Il calmo eroismo di un padre israeliano 
Commento di Michelle Mazel 
(Traduzione di Yehudit Weisz)

Rina Schnerb, assassinata a 17 anni da terroristi arabi palestinesi 
È  una storia semplice e tragica.  Venerdì scorso, 23 agosto, un padre  decide di andare a nuotare con due dei suoi figli in uno specchio  d'acqua, proveniente da una sorgente naturale e attrezzato a piscina,  non lontano dall'insediamento di Dolev, in Cisgiordania. Gli Schnerb  però non sono dei coloni; vivono a Lod, una delle città più antiche di  Israele. Situata a circa quindici chilometri da Tel Aviv, è vicina  all'aeroporto Ben Gurion che, come si può ricordare, una volta portava  il suo nome. La città conta quasi centomila abitanti, di cui quasi un  terzo sono arabi. Eitan Schnerb, il padre, 47 anni, è un rabbino ma ha  anche un diploma di paramedico. 

 
Il  figlio, Dvir, 19 anni, studia  in una Yeshiva. Rina, 17 anni, non ha  ancora finito il liceo, ma questa ragazza florida e sorridente è molto  popolare in città dove è una responsabile del movimento giovanile Bnei  Akiva. Quella mattina, quindi, parcheggiata l'auto nelle vicinanze,  prendono il piccolo sentiero che scende verso la sorgente. Rina è  davanti, mentre padre e figlio sono impegnati in una discussione. È lei  dunque a spingere il cancello, che non è chiuso a chiave. Ha solo più  pochi secondi da vivere. Dei terroristi che spiano la scena da una  posizione più elevata, attivano  l’apparecchio d’innesco di un potente   ordigno esplosivo nascosto tra i cespugli, senza lasciare alcuna  possibilità a Rina, che assorbirà la maggiore intensità della carica.  Suo padre è stato colpito da dozzine di frammenti. Steso al suolo,  stordito per un istante, trova comunque la forza per chiedere aiuto. È  questione di un attimo. Poi si rialza dolorante. Più tardi, dal suo  letto d'ospedale, dirà con sobrietà,  di aver immediatamente capito che  non ci sarebbe stato nulla da fare per sua figlia. Suo figlio,  gravemente ferito, perde molto sangue; è ovvio che sia stata lesa  un'arteria. Non c'è tempo da perdere, bisogna fermare l'emorragia. Ma  con cosa? E poi  gli è venuta l'idea. Si toglie i suoi tzitzit, le  sottili frange di lana intrecciate indossate da tutti gli ebrei  religiosi, e li usa per creare un laccio emostatico per il giovane che è  tuttora privo di sensi, salvandogli probabilmente la vita. Quando  finalmente arrivano i soccorsi, i due uomini vengono trasportati in  elicottero all'ospedale Hadassah di Gerusalemme, mentre un gruppo di  medici cerca invano di rianimare l'adolescente sorridente di Lod.  Nessuna organizzazione ha ancora rivendicato la responsabilità  dell'attentato, cosa che non impedisce ai leader di Gaza di rivaleggiare  nell’elogiare  i coraggiosi terroristi che hanno attivato a distanza un  ordigno esplosivo  contro civili indifesi. Per Hamas, questa è "la  prova della vitalità e del coraggio del popolo palestinese e del fatto  che non si sottometterà mai ai crimini e al terrorismo  dell'occupazione”.  Durante le preghiere del venerdì nella moschea,  Ismail Haniyeh ha descritto l'attentato  come un "attacco eroico".  24 ore dopo questo "gesto glorioso" possiamo solo sottolineare il  silenzio dei media in Francia. 
Michelle Mazel scrittrice  israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il  marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del  Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de  Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume  della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".