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Il Ministro degli esteri norvegese accolto con richieste di riconoscimento dello Stato Palestinese quando, giovedì, si è recato in visita al campo estivo della gioventù laburista a Utoya.
La rivendicazione islamista delle stragi norvegesi ha indirizzato i commenti dei quotidiani di ieri verso l'unica pista possibile. Credibile, per altro, come hanno confermato tutti i commenti. Anche IC si è comportata nello stesso modo. Libero-Maurizio Belpietro: " Il killer non è di al Qaeda ma l'islam resta il problema "
Nichi Vendola, invece di occuparsi dei guai della Puglia di cui è governatore, ieri ha trovato il tempo di accusarci di aver compiuto una «triste e raccapricciante strumentalizzazione» sugli attentati in Norvegia, poiché li abbiamo attribuiti agli estremisti islamici. Su questa vicenda intendiamo fare chiarezza, non tanto perché ci preoccupino gli attacchi del capo di Sel, ma per rispetto verso i nostri lettori, gli unici di cui ci importi il giudizio. Abbiamo scritto che la responsabilità della tragedia nel Nord Europa ricadeva sui fanatici di Allah perché tutto lo faceva pensare, a partire dall’immediata rivendicazione di un gruppo jihadista. Solo nella notte le autorità norvegesi hanno fatto sapere che il sospettato numero uno è sì un fanatico, ma biondo e sedicente cristiano nemico dei musulmani. Dunque abbiamo offerto una lettura sbagliata, ma con qualche ragione. Intanto, la dinamica degli attentati, identica a quella tipica di Al Qaeda e vista in altri contesti drammatici, tra cui Mumbai, solo per citare un caso recente. E poi la rivendicazione da parte di una formazione non nuova a simili imprese. Non c’era motivo di dubitare che il massacro non fosse una punizione per gli infedeli, in un Paese che con l’islam è sempre stato tollerante al pari di altri Stati vicini, come a esempio la Danimarca, le cui ambasciate furono date alle fiamme dopo che un giornale osò pubblicare alcune vignette satiriche sul profeta Maometto. O ancora la Svezia, funestata nel 2010 da un assalto kamikaze. Senza dimenticate l’Olanda, nazione che ha pagato la tolleranza verso l’islam con l’assassinio del regista Theo Van Gogh e le minacce di morte alla politica Ayaan Hirsi Ali. Insomma, gli elementi a sostegno della pista musulmana c’erano tutti. Quando le indagini, nella notte, hanno dato credito ad altre ipotesi, il nostro giornale era già andato in stampa. Ma se, come sostiene Vendola, i quotidiani «berlusconiani » hanno strumentalizzato l’accaduto, lo stesso hanno fatto intellettuali scandinavi come la celebre scrittrice Anne Holt, intervistata sia dalla Stampa sia da Repubblica, cioè testate niente affatto vicine al centrodestra, le quali per altro avevano maggiore tempo a disposizione di noi per valuvalutare l’accaduto, visto che chiudono a un’ora più tarda. «Se fossi un capo di Al Qaeda certamente sceglierei la Norvegia come bersaglio di un attentato », ha detto la Holt a Repubblica, spiegando che l’impron - ta jihadista dietro l’orrore era tutt’altro che improbabile e dichiarandosi disposta a sopportare leggi più dure in cambio di maggiore sicurezza. Infine, c’è un ulteriore aspetto da considerare. Dall’11 settembre 2001 tutto l’Occidente vive nella paura di nuovi e sanguinosi attacchi da parte dei fautori della guerra santa. Purtroppo il clima di esasperazione e di angoscia - fomentato anche da chi finge di non vedere il pericolo islamico nascondendosi dietro il politicamente corretto e il buonismo, che celano in realtà odio per il liberalismo e il capitalismo - favorisce l’esplosione di altri estremismi. I criminali europei che sembrano aver realizzato gli attentati sono i prodotti della battaglia contro la nostra civiltà. Pensano di poter rispondere al sangue con altro sangue. Quindi il defunto Bin Laden e i suoi poco raccomandabili seguaci hanno vinto, anche se indeboliti e quasi distrutti dalla lotta al terrorismo, poiché ci hanno spinto a nostra volta sulla strada dell’odio? No. A differenza loro e di chi è sempre pronto a giustificare le peggiori violenze islamiche (ce ne sono anche nel partito di Vendola), noi sappiamo condannare chi commette crimini atroci, anche se lo fa in nome della civiltà occidentale. E sappiamo ammettere di aver sbagliato, quando accade. Tutto ciò ci permette di considerarci, se non superiori, almeno diversi da chi ci vorrebbe morti perché professiamo una religione differente. Questa è la forza, e la bellezza, della democrazia, che non smetteremo mai di difendere. Il Giornale-Magdi Cristiano Allam: " I razzisti nati dal multiculturalismo "
La nostra condanna è netta e totale della doppia strage che ha massacrato oltre 90 norvegesi e ha fatto sprofondare in un devastante lutto un’intera nazione. Nessuna giustificazione e nessuna attenuante per il terrorismo di qualsivoglia risma che viola la sacralità della vita di tutti, perseguendo l’imposizione del proprio potere attraverso l’uso della violenza. Corriere della Sera-Pierluigi Battista: " Le società vulnerabili"
L a tragedia norvegese sta facendo esplodere, anche, una grottesca e mediocre guerra delle attribuzioni contrapposte. Alla smania frettolosa, compiaciuta e spaventosamente disinformata con cui i cantori dello scontro di civiltà hanno subito gridato al terrore di marca islamista si replica con altrettanta sicumera sulla pista della cospirazione nazista: con obbligatoria venatura di fondamentalismo bianco razzial-cristiano, perfetta antitesi di un’immaginaria pista musulmana. Prima ancora di accertare i fatti, scoppia la febbre dell’identificazione del Nemico, della ricerca di spiegazioni rassicuranti, di semplificazioni che diano ordine a ciò che appare privo di senso, una logica all’orgia di sangue e di morte che ha sconvolto in poche ore una nazione passabilmente tranquilla come la Norvegia. Ma l’inferno norvegese rischia di diventare il paradiso di ogni dietrologia e di ogni più dozzinale complottismo. Il Nemico identificato con aprioristica certezza regala una trama alla follia pura e all’insensatezza. È un meccanismo di autodifesa, è la segnalazione di un pericolo che, con un volto ben riconoscibile, si può arginare. Chiude la società in una fortezza rassicurante: indica e isola i colpevoli, e contemporaneamente spinge chi è assediato alla massima coesione. Identificare all’Islam, senza il beneficio del dubbio, la colpa della strage favorisce infatti la messa sotto accusa della società delle frontiere aperte. Richiama all’ordine una società accusata di aver abbassato la guardia. Militarizza gli animi e le menti contro il pericolo musulmano sempre in agguato. Gridare invece al complotto neonazista alimenta la guerra contro il nuovo mostro interno che inquieta l’Europa. Alimenta un meccanismo ideologico di segno contrario, ma formalmente identico: dirotta l’allarme sociale su un bersaglio preciso, su un’organizzazione segreta che nella parte più buia e ottusa della nostra società cospirerebbe contro la democrazia con una diabolica strategia stragista. E non occorre nemmeno menzionare gli studi con cui etnologi e antropologi hanno studiato il meccanismo del «capro espiatorio» per capire come il bisogno di un Nemico chiaro e identificabile serva alle società per elaborare il lutto e distribuire la colpa. Nella guerra delle interpretazioni, a venir scartata subito finisce così per essere l’ipotesi più perturbante e sconvolgente, e cioè che il delirio dei singoli, la follia delle menti bruciate dalle ossessioni da un morbo paranoico resti pur sempre la chiave per comprendere un gesto catastrofico, segno di una psicopatologia che si ammanta di una veste mistico-ideologica apparentemente coerente. Le indagini appureranno la dinamica della strage, l’identità dell’assassino, i comportamenti di chi avrebbe dovuto tutelare la vita di giovani orrendamente massacrati in un’isola dove erano riuniti per un convegno politico. Se l’autore della strage ha avuto dei complici, ciò naturalmente corroborerebbe l’ipotesi di un criminale disegno stragista. Ma se invece, come parrebbe, il killer avesse fatto tutto da solo, meditando e compiendo un’ecatombe senza appoggi e complicità, sia i dietrologi antislamici, sia quelli che già nel web fantasticano di un’internazionale nera pronta a mettere a ferro e fuoco l’Europa, avrebbero perduto un’occasione preziosa per tacere. In poche ore e con informazioni ancora sommarie hanno già messo i fatti al servizio dei loro pregiudizi e un terribile massacro a disposizione dei loro schemi ideologici, delle loro paure e soprattutto del loro modo di alimentarla e dilatarla, la paura collettiva. Senza considerare però che la paura più vera è quella dell’inspiegabile, della nostra vulnerabilità nei confronti del gesto di un folle. Nemmeno nobilitato dalla grandezza di un complotto. Per inviare la propria opinione a Libero, Il Giornale, Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante. lettere@libero-news.eu segreteria@ilgiornale.it lettere@corriere.it |
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