A cura di Giovanni Quer Federazione delle Associazioni Italia-Israele Fondazione Camis De Fonseca Informazione Corretta
Le Organizzazioni Non Governative (ONG) sono divenute la principale fonte d'informazione di Stati e organizzazioni internazionali con riguardo ai diritti umani. Quanto sono influenzati gli Stati e la politica estera dalle ONG?
Molte ONG traggono la maggior parte dei finanziamenti dagli Stati, quanto possono dirsi non-governative organizzazioni che vivono di finanziamenti pubblici?
Le attività di cooperazione internazionale sono parte integrante della politica estera dell'Italia: chi controlla l'operato delle ONG cui è sostanzialmente affidata l'esecuzione di un settore di politica estera?
I finanziamenti pubblici alle ONG provengono da: Regioni, Province, Comuni, Cooperazione Italiana, organizzazioni internazionali. Come si prendono le decisioni sulla destinazione dei fondi alle ONG? Perché i dati non sono accessibili? A cosa è dovuta la mancanza di trasparenza?
L'ideologia anti-israeliana spinge al silenzio sul terrorismo, sulla sua pervasiva pericolosa natura. Si sono verificati casi di collaborazione e finanziamento a organizzazioni che appoggiano il terrorismo. Come assicurare che le ONG che operano in Palestina non abbiano contatti con organizzazioni terroristiche?
Questo rapporto analizza i finanziamenti pubblici alle ONG che fanno delegittimazione di Israele; evidenzia le strategie di demonizzazione; denuncia la mancanza di trasparenza; chiede una nuova regolamentazione della cooperazione in Palestina.
La delegettimazione di Israele
La delegettimazione di Israele è una guerra diplomatica che ha inizio durante la Guerra Fredda, con l'approvazione della risoluzione che equiparava Sionismo a razzismo all'Assemblea Generale dell'ONU nel 1975.
Negli anni '70, '80 e '90, la delegittimazione era strutturata in un contesto storico e ideologico dominato dalla Guerra Fredda, ora la delegittimazione è inserita in un quadro internazionale dominato dalla logica dei diritti umani e del terzomondismo.
Gli attori più attivi nelle campagne di delegittimazione sono le ONG (organizzazioni non governative), i principali attori non-statali nell'arena internazionale.
Gli interventi di cooperazione in Palestina si spiegano attraverso la matrice ideologica anti-israeliana: l'attenzione al popolo palestinese è galvanizzata dall'accusa a Israele. Di conseguenza, la causa della situazione, presunta tale, in cui versano i palestinesi è l'esistenza di Israele.
Le ONG vivono di finanziamenti pubblici che legano le organizzazioni all'ente pubblico, il quale non solo consente le loro attività con lo stanziamento dei fondi, ma si rende compartecipe anche della loro visione ideologica.
Tale assenso ideologico spesso confligge con l'ufficiale politica estera italiana, creando un doppio binario di relazioni con Israele: da una parte quello ufficiale, di amicizia e sostegno ad Israele, dall'altra uno parallelo, di condanna e stigmatizzazione.
La delegettimazione assume le forme di propaganda emotive (uso del linguaggio e delle immagini), informazione omissiva e appoggio al terrorismo.
Il discorso legalistico è funzionale alla limitazione del dibattito sul conflitto arabo-israeliano, enucleando accuse che esercitano una suggestione nel pubblico proprio perché fondate sui valori di giustizia, eguaglianza e libertà.
I numeri
- Dell'ammontare totale del finanziamento delle regioni italiane alle ONG che operano in Palestina si è potuto accertare solo il 47% dei dati tracciabili, corrispondente a: 4.947.832,00 EURO.
- L'ammontare dei finanziamenti dell'Italia (Cooperazione Italiana) corrisponde a 137.143.359,00 EURO, di cui 79.126.000,00 EURO sono stati finanziamenti diretti alle istituzioni dell'Autorità Nazionale Palestinese e 58.017,359 EUR alle ONG che operano in Palestina.
L'intero rapporto può esser letto e utilizzato scaricandolo in formato pdf con un click su "download".
Prof. Gerald M. Steinberg Presidente, NGO Monitor Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Bar Ilan
Per più di dieci anni, il governo italiano e le autorità locali hanno erogato fondi raccolti dai contribuenti a organizzazioni non governative (ONG) che svolgono un ruolo centrale nelle campagne politiche contro Israele e contro la pace. Come in molti altri governi europei, l'erogazione di milioni di euro ogni anno dal bilancio dello Stato a un numero di gruppi politicizzati è stato tenuto nascosto al pubblico. Non ci sono documenti ufficiali che espongano nel dettaglio le regole con cui sono scelti i beneficiari delle sovvenzioni, né documenti che apportino l'ammontare dei finanziamenti, così come non esistono valutazioni sugli interventi e i loro eventuali risultati, se mai ottenuti. Di certo questo denaro non ha portato a nessuna svolta nel conflitto arabo-israeliano, né ha aiutato i palestinesi sotto il controllo di Hamas a diventare economicamente indipendenti o democratici.
Il parlamento italiano, altresì, non ha esaminato queste politiche né si è interrogato sulle loro conseguenze, chiedendosi se queste decine di milioni sono spese saggiamente oppure se sono controproducenti rispetto agli obiettivi del governo, che si propone di promuovere la pace, la democrazia e i diritti umani. Del pari, i giornalisti italiani, altrimenti molto attivi, hanno contribuito alla creazione di un'aura di sacralità attorno alle ONG impedendo indagini indipendenti.
Il seguente rapporto, basato su una ricerca sistematica, dettagliata e con fonti accurate, rappresenta un passo fondamentale per comprendere l'erogazione annuale di fondi del governo italiano a un piccolo gruppo di ONG politicizzate che operano in Medio Oriente. Per la prima volta, il pubblico italiano e i cittadini della regione mediorientale (in particolare gli israeliani) hanno accesso a queste informazioni.
L'analisi del rapporto dimostra chiaramente come milioni di euro pagati dai contribuenti italiani sono sperperati ogni anno in favore di un piccolo gruppo di ONG politicizzate che non realizzano nessun obiettivo in particolare.
In un'analisi ancor più preoccupante, questo denaro è usato per obiettivi immorali, legati alla guerra politica contro Israele che muove accuse razziste, sfruttando il linguaggio dei diritti umani e finendo per distruggerne gli stessi principi. Sin dalla famosa conferenza sponsorizzata dall'ONU a Durban 2001, in cui le organizzazioni partecipanti adottarono la strategia di eliminare Israele accusandola di falsi crimini come "apartheid" e "crimini di guerra", le ONG estremiste hanno ricevuto fondi dai governi europei, compresa l'Italia. Non c'è giustificazione morale per il sostegno del governo a queste organizzazioni che sono invero anti-pace, anti-diritti umani e anti-Israele. Nonostante usino parole come "diritti umani", "aiuto umanitario" e "pace", la loro agenda politica non corrisponde ai loro obiettivi morali.
La pubblicazione di questa ricerca indipendente non dovrebbe essere la fine di questo progetto quanto dovrebbe invece rappresentarne l'inizio. Ora i ministri e i funzionari sono informati: l'era del finanziamento segreto e immorale alle ONG è finita. Le commissioni parlamentari possono dunque avviare interrogazioni e indagini, mentre i giornalisti potranno lavorare su un documento che indica dettagliatamente il finanziamento alle ONG e le attività deleterie che ne risultano. In questo modo anche l'Italia potrà, come hanno già fatto Gran Bretagna e Canada, fermare un tale immorale spreco di denaro pubblico.
e che definisce lo Stato di Israele come un paria della storia, negando il suo diritto all'esistenza e, di conseguenza, all'autodifesa.
Questa guerra diplomatica contro Israele ha inizio durante la guerra fredda, con l'approvazione della risoluzione che equiparava Sionismo a razzismo all'Assemblea Generale dell'ONU nel 1975. Se tuttavia negli anni '70, '80 e '90, la delegittimazione era strutturata in un contesto storico e ideologico dominato dalla guerra fredda, ora la delegittimazione è inserita in un quadro internazionale dominato dalla logica dei diritti umani e del terzomondismo.
Gli attori più attivi nelle campagne di delegittimazione sono, infatti, le ONG (organizzazioni non governative), che si sono affermate col nuovo millennio come i principali attori non-statali nell'arena internazionale. La visione ideologica terzomondista e pacifista del conflitto arabo-israeliano nello specifico, e del Medio Oriente in generale, restituisce Israele alla storia come la causa delle sofferenze del popolo palestinese. Di conseguenza, gli interventi di cooperazione a favore dei palestinesi si spiegano attraverso la matrice ideologica anti-israeliana, con un duplice effetto: da una parte non si considerano i problemi propri della società palestinese, impedendo un reale sviluppo, dall'altra si acuisce il conflitto, basando l'appoggio ai palestinesi sulla condanna di Israele, che trova terreno fertile per il dilagare dell'odio anti-israeliano.
La mancanza di neutralità nell'approccio al conflitto e la spiccata antipatia anti-israeliana sono di per sé accettate giacché parte di una visione ideologica, per quanto distorta e faziosa, della storia e della politica. Il nesso tra ONG e sfera pubblica rende illegittima la posizione a priori anti-israeliana. Le ONG vivono, infatti, di finanziamenti pubblici che legano le organizzazioni all'ente pubblico, il quale non solo permette le loro attività con lo stanziamento dei fondi, ma si rende compartecipe anche della loro visione ideologica.
L'assenso ideologico è esplicito nel finanziamento diretto all'ONG, che testimonia l'approvazione da parte dell'ente del suo operato e del messaggio che diffonde. È meno esplicito ma non meno importante nel caso di finanziamenti diretti non alle ONG in quanto tali, bensì a progetti da esse elaborati, ove è rintracciabile nella loro selezione, che contiene un'analisi della situazione nella quale si vuole intervenire: con l'approvazione del progetto si legittima anche l'analisi storico-sociale su cui esso poggia, così come il partenariato con soggetti locali, anche legati alle organizzazioni terroristiche, come si è avuto modo di constatare nella presente ricerca.
Quest'assenso ideologico spesso confligge con la politica estera italiana ufficiale, creando un doppio binario di relazioni con Israele: da una parte quello ufficiale, di amicizia e sostegno ad Israele, dall'altra uno parallelo, di condanna e stigmatizzazione.
Lo studio qui presentato analizza i fondi pubblici alle ONG che operano in Palestina. Nella raccolta dei dati si sono evidenziati tre maggiori problemi:
- mancanza di trasparenza - incompletezza delle informazioni - retorica terzomondista.
I dati per la maggior parte non sono reperibili nei siti delle regioni, che espongono i finanziamenti alle volte dei soli ultimi cinque anni. Sovente non è riportata nemmeno la somma del contributo né la percentuale rispetto all'intero ammontare del costo del progetto. In nessun caso è riportata la composizione della commissione di selezione. Di frequente si nota uno stesso progetto, presentato dalla medesima associazione, finanziato da enti diversi in anni diversi, senza che sia specificato se è un duplicato o un consorzio tra enti pubblici. In ogni caso, la modalità di intervento, l'esposizione del progetto, l'impostazione ideologica delle ONG hanno un effetto delegittimante.
Con questo studio si vuole portare all'attenzione la realtà di finanziamento pubblico alle attività di cooperazione che hanno a effetto la delegittimazione di Israele, per ripensare criticamente agli interventi di cooperazione in generale, e in Palestina/Israele nello specifico. In particolare si vuole rimarcare da una parte l'efficacia degli interventi di cooperazione senza coordinamento e con portata finanziaria così ingente; dall'altra ci si propone di aprire un dibattito sulla legittimità costituzionale delle attività degli enti locali in Palestina, che confliggono con la politica estera ufficiale dell'Italia. In generale, la Corte Costituzionale si è espressa più volte a riguardo, dichiarando l'illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sulla cooperazione allo sviluppo, senza esecuzione delle decisioni.
Occorre quindi un controllo accurato delle attività di cooperazione, che dev'esser sottoposto a pubblico scrutinio secondo il principio di trasparenza. Si possono così perseguire gli scopi umanitari di sviluppo del popolo palestinese evitando la delegittimazione di Israele e la collaborazione con i gruppi terroristici, come vedremo più avanti. Un ferreo controllo del mondo della cooperazione potrà altresì evitare il dilagare d'ideologie terzomondiste anti-israeliane, non funzionali alla risoluzione del conflitto né tantomeno allo sviluppo economico della società palestinese.
A questo proposito risulta evidente come il silenzio sul terrorismo della Seconda Intifada, sul dilagare dell'odio anti-israeliano nella popolazione palestinese, favorito da un sistema educativo imperniato sulla propaganda anti-ebraica e sulle atrocità del regime di Hamas, sia la prova lampante di una mistificante interpretazione degli eventi e delle relazioni, di una costante faziosità che si distanzia dai principi di giustizia e libertà che si vorrebbero perseguire così come di una cosciente quanto dannosa approvazione di una strategia politica volta alla negazione del diritto all'esistenza dello Stato di Israele.