facial recognition”. Sono in sei e puntano il dito contro il docente, Pini Zorea, ospite del Politecnico di Torino per il progetto Erasmus. Sta tenendo il corso di Principi e tecnologie per l’elaborazione di immagini digitali nell’ambito del dottorato in Ingegneria elettrica, elettronica e comunicazioni.Che ci sarà mai da protestare? I giovani comunisti spiegano agli studenti seduti ai banchi che tra gli argomenti delle lezioni ci sono le tecnologie di riconoscimento facciale «che costituiscono uno strumento sia per combattere la resistenza palestinese sia di giustificazione per l’eliminazione arbitraria e indiscriminata della popolazione civile». La verità è che Zorea è ebreo e insegna in un’università israeliana (la Braude): è dunque un nemico da silenziare.
La faccenda si fa subito politica e il prof decide di non indietreggiare. «Sono d’accordo con voi. Palestina libera. Ma da Hamas», dice. E poi smaschera il teatrino: «Questo non è assolutamente un corso militare». Zorea prosegue, con pacatezza. «Molti anni fa ho prestato servizio nell’esercito israeliano. Ero un ufficiale. E posso dirvi che l’Idf è l’esercito più pulito che ci sia». Apriti cielo. Gli antagonisti travestiti da universitari si scatenano e chiedono la testa del docente, oltre all’interruzione di ogni rapporto con l’ateneo israeliano in questione e con tutte le «istituzioni sioniste». «Fuori il genocidio dalle università», è il grido che si alza forte. I pro-Pal minacciano e il Politecnico si inginocchia. Il rettore, Stefano Corgnati, non ci pensa nemmeno un secondo e allontana il professore precisando che il corso «è di esclusiva titolarità del Politecnico, senza alcuna collaborazione con l’Università di Israele». Corso sospeso.
Un’epurazione in piena regola.
Ed è forse questo il risvolto più grave all’interno di una vicenda senza precedenti. Il numero uno dell’ateneo torinese, in attesa di incontrare di persona il prof cacciato, rivendica con orgoglio la scelta. «Le esternazioni relative all’esercito israeliano, per quanto risulta dai frammenti video diffusi sui social, appaiono inappropriate nel contesto di un compito didattico relativo a lezioni di carattere tecnico, oltre ad essere in contrasto con i principi più volte espressi dal Politecnico di Torino, che condanna ogni forma di violenza, ripudia la guerra ed esprime profondo sdegno per il continuo massacro della popolazione civile a Gaza», si legge nel suo intervento affidato alla Stampa.
Udite, udite: «Queste esternazioni rischiano, in un momento così delicato, di alzare il livello di tensione nella comunità studentesca e accademica, ostacolando l’impegno dell’Ateneo nel promuovere un dialogo costruttivo volto a unire e non dividere». Cioè: per tenere buoni i facinorosi urge il pensiero unico? Ma non è finita qui. «La sospensione del modulo didattico rappresenta un’azione di tutela nei confronti del docente nostro ospite, così come degli studenti che frequentano le sue lezioni». Dunque hanno fatto un favore al prof colpevole di essere ebreo!
La politica, intanto, si infiamma. Augusta Montaruli, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, annuncia un’interrogazione parlamentare: «È inaccettabile che il Politecnico di Torino dia spazio a movimenti estremisti che hanno giustificato l’assassinio di Charlie Kirk e, al tempo stesso, licenzi senza appello un docente per una frase estrapolata mentre la sua classe veniva assediata. Una discriminazione grave in un’istituzione che dovrebbe favorire il dialogo».
A livello locale, il consigliere comunale torinese di +Europa, Silvio Viale, attacca: «Il rettore chiede l’abiura al docente israeliano e sospende le lezioni. Inizia la cacciata degli ebrei. Solidarietà al professor Pini Zorea».
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@liberoquotidiano.it