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Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 22/03/2013, a pag. 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Obama strega Israele e irrita i palestinesi ". Dalla STAMPA, a pag. 12, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Barack parla ai giovani israeliani: ora tocca a voi costruire la pace ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Inni, foto, risate. Barack rockstar tra gli studenti ". Pubblichiamo il commento di Deborah Fait dal titolo " Finché esisteranno gli Stati Uniti non sarete soli ". INFORMAZIONE CORRETTA - Deborah Fait : " Finché esisteranno gli Stati Uniti non sarete soli "
Il primo a dare il Benvenuto a Barack Obama e il buon giorno a Israele e’ stato Hamas che ha sparato 5 missili in territorio israeliano. Uno di questi e’ piombato davanti alla porta di una casa di Sderot mentre la famiglia che vi abitava, con una bambina di otto anni, faceva appena in tempo ad entrare nel rifugio. A Gerusalemme, invece, si stava vivendo una grande emozione, nel sole di Israele, con la musica dell’orchestrina di Tzahal che si levava verso l’Air Force One, ecco fare capolino un sorridente Barack Obama. Inaspettatamente, visti i precedenti, si puo’ dire che la sua visita sia entusiasmante, emozionante e.... accompagnata dalla musica. Musica e canti dovunque, all’aeroporto dove , oltre agli inni nazionali, l’orchestrina ha suonato Jerushalaim shel Zahav (Gerusalemme d’oro), Shalom Aleichem e altre allegre marcette sioniste che accolgono sempre i capi di stato in visita in Israele. Musica e canti alla residenza di Shimon Perez dove e’ stato accolto da un gruppo di bambini eccitatissimi che sventolavano bandierine americane e israeliane e volevano stringergli la mano. Hanno cantato in ebraico, in inglese e in arabo.....alla faccia dell’ apartheid di cui ci accusano.... Sembra che Obama abbia capito i suoi errori passati o che glieli abbiano fatti capire e che stia ricucendo i rapporti con Israele dopo un periodo, durato purtroppo tutto il primo mandato, di inutili e mortificanti inchini all’Islam. Sembra che abbia studiato la storia di Israele e del suo eroismo di fronte all’odio arabo e che pensi, dietro ai suoi grandi sorrisi, “Oh my God, ho preso proprio un granchio” . Certo, non lo ammettera’ mai, ma la cosa importante e’ che dimostri di aver capito che l’America ha un solo alleato in Medio oriente, Israele, perche’ le rivoluzioni arabe hanno spazzato via ogni altra speranza facendo emergere il peggiore fanatismo islamico al posto di quelle dittature colle quali un dialogo era comunque possibile. Dal canto suo Israele lo ha accolto come si accoglie un figliol prodigo, gli ha aperto le braccia, lo ha stretto con amore e simpatia, dimenticando generosamente le incomprensioni e anche le offese. Il momento clou di una rinnovata amicizia e’ stato quello “delle giacche” quando Obama ha rotto il ghiaccio e, camminando accanto a Netaniahu, si e’ levato la giacca restando in maniche di camicia. Immediatamente Bibi lo ha imitato e i due si sono avviati ridendo verso verso gli elicotteri che dovevano portarli a Gerusalemme. In quel momento tutta Israele ha riso, entusiasta ed estasiata, e, durante una tavola rotonda di giornalisti e politici riuniti per i commenti, i due conduttori si sono alzati e si sono levati la giacca gettandosela sulle spalle, tra le risate generali. Ridere fa bene, allenta la tensione e fa dimenticare molte problemi. Devo dire che una delle cose che piu’ mi inorgoglisce durante queste visite di capi di stato stranieri e’ la perfetta padronanza dell’inglese degli israelianii dai politici ai giornalisti, persino il personale del Museo di Israele si rivolgeva a Obama parlando in Inglese. I giornalisti sono cosi’ perfetti nella conoscenza della lingua che a volte non capivo quali erano gli israeliani e quali gli americani della CNN. La stessa cosa non succede in italia, per questa ragione quello che per gli israeliani e’ la normalita’, per me, israeliana novella o quasi, nata e vissuta in Italia, e’ motivo di orgoglio . La visita di Obama al Museo di Israele, sempre accompagnato da Bibi che a volte lo aspettava seduto su un muretto, e’ stata una grande enmozione, accolto da Dudu Fisher un grande tenore israeliano che gli ha cantato, la’, cosi’, semplicemente, sulla porta, la strofa di una canzone molto nota in Israele. DaI padiglione dei Rotoli del Mar Morto fino al reparto della tecnologia dove ha incontrato due paraplegici che camminavano grazie a un’invenzione israeliana e dove, alla fine della visita, ha parlato con tre studenti delle scuole medie di Haifa che, sempre in perfetto inglese, gli hanno illustrato le loro invenzioni tra cui tre piccoli robot che hanno portato al presidente e a Netaniahu due pezzi di mazza’( pane azzimo che si mangia per Pesach)e che si sono piegati in un grande inchino facendo divertire moltissimo il presidente. All’uscita altri bambini, altre bandierine, altri canti, poi...di colpo.... altra musica: Ramallah! E’ salito sull’elicottero per andare da Abu Mazen, una visita di quattro ore. A Ramallah ha trovato il grigiore, volti seri e immusoniti, tutto meno che cordiali, ( un gruppo di avvocati palestinesi aveva proposto di arrestare il presidente Obama), era grigio persino il cielo azzurro, grigi gli abiti dei maggiorenti , grigi i loro baffi, , grigio tutto, la stada, il piazzale davanti alla Mukata, tre bandiere americane di numero, tutta la zona era stata resa sterile per motivi di sicurezza dato che nel resto del territorio palestinese la popolazione urlava contro il presidente, scarpe e sputi contro manifesti con la sua fotografia, bandiere americane bruciate, “Obama fuori dalla palestina” “Obama persona non grata” “America assassina”. Quattro ore tristi , quasi tragiche come tutti si aspettavano. Il discorso ai palestinesi e’ stato un saggio di ginnastica diplomatica, ha nominato gli insediamenti, ha detto che “dovrebbero” essere bloccati, ha parlato di “Israele ebraico” mentre i politici palestinesi presenti, non piu’ di dieci, erano seri e scuri in volto, non riuscivano a muovere neanche un pelo dei loro baffi, sembravano imbalsamati. Nei prossimi giorni vedremo i risultati. Tornato a Gerusalemme ha ritrovato l’allegria, e’ andato a parlare agli studenti israeliani accolto da un bagno di simpatia, emozione, curiosita’. Il suo discorso ai giovani e’ stato bellissimo, quest’uomo sa parlare , non c’e’ dubbio, auguriamoci che questo dono sia usato con sincerita’. Ha incominciato facendo ridere tutti accennando alla “supposta” antipatia tra lui e Bibi Netaniahu “Non e’ vero niente, siamo amici ma dobbiamo fingere di detestarci per dare materiale a “Erez Nehederet” (programma satirico israeliano). Ha continuato a conquistare l’adorazione dei ragazzi dicendo di sentirsi a casa e si vedeva. Era a casa, sia per l’accoglienza, sia perche’ non esisteva il bloicco della lingua, tutti lo capivano e lui capiva tutti, ha parlato della storia del Paese, del coraggio del suo popolo, ha assicurato che l’Iran non fara’ mai la bomba nucleare perche’ gli USA non lo permetteranno ( nel contempo il pretaccio a capo dell’Iran urlava al popolo che distruggera’ Haifa e Tel Aviv fino alle fondamenta), ha detto che i bambini di Israele devono poter dormire tanquilli , a questo punto ha nominato Osher Tuito, il bambino di 8 anni di Sderot cui un missile ha staccato una gamba mentre correva verso il rifugio. Standing Ovation. Ha detto “Finche’ esisteranno gli Stati Uniti non sarete mai soli” e a questo puntol’apoteosi, i ragazzi in piedi sono scoppiati in un urlo di entusiasmo. Ha parlato della democrazia di Israele, del suo essere stato ebraico e democratico , della pace , del dovere alla pace e del diritto alla pace. Ha parlato anche dei bambini palestinesi che hanno diritto di crescere in un paese loro. Anche quando parlava dei palestinesi i giovani israeliani lo applaudivano...che enorme differenza tra i nostri giovani e ....i loro, educati all’odio e alla violenza! All’improvviso un ragazzo, un sinistrorso di quelli proprio imbecilli, ha gridato “Free Palestine” e tutti gli altri hanno risposto con un buuuuu alzandosi in piedi ad applaudire il presidente che, ridendo gli ha risposto indirettamente “Ecco, e’ proprio di questo che parlavamo...”, naturalmente il povero “sinistro” e’ stato sepolto da una gran risata, e non gli e’ rimasto che tacere per essere poi interrogato molto discretamente dalla polizia. Domani lo aspettano la Tomba di Theodor Herzel, di Rabin e lo Yad VaShem, sara’ una giornata seria e commovente che concludera’ questa visita entusiasmante di Barak Obama in Israele. Ho due dispiaceri, che non abbia parlato alla Knesset e che tra i giovani universitari siano stati esclusi quelli dell’Universita’ di Ariel. Ho pero’ anche due grandi soddisfazioni: a Ramallah non e’ nemmeno passato di striscio alla tomba di Arafat e, davanti ai capi di fatah, accanto a un Abu Mazen piu’ buio dell’oscurita’ della notte (aveva appena dichiarato ai suoi che la politica di hamas era la sua politica), ha parlato di Israele come “Stato ebraico”, ha condannato il terrorismo, nominando chiaramente hamas e hezbollah! “So long as there is a United States of America, atem lo levad .” (fintanto che esisteranno gli Stati uniti d’America ..... in ebraico: non sarete soli) Toda’ Mister President. Il GIORNALE- Fiamma Nirenstein : "Obama strega Israele e irrita i palestinesi"
Gerusalemme. Delusi i palestinesi per la sparizione degli insediamenti dall’agenda, affascinati gli israeliani per il calore di Obama, incerto il futuro. La doppia missione della giornata, la visita a Ramallah da Abu Mazen e poi il discorso alla massa degli studenti israeliani, ha preso due strade apparentemente divergenti, quello della frenata sul tema degli insediamenti a Ramallah, e quella, al pomeriggio, di unbagno di folla giovanile israeliana. Obama ne esce con uno staccato mirabile, e anche con una narcisistica piroetta in cui la rassicurazione dell’appoggio americano fa da supporto alla sua visione del mondo. Obama ha interpretato con maestria la sua parte di sognatore ieri sera. Ma resta chiara la strada concreta scelta per il viaggio: nel tempo della crisi che in Medio Oriente ha la faccia dell’Iran nucleare, della Siria, delle armi chimiche, degli hezbollah, di Hamas e dell’ascesa dei Fratelli Musulmani, bisogna smetterla di litigare con Israele. A Ramallah, Obama ha irritato Abu Mazen anche se in mezzo alle cordialità di prammatica. Obama dopo aver ribadito il diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente, ha detto che non cercheràsoluzioni ad interim, che lavorerà solo a una pace definitiva, e che i palestinesi non devono imporre troppe precondizioni per tornare al tavolo: “altrimenti a che serve trattare?” Ovvero: Abu Mazen non deve aspettarsi, si capiva fra le righe, il congelamento preventivo degli insediamenti. Una novità, dato che la road map personale di Obama era fondata sul total freeze: ora gli insediamenti sono, sì, stati menzionati, ma quasi per caso. Così Abu Mazen, dopo il rifiuto di visitare la tomba di Arafat, dopo le scene di intimità e simpatia con Netanyahu, ha preso il microfono: senza un impegno sugli insediamenti, non si torna alla trattativa. Obama non ha fatto una grinza: ha seguitato a lodare le buone intenzioni di Abu Mazen,a promettere l’aiuto americano (l’Autorità Palestinese è sull’orlo del collasso), e a dimostrare quella vicinanza di cui Abu Mazen ha bisogno contro Hamas nella scena interna e per contare nel mondo arabo. Ma gli insediamenti non sono più i primi della lista, inutili le dimostrazioni dei palestinesi che nelle strade hanno dipinto di nero i ritratti di Obama e gli hanno tirato le scarpe. Poi, gli elicotteri Black Hawk si innalzano, la teoria infinita di macchine blocca di nuovo Gerusalemme, ed Obama fa a Binyanei Hauma la sua doppia piroetta. Obama seduce, cita tutti in profeti possibili, Yoshua, Mosè, Herzl, Martin Luther King, Truman, Rabin, Begin, Sharon, questi ultimi tre leader di pace. Racconta con affetto la storia del sionismo: avete compiuto il miracolo di tornare alla Terra dei vostri padri, di far fiorire il deserto e la democrazia, avete vinto 10 premi Nobel per la scienza, come noi siete un popolo di immigrati, e vivete in mezzo a orribili pericoli, il mondo arabo vi rifiuta mentre voi volete la pace. Siamo con voi, ripete, non vi lasceremo mai; è il concetto chiave. E descrive con profonda identificazione tutti i pericoli che vive un ragazzo fra gli attentati, Hezbollah, Hamas, la minaccia iraniana. Ed ecco il salto obamiano: “La pace con i palestinesi e con tutto il mondo arabo, non è un’opzione, è la condizione stessa della vostra sicurezza, è un dovere verso il vostro futuro e i vostri figli. La pace dovete raggiungerla perchè è giusta…Superate, spingete i vostri leader!”. Da questo momento, Obama, si è dedicato a una descrizione fantastica di quanto vi è in comune fra i ragazzi israeliani e quelli palestinesi, siriani, egiziani. Ovvero, ha disegnato la sua politica, in cui l’odio svanisce in un mondo migliore, nei giuochi delle sue figlie, che cita continuamente, e che giocano nel giardino della Casa Bianca. Da loro tornerà Obama, dopo un’altra mattina in Israele, e poi una visita alla Giordania, minacciata dalla rivoluzione. La STAMPA - Maurizio Molinari : " Barack parla ai giovani israeliani: ora tocca a voi costruire la pace "
«Giovani di Israele, tocca a voi vincere la sfida della pace»: con un discorso di quasi 45 minuti davanti a duemila persone, Barack Obama svela il motivo per cui ha scelto lo Stato Ebraico per il primo viaggio del secondo mandato. Le assicurazioni date al premier Netanyahu sul sostegno al diritto all’autodifesa dal nucleare iraniano e la rinuncia a chiedere di fermare gli insediamenti come precondizione per il negoziato con i palestinesi sono passi politici tesi a presentarsi come un leader di cui ci si può fidare. Obama vuole entrare in sintonia con i cittadini dell’unica democrazia del Medio Oriente anche nell’impostazione del discorso. Esordisce parlando del legame di Martin Luther King con la Terra Promessa, rende omaggio alla realizzazione del sionismo, al coraggio dei soldati che combattono il terrorismo ed ai valori che accomunano Usa e Israele. E sulle minacce alla sicurezza va oltre il no alla bomba di Teheran, pronunciando in ebraico la frase «Atem lo levad», non siete soli, per ribadire che l’America non abbandonerà mai lo Stato Ebraico. CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Inni, foto, risate. Barack rockstar tra gli studenti "
GERUSALEMME — I seicento studenti israeliani sembrano pensare quello che Yair Netanyahu, figlio maggiore del primo ministro, ha potuto dirgli abbracciandolo: questo presidente americano è hatich, un figo. Molti ammettono di essere venuti per l'«evento, vedere dal vivo l'uomo più potente del mondo», un concerto rock dove la musica sono gli inni nazionali dei due Paesi e le parole quelle di Barack Obama. Per inviare la propria opinione a Informazione Corretta, Giornale, Stampa, Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 segreteria@ilgiornale.it lettere@lastampa.it lettere@corriere.it |
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