Riprendiamo dal RIFORMISTA del, 06/09/2025, a pagina 2, il commento di Alessandro Agostinelli dal titolo "Il conformismo pro-Pal domina la Mostra di Venezia: The Voice of Hind Rajab ha già vinto".
Fin dal suo annuncio, il film della regista tunisina Kawthar ibn Haniyya era dato come probabile vincitore. Poi ci sono stati la proiezione con le bandiere palestinesi al Palazzo del Cinema e gli oltre 20 minuti di applausi. Nel mezzo si sono avvicendati l’appello Venice4Palestine, con firmatari più o meno convinti di aver aderito, e il corteo acqueo dei pro-Pal. Qui al Lido si intuisce che non ci sono mai state alternative. The Voice of Hind Rajab ha già vinto la 82esima Mostra del Cinema. Ha vinto comunque, a prescindere se riceverà o meno il Leone d’oro. È una storia vera. Viene da Gaza. È diretto da una bravissima regista donna. È un film ben orchestrato, che racconta la storia di Hind Rami Iyad Rajab, bambina palestinese di sei anni che il 29 gennaio 2024 fu fatta morire durante un’operazione dell’esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza. L’auto dove viaggiava con i parenti fu colpita da un carro armato. Si salvò solo lei, che rimase al telefono con la Mezzaluna Rossa. Ma, in attesa dei soccorsi, Hind Rami morì.
Il film è basato sull’audio vero della bambina, mentre i soccorritori sono attori sul set. Così è stata pensata e montata questa pellicola, che avrà una buona distribuzione anche nelle sale europee e americane. Non c’è alcuna giustificazione per cui una bambina debba morire in auto, dopo aver visto uccidere i propri familiari. Non c’è giustificazione che tenga al confronto di questo strazio andato in scena a Gaza a gennaio 2024. Eppure è proprio sui corpi delle persone che si fa la guerra. E questo film, mettendo palesemente in scena pezzi di reale, agisce anche sui nostri corpi. È sui corpi che si gioca la politica, quelli dei poveracci e dei potenti, delle vittime e dei carnefici, degli informati e dei disinformati.
Sui corpi lavora il cinema, e in questo caso su una porzione di corpo: la voce. Sul corpo di Marah Abu Zuhri ha agito il comune di San Giuliano Terme, sotterrandola nel proprio territorio (per questo il sindaco ha subìto una minaccia anonima giunta dagli Stati Uniti). Sono i corpi a entrare in gioco, anche nell’uso strumentale che di questi ne fa la politica, l’informazione, il doppio fine. E tuttavia c’è sempre una guerra concreta, sul campo. Ed è quella su cui è sempre difficile esprimersi, non conoscendone fino in fondo i rilievi. E c’è sempre una rappresentazione della guerra, che in questo caso è quella del film.
Ma se lo strazio è vero e non è una rappresentazione? Ecco, pare che se si usa un lacerto di vita vera, allora siamo di fronte a un pezzo di verità. E va bene. Ma se l’immediatezza si sostituisce alla rappresentazione, come faremo a porre una distanza emotiva e quindi razionale sulle cose? Per molti è proprio questo che il cinema deve fare: porre porzioni di reale di fronte a un pubblico con la pancia piena.
E infine c’è pure una guerra dell’informazione. Ed è esclusivamente su questa che si gioca la costruzione delle nostre opinioni, dei nostri giudizi, dei nostri stati d’animo. Oggi si chiuderà la 82esima Mostra d’Arte cinematografica di Venezia. L’omaggio alla Palestina ha dominato la scena: la storica rassegna di film conferma di adeguarsi al sentimento comune della maggioranza del Paese. E quest’anno ha deciso di sposare il conformismo pro-Pal.
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