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La Stampa Rassegna Stampa
16.01.2018 Coco Chanel, antisemita e nazista
Commento di Gianluca Lo Vetro

Testata: La Stampa
Data: 16 gennaio 2018
Pagina: 29
Autore: Gianluca Lo Vetro
Titolo: «Chanel nazista? Il processo si fa a teatro»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/01/2018, a pag.29 con il titolo "Chanel nazista? Il processo si fa a teatro", il commento di Gianluca Lo Vetro.

Quando i proprietari della Maison Chanel, i fratelli Wertheimer, ebrei, lasciarono la Francia occupata dai nazisti, trasferirono a New York diverse attività di casa Chanel, in particolare la produzione del profumo "Chanel n°5",continuate fino al loro ritorno a Parigi dopo la Liberazione.
Coco Chanel, in loro assenza, aveva cercato di acquisire dal comando nazista la proprietà della Maison, essendo una nota collaborazionista del Terzo Reich. Salvatasi per miracolo dalla condanna, subita da altri collabò, 
fu reintegrata dopo la guerra dagli stessi fratelli Wertheimer, che non solo capirono quanto M.lle Coco fosse indispensabile al successo della ditta, ma vollero farlo sapere con un dono alla medesima di un appartamento regale al Ritz. Fecero bene? fecero male? Fu indubbiamente una decisione che garantì ai proprietari un successo che dura tuttora. L'avessero fucilata, avrebbe avuto un valore simbolico, presto dimenticato.

Ecco l'articolo:


Coco Chanel

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Alain e Gerard Wertheimer

Mademoiselle fu una spia dei nazisti per salvare il suo N° 5? Sull’interrogativo si basa la pièce Coco colpevole o innocente in scena ieri sera al teatro Manzoni col patrocinio dell’Anm e dell’Ordine degli Avvocati di Milano, per la serie Personaggi e protagonisti incontri con la storia . Sul palco il presidente della Corte Giuridica, Luca Villa, il pm Ilaria Li Vigni e l’avvocato Cinzia Calabrese. Testimoni per l’accusa la giornalista di Rai 1, Paola Cacianti e Antonio Mancinelli. Al banco della difesa la columnist Maria Luisa Agnese e Stefano Dominella di Gattinoni. Nei panni dell’imputata la stilista Chiara Boni.

Ma di cos’è accusata Coco? «Di essersi arruolata nel 1941 - dice Cacianti - nell’intelligence tedesca in stretto contatto con la Gestapo: matricola F7124 nome in codice Westminster. Coco, antisemita, voleva salvare la società del suo profumo di proprietà al 70% della famiglia ebraica Wertheeimes, che nel frattempo l’aveva venduta fuggendo in America. Sicché, Coco divenne l’amante di un ufficiale nazista. Il che faceva comodo ai tedeschi perché Chanel aveva rapporti privilegiati con Churchill, che infatti la salvò dal carcere nel ’44».

Parola all’imputata Boni: «La vendita fu finta, Wertheimer, tornò a fine guerra, ricomprò le sue quote e finanziò la riapertura dell’atelier nel ’54, restando al fianco di Coco». La sentenza arriverà dal pubblico. Ma a notte come in ogni processo importante.

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direttore@lastampa.it

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