Riprendiamo dal RIFORMISTA del, 17/09/2025, a pagina 4, il commento di Iuri Maria Prado dal titolo "Israele ha diritto a esistere (per modo di dire)".
Iuri Maria Prado
Le settantadue pagine dell’ennesimo rapporto sul “genocidio” diffuso ieri, compilate dell’ennesima commissione “indipendente” delle Nazioni Unite, si basano sull’ennesimo nulla messo insieme un’ennesima volta per dimostrare che Israele, appunto, sta commettendo un genocidio a Gaza.
I soliti numeri a casaccio, le solite presunte “dimostrazioni” dell’intento genocidiario ricavate da questa o quella dichiarazione di questo o quel ministro israeliano, i soliti riferimenti alla “carestia” denunciata senza sosta dal dicembre del 2023 e che ad oggi avrebbe dovuto causare, se ci fosse stata, decine o centinaia di migliaia di morti per fame.
Ma quest’ultimo rapporto - rispetto a tutti quelli che si sono affastellati finora - si segnala per una interessantissima e assai significativa trovata supplementare.
Si tratta di una frasettina affogata nel profondo del documento, a pagina 52, dove questi “esperti” argomentano che gli attacchi del 7 ottobre “non costituivano una minaccia esistenziale per lo Stato di Israele”.
L’argomento (una petizione di principio) è adoperato per spiegare che le operazioni militari che Israele ha condotto e conduce a Gaza non solo sono oggettivamente criminali per la devastazione che portano, ma sono anche gratuite, non difensive.
E questo perché i 4 o 5 mila miliziani e civili che invadevano Israele, massacrando 1200 persone e deportandone alcune centinaia, in realtà non portavano un attacco esistenziale a Israele, così come non era una minaccia esistenziale per Israele l’annuncio, da parte di Hamas, di voler ripetere 10, 100, 1000 volte i massacri del 7 ottobre, fino alla distruzione dello Stato ebraico e all’uccisione anche dell’ultimo ebreo.
C’è un pregiudizio, evidentissimo, alla base di un simile ragionamento.
Quello per cui il diritto all’esistenza di Israele dovrebbe essere compatibile con l’uccisione di migliaia di propri cittadini e con il pericolo che la cosa si ripeta.
Il diritto all’esistenza di Israele, secondo questa impostazione, può essere teoricamente riconosciuto, ma non si estende al diritto di impedire che i propri cittadini siano massacrati in massa.
È un diritto all’esistenza per modo di dire, insomma.
E, molto comprensibilmente, chi lo concepisce in questo modo è indotto a ritenere che gli eccidi e i rapimenti del 7 ottobre, e la minaccia di ripeterli, non costituiscono una faccenda esistenziale.
È l’atteggiamento che si adotta, singolarmente, con gli esseri ritenuti inferiori, la cui discriminazione non attenta alla loro esistenza (le catene alle caviglie dello schiavo non sono un’afflizione esistenziale: si vive anche così).
Qui, collettivamente, lo si adotta con il popolo di Israele.
Ha il diritto di esistere, sì: ma nel pericolo di essere massacrato e con il dovere di sopportare il pericolo.
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