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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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Questione ebraica e relazioni internazionali tra Ottocento e Novecento 18/08/2018

Questione ebraica e relazioni internazionali tra Ottocento e Novecento
Commento di Giuliana Iurlano

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Vladimir N. Lamsdorf

Quanto la “questione ebraica” ha influenzato le relazioni internazionali tra la fine dell’800 ed i primi decenni del secolo successivo? In particolare, in qual modo le persecuzioni anti-ebraiche nell’Impero zarista hanno inciso sulla costruzione di nuove alleanze, soprattutto con la Francia, nella prospettiva di dar vita a quella che sarebbe stata successivamente la Triplice Intesa? Inizialmente vi fu una grave sottovalutazione da parte di molti paesi europei; non altrettanto accadde negli Stati Uniti, investiti dalla maggior parte dell’ondata migratoria di ebrei est-orientali sfuggiti ai sanguinosi e ripetuti pogrom e decisi a fare pressione sul governo americano affinché abbandonasse la tradizionale posizione di non interferenza negli affari interni di uno Stato straniero.

Dopo il trattato segreto russo-tedesco di reciproca neutralità firmato nel 1890, la Russia di Alessandro III era restia all’idea di un possibile suo avvicinamento alla Francia, anche se i contatti diplomatici avevano trovato un canale preferenziale di negoziazione commerciale proprio con Lord Rothschild, che però aveva minacciato di rompere il contratto già preliminarmente firmato, se la recrudescenza delle persecuzioni non si fosse immediatamente fermata. Il Ministro delle Finanze russo, M. Wyshnigradski, su ordine dello zar – fortemente contrariato dal comportamento del banchiere ebreo – cancellò il negoziato e ne aprì un altro con il finanziere parigino Hoskier, naturalmente non ebreo, assicurandosi così il canale finanziario necessario a tessere quella rete di relazioni che avrebbero modificato l’ordine internazionale successivo e, cosa ancora più importante, a ridurre al massimo le critiche contro l’operato antisemita del governo zarista. Ma è con la rivoluzione del 1905 – dopo la guerra russo-giapponese di due anni prima e nel corso della corrispondenza segreta con il Kaiser (nota come la “Willy-Nicky Correspondence”, 65 telegrammi scambiati tra i due Imperatori tra il 1904 e il 1907), che tentava di indurre lo Zar ad un “rapprochement” russo-tedesco in funzione anti-francese – che le idee di un complotto internazionale giudaico si sarebbero fatte via via più esplicite. Esse verranno chiaramente delineate dal Conte Vladimir N. Lamsdorf, Ministro degli Esteri russo, in un memorandum segreto del 3 gennaio 1906: analizzando gli eventi rivoluzionari dell’ottobre 1905, e in particolare gli scioperi culminati in una rivolta armata a Mosca e in altre località dell’Impero, Lamsdorf – accanto a cause economico-sociali interne – ne sottolineava la loro natura “internazionale”, dovuta all’enorme quantità di armi importate dall’estero e soprattutto ai finanziamenti da parte di capitalisti stranieri di cui i movimenti rivoluzionari potevano disporre. Ciò metteva in evidenza un’ulteriore caratteristica del movimento rivoluzionario russo, vale a dire il suo “carattere razziale alieno” e allogeno, la parte più importante del quale era giocata proprio dagli ebrei, elementi particolarmente attivi ed aggressivi nei moti rivoluzionari sia a livello individuale che come leader di organizzazioni quali il Bund ebraico nelle regioni occidentali.

I circoli capitalistici ebraici, dunque, erano all’origine dei moti rivoluzionari in Russia, supportati e soprattutto diretti dall’estero, non a caso – si legge nel memorandum – nel momento della rottura dell’accordo commerciale con Rothschild, che aveva provocato il crollo dei titoli russi e il panico finanziario. Anche i pogrom anti-ebraici, a dire di Lamsdorf, erano stati volutamente provocati per mettere in cattiva luce il governo russo, al contrario di quanto sarebbe stato dichiarato solo un anno dopo da E. Semenoff, che avrebbe invece attribuito alla polizia segreta russa quei fatti tragici (“The Russian Government and the Massacres”, 1907). Le armi, importate attraverso l’Inghilterra, sarebbero state procurate dall’Anglo-Jewish Committee, all’interno del quale un ruolo preminente era svolto da Lucien Wolf, il noto pubblicista che tanto si era dato da fare per mettere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la “questione ebraica”. Ma lo stesso Rothschild si stava impegnando a raccogliere fondi in molti paesi europei, così come negli Stati Uniti stavano sorgendo numerose associazioni ebraiche per soccorrere i sopravvissuti ai pogrom. Né il memorandum dimenticava di citare gli ebrei Marx e Lassalle, che tanto avevano influenzato la gioventù russa e i movimenti politici socialisti di tutto il mondo, Italia compresa, dove si erano svolte manifestazioni a Roma, Torino e Milano, che – da proteste in favore della “libertà russa” – si erano ben presto trasformate in veri e propri eventi a favore degli ebrei russi, come rilevato dall’ambasciatore russo a Roma con un dispaccio del 29 novembre 1905. Tutto questo, diretto e gestito dal più importante centro internazionale ebraico, l’Alliance Israélite Universelle con sede a Parigi e dotato di enormi mezzi pecuniari, oltre che supportato dalla Massoneria. Insomma, la battaglia intentata dall’ebraismo mondiale contro l’Impero zarista era configurata come una lotta all’ultimo sangue contro il cristianesimo, la monarchia e il diritto divino, una lotta portata avanti sulla base del principio del suffragio universale, che sovvertiva i veri valori della società e della tradizione.

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Una delle edizioni italiane dei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion"

Qual è la conclusione a cui giungeva il memorandum segreto russo? Poiché il complotto internazionale ebraico era diretto a stravolgere e ad abbattere la cristianità e il potere monarchico, l’unica soluzione possibile sarebbe stata la creazione di una “Triplice Alleanza” antisemita tra Impero russo, Impero tedesco e Santa Sede. Solo in questo modo sarebbe stato possibile contrastare e sconfiggere definitivamente quel movimento rivoluzionario ebraico, che aveva come obiettivi primari le istituzioni repubblicane sul piano politico, il socialismo su quello economico e l’ateismo in ambito religioso. San Pietroburgo, Roma e Berlino sarebbero diventati così i centri principali per organizzare, dapprima, una vigile supervisione e, poi, una “attiva battaglia congiunta” contro il comune nemico della cristianità e dell’ordine monarchico europeo. Insomma, il tema del complotto internazionale ebraico – qualche anno prima già diffuso attraverso la pubblicazione dei “Protocolli dei Savi anziani di Sion” ad opera di Sergej Nilus, dietro cui c’era la Okhrana, la polizia segreta zarista – costituirà un elemento caratteristico della politica del governo russo anche sul piano delle relazioni internazionali, un motivo decisivo per creare o disfare alleanze a seconda delle esigenze politiche del momento. Ma sarebbe stata proprio la “questione ebraica”, invece, a muovere la diplomazia internazionale e ad affermare con forza, già prima dell’emergere dei diritti umani nelle agende degli Stati, la difesa dei diritti degli individui sulla base delle loro credenze religiose.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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