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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Libero Rassegna Stampa
16.03.2018 Roma, Alfano incontra Hariri: ma Hezbollah rimane il pericolo
Cronaca di Francesca Paci, commento di Maurizio Stefanini sui troppi soldi dell'UNRWA

Testata:La Stampa - Libero
Autore: Francesca Paci - Maurizio Stefanini
Titolo: «'Le armi dell’esercito libanese non finiranno a Hezbollah' - Alfano è dimissionario ma aumenta i fondi ai palestinesi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/03/2018, a pag. 15, con il titolo 'Le armi dell’esercito libanese non finiranno a Hezbollah' il commento di Francesca Paci; da LIBERO, a pag. 3, con il titolo "Alfano è dimissionario ma aumenta i fondi ai palestinesi", il commento di Maurizio Stefanini.

A destra: Saad Hariri con Angelino Alfano

E' fondamentale che l'Occidente - inclusa l'Italia - appoggi le forze pragmatiche nei Paesi arabi sunniti. Saad Hariri però, oltre a chiedere soldi accusa esplicitamente Israele. Infatti alla doverosa domanda "come essere certi che le armi destinate non finiscano alle milizie sciite del Partito di Dio?", Hariri ha risposto incredibilmente: "Non succederà mai. La storia del Libano dimostra che gli aiuti stranieri alle nostre forze di sicurezza sono sempre arrivate a destinazione, non abbiamo mai perduto armi e mai succederà. Chi mette in giro queste voci è Israele, ma si tratta di propaganda contro di noi". Una domanda al premier Hariri: chi ha fornito le armi agli Hezbollah? Piovute dal cielo, gentile dono di Allah? Quando Hezbollah ha ucciso suo padre, dove erano le forze 'regolari' libanesi ? E il suo viaggio in Arabia Saudita, era turistico oppure ha colto un ottimo invito per informare il mondo che lei stava per fare la fine di suo padre? Anche in questi casi c'era Israele e la sua propaganda?

Allo stesso tempo, è indispensabile chiarire - come fa Maurizio Stefanini - il doppio standard di giudizio sui profughi: da una parte gli ebrei cacciati o fuggiti dai Paesi arabi, dimenticati da tutti e integrati in Israele, dall'altra i discendenti dei profughi arabi palestinesi del 1948, che in gran parte abbandonarono le proprie case per loro volontà, i quali godono ancora dello status di "profughi", al solo scopo di trasformarsi in armi contro lo Stato ebraico.

Anche AVVENIRE riporta un breve resoconto dell'incontro di Roma, in cui non vengono citati però i profughi ebrei e neanche la politica faziosa e di fatto filo-terrorista dell'Unrwa, l'agenzia Onu che si occupa di elargire enormi fondi ai bisnipoti dei profughi arabi palestinesi del 1948, fondi che spesso vengono impiegati per l'acquisto di armi e per la propaganda antisemita. Non riportiamo le poche righe di Avvenire.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Francesca Paci: 'Le armi dell’esercito libanese non finiranno a Hezbollah'

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Francesca Paci

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Terroristi di Hezbollah

«Un pomeriggio di successo» chiosa il premier libanese Saad Hariri al termine della seconda Conferenza di Roma degli amici del Libano, quella che ha riunito alla Farnesina 40 nazioni, il segretario dell’Onu Guterres e la Lega Araba per finanziare il rafforzamento dell’esercito di Beirut, vale a dire ridimensionare il contropotere militare di Hezbollah. La stabilità del Paese dei Cedri passa da qui e l’Italia si è spesa molto per prendere in mano l’iniziativa, lanciata da Obama e poi raccolta da Trump, a cui Parigi contribuirà con l’apertura di una linea di credito da 400 milioni di euro in favore delle forze armate e l’Ue - dice l’Alto rappresentante Federica Mogherini - assicurerà altri 50 milioni di euro entro il 2020 (3,5 milioni in training e attrezzature per la sicurezza dell’aeroporto di Beirut).

La comunità internazionale fa quadrato intorno allo Stato che Guterres definisce «l’unica eccezione nel caos mediorientale e uno dei pochi pilastri di pace»: puntellare la neutralità del Libano mettendolo al riparo da nuove tensioni settarie è urgente. Ma sullo sfondo resta la domanda delle domande: come essere certi che le armi destinate non finiscano alle milizie sciite del Partito di Dio? Il premier sunnita ascolta e risponde piccato: «Non succederà mai. La storia del Libano dimostra che gli aiuti stranieri alle nostre forze di sicurezza sono sempre arrivate a destinazione, non abbiamo mai perduto armi e mai succederà. Chi mette in giro queste voci è Israele, ma si tratta di propaganda contro di noi». Il ministro degli esteri Alfano non aggiunge altro e sottolinea invece l’importanza della Conferenza ai fini di «un più ampio sostegno istituzionale alla politica di dissociamento del Libano dalle crisi regionali».

Già durante la conferenza stampa con il premier Gentiloni, che aveva annunciato l’aumento dell’impegno italiano per la sicurezza e la conferma della presenza Unifil, Hariri si era pronunciato in modo analogo, spiegando come Israele rimanga «la principale minaccia per il Libano» di cui «continua a violare la sovranità nazionale». In serata liquida le polemiche, ricorda l’impegno del suo Paese che accoglie un milione e mezzo di siriani «in fuga dal regime di Assad» e si concentra sul piano concordato: «Non si tratta di aiuti condizionati, nessuno dei donatori ci ha mai posto condizioni. L’obiettivo è la sicurezza. Secondo la risoluzione Onu 1701 dovremmo avere a disposizione tra i 10 e i 15 mila soldati mentre ne abbiamo meno di 7 mila: il nostro rafforzamento è nell’interesse di tutti, prova ne sia come abbiamo combattuto l’Isis pur con poche capacità».
Quello di Roma è il primo di 3 summit il secondo dei quali, sul rilancio economico del Libano, si svolgerà il 6 aprile a Parigi. L’ultimo, il 24 aprile, sarà a Bruxelles e verterà sui profughi.

LIBERO - Maurizio Stefanini: "Alfano è dimissionario ma aumenta i fondi ai palestinesi"

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Maurizio Stefanini

Alfano sta per lasciare la Farnesina e anche la politica, visto che non si è neanche ricandidato. Ma fa ancora in tempo a promettere 11 milioni di dollari dei contribuenti italiani a favore dell'Unrwa: quell'agenzia Onu che nacque una settantina di anni fa per risolvere la crisi dei rifugiati palestinesi, e che ha invece contribuito a renderla infinita. O forse non sono esattamente 11 milioni: «Nel 2018 l'Italia intende raddoppiare il supporto finanziario alle attività umanitarie gestite dall'Unrwa in Siria. Non faremo mancare il nostro appoggio a questa Agenzia», ha detto infatti il ministro degli Esteri durante la Conferenza ministeriale straordinaria a sostegno della United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East, questo è il significato esatto dell'acronimo, che si è tenuta ieri a Roma presso la sede della Fao. «Per fronteggiare la crisi in Siria», ha spiegato, «negli ultimi anni l'Unrwa ha dovuto incrementare le proprie attività di assistenza e soccorso alle centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi rimasti nel Paese, soccorrendo anche altre decine di migliaia di sfollati in Libano e Giordania».

LE CIFRE E’ possibile dunque che Alfano non voglia raddoppiare il contributo italiano nel suo complesso, ma solo un'aliquota. Cifre esatte non ne ha date: non è chiaro se per non spaventare i contribuenti italiani perché erano troppo forti, o non deludere gli intervenuti perché troppo esigue. L'evento romano si proponeva di affrontare l'emergenza che si è creata nel momento in cui Trump ha annunciato il taglio dei fondi Usa. Non è che ci sia riuscito. Sono stati infatti promessi 100 milioni di dollari, ma il deficit è quattro volte e mezzo tanto: 446 milioni! Creata con la risoluzione 302 del 1949 per assistere i profughi palestinesi in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1948, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente rappresenta il caso unico di un'agenzia Onu che si occupa di un gruppo di rifugiati specifici. Tutti gli altri rientrano nell'ombrello dell'Acnur: quell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati della cui Rappresentanza per il Sud Europa Laura Boldrini fu portavoce tra 1998 e 2012.

IL CONFRONTO È servito ai palestinesi essere trattati a parte? L'efficienza dell'Unrwa si può misurare comparandola col caso degli esuli giuliano-dalmati in Italia, che più o meno erano lo stesso numero, e furono espulsi dalle loro terre quasi in contemporanea. La questione istriana è ancora dolorosa per l'Italia, ma nel giro di qualche anno quei rifugiati furono risistemati e reinseriti. Non li si tenne per 70 anni ammucchiati in campi profughi ai confini con la Jugoslavia e a spese di un'agenzia Onu, apposta per poter continuare a tenere la rivendicazione in piedi ed usarli come strumento di propaganda politica! Ciò, senza neanche entrare nel merito di quanti effettivamente di questi soldi vadano a quelli che vivono nei campi e quanti siano invece intercettati dalla nomenklatura di Al Fatah o Hamas. Anche Israele dovette reinserire un bel po' di ebrei espulsi dai Paesi arabi: nel 1948 e negli anni successivi. Per questo chiede oggi che l'Unrwa sia smantellata, passandone le competenze all'Acnur anche le sue competenze. Il bello è che i profughi assistititi dall'Unrwa sono da sempre una leva di propaganda anti-occidentale e anti-Usa, ma ne sono poi Usa e Occidente i principali finanziatori. Trump ha ridotto il sostegno da 364 a 125 milioni di dollari proprio sostenendo che è l'Unrwa a spingere di fatto i palestinesi a fare ostruzionismo sulle proposte di pace.

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