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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
06.03.2022 Ucraina: sì alle armi alla resistenza
Emanuele Lauria intervista Matteo Renzi, commento di Vito Mancuso

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Emanuele Lauria - Vito Mancuso
Titolo: «Renzi: 'Giuste le armi agli ucraini ma ora c’è bisogno di più politica' - Sono contrario alla guerra ma le armi vanno inviate»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/03/2022, a pag. 17, l'intervista di Emanuele Lauria dal titolo "Renzi: 'Giuste le armi agli ucraini ma ora c’è bisogno di più politica"; dalla STAMPA, a pag. 25, il commento di Vito Mancuso dal titolo "Sono contrario alla guerra ma le armi vanno inviate".

Ecco gli articoli:

Emanuele Lauria: "Renzi: 'Giuste le armi agli ucraini ma ora c’è bisogno di più politica' "

Matteo Renzi
Matteo Renzi

«Ora tocca alla politica». Perché l’invio di armi e le sanzioni, dice Matteo Renzi, «servono come gesti di solidarietà e non a vincere la guerra». L’ex premier, in un momento drammatico del conflitto in Ucraina, rilancia la sua proposta di affidare ad Angela Merkel il ruolo di mediatrice, convinto che Putin «non è impazzito, è immorale ma non umorale, e ha un patto con Cina e India per cambiare la geografia del mondo spostando il baricentro a Est». Non rinuncia a criticare gli errori dell’Occidente, l’ultimo «la debacle americana in Afghanistan», e neppure a una stoccata sul piano interno: «Salvini che si scopre pacifista è imbarazzante».

L’escalation del conflitto in Ucraina, con la minaccia nucleare, tiene in ansia il mondo. Quanto si può e si deve credere ancora nei negoziati? «La condanna verso l’aggressore, la Russia di Putin, deve essere senza attenuanti. Allo stesso tempo tenere aperto il dialogo è un dovere politico. La guerra si ferma con i negoziati, non con i tweet. Putin non è improvvisamente impazzito, guai ad assecondare tale lettura superficiale: Putin sta cambiando la geografia del mondo, spostando il baricentro a Est. È immorale ma non è umorale. Sfida l’Europa perché ha un patto con la Cina, l’India e molti paesi africani. Per questo bisogna che la reazione sia politica».

Da diversi giorni, ormai, lei suggerisce che venga affidato ad Angela Merkel un ruolo da mediatrice. Che reazioni ha trovato alla sua proposta? «Mi pare che stia crescendo. Io dico che Nato e Ue devono trovare una risposta unitaria altrimenti il nuovo ordine geopolitico mondiale ci taglierà fuori a lungo. Serve un nuovo progetto: difesa comune, energia, identità culturale. E serve tanta tecnologia. Credo che la Merkel sia la più autorevole tra le personalità istituzionali per svolgere questo ruolo. Macron e Draghi si stanno muovendo bene ma serve un salto di qualità politico anche a Bruxelles. Più politica e meno burocrazia, per favore».

Boris Johnson, nell’intervista a Repubblica, chiede che vengano consegnate a Onu e Aiea le centrali nucleari ucraine. Qual è il suo giudizio? «Proposta di buon senso, per carità, ma non ha alcuna chance. Si immagina se Putin invade un Paese per lasciarne la sovranità energetica all’Onu? Suvvia. La verità è che Putin immagina di diversificare i clienti del suo gas e guarda a Est e a Sud convinto come è di aver chiuso per anni con l’Ovest. E il problema per noi è proprio l’energia. La strategia del no a tutto degli anni scorsi - su cui anche il mio governo fu massacrato dopo lo Sblocca Italia oggi ci presenta il conto. È drammatico dirlo ma Putin in due mosse ha cancellato Covid e Greta dalle prime pagine: oggi si parla solo di armi e petrolio».

Sanzioni e aiuti militari agli ucraini si stanno dimostrando strumenti efficaci? «Per mostrare solidarietà si. Per vincere la guerra temo di no. Zelensky ha saputo utilizzare benissimo la superiorità nella capacità di comunicazione. Data la sua formazione, ha utilizzato i social come deterrente per le azioni più gravi che la Russia poteva compiere. Ed è straordinario vedere come un presidente cresciuto su Netflix stia lottando da leone. Di là però c’è il presidente cresciuto nel Kgb che ha messo in conto una guerra paziente è lunga: se metti 65 chilometri di carri armati a due passi da Kiev non li stai portando in gita. Sa che tra qualche giorno o settimana gli serviranno. Nel mezzo i bambini muoiono e le famiglie si separano. Scene da spezzare il cuore».

Da otto anni almeno esiste la crisi ucraina. L’invasione russa è stato un pericolo sottovalutato? Ci sono responsabilità da parte dell’Occidente? «Quando si arriva alla guerra tutti devono domandarsi se potevano fare di più. Dunque anche noi. Ma qui va ribadita la responsabilità di Putin. Noi forse avremmo dovuto leggere con più lungimiranza i segnali del 2021, soprattutto i ripetuti bilaterali con la Cina. Aggiunga che io penso che la spinta decisiva per Putin sia venuta dalla debacle americana in Afghanistan. Dopo la Siria 2013 è arrivata la Crimea 2014, dopo Kabul 2021 è arrivata l’Ucraina 2022. Putin pianifica, non improvvisa».

Le manifestazioni per la pace di ieri hanno diviso le forze sociali: la Cisl ha deciso di non aderire contestando l’equidistanza e riaffermando l’esigenza di «atti concreti, azioni e aiuti» per il popolo ucraino. Lei da che parte sta? «In Ucraina c’è un aggressore e un aggredito. Quando ho letto i toni anti imperialisti dell’Anpi mi è venuta tristezza. Con chi devono schierarsi gli eredi dei partigiani se non con gli ucraini? Oppure l’antiamericanismo anni Settanta è ancora vivo ma paradossalmente solo in certa sinistra? Ho grande rispetto per il popolo che è sceso in piazza, ma ho anche compreso la decisione della Cisl. E ho molto apprezzato su questo i toni netti del Pd».

Restando sul fronte interno: quanto incidono le simpatie filo-russe trasversali nell’atteggiamento della politica italiana? Anche lei è stato chiamato in causa da Salvini per gli incontri avuti con Putin quando era premier. «Salvini è sempre più imbarazzante. Attacca me come filo Putin? Lui che andava in Parlamento europeo con le magliette filo-russe, mentre io prima di andare al Cremlino da premier deponevo i fiori in memoria di Boris Nemtsov? Lui che la sera del referendum - a risultati già acquisiti twittava il suo Viva Putin. Controlli, erano le 22.15. Un’ora prima che fosse ufficiale la sua vittoria e le mie dimissioni. Il Salvini che tre anni fa voleva dare le armi a tutti gli italiani con la legittima difesa oggi si scopre pacifista, passando dalle pistole per tutti alle marce per la pace. Meglio così, per carità. Ho letto che vuole andare in Ucraina: spero almeno questo ce lo risparmi, quel Paese ha già troppi problemi».

Il conflitto russo-ucraino ha riproposto il tema dell’autonomia energetica dell’Italia. Siamo ancora in tempo per scongiurare il pericolo di una crisi senza precedenti? «Si. Ma bisogna fare ciò che Draghi ha annunciato e Cingolani chiede da tempo: sburocratizzare e correre con gli impianti, tornando alla filosofa dello Sblocca Italia. Su questo ci giochiamo il futuro, altro che polemiche inutili sul catasto».

Vito Mancuso: "Sono contrario alla guerra ma le armi vanno inviate"

Vito Mancuso
Vito Mancuso

Ci sono domande alle quali non si vorrebbe rispondere perché si conosce la complessità della situazione, non riducibile a un sì o a un no. Eppure a volte rispondere è necessario, assumendosi i rischi della coscienza morale in azione. Mi chiedono: "Sei a favore dell'invio di armi inUcraina?". Rispondo: "Sì, sono a favore". Credo occorra ascoltare il loro appello e non lasciarli soli, condivido la posizione dell'Ue e del governo. Ribattono: "Ma allora tu sei a favore della guerra! Appoggiando l’invio di armi, dici sì alla guerra, versi benzina sul fuoco, alimenti la carneficina!". L'obiezione proviene soprattutto da chi dichiara di volere la pace più di ogni altra cosa e può avere una duplice argomentazione: o di tipo ideologico in quanto sempre e comunque contrari all'uso delle anni, o di tipo pragmatico in quanto consapevoli che contro la Russia non ci può essere Ucraina che tenga, e che anzi, ansandola di più, se ne incrementa la strage. Anch'io però amo la pace, ho speso buona parte della vita a servirla e fondarla eticamente, e non per questo le mie conduzioni sono di lasciare inascoltato l'appello degli ucraini e di non aiutarli militarmente nella loro difesa dall'aggressione russa. Ma ho appena scritto aggressione gassa" e mi si stringe il cuore: è dai tempi del liceo che la mia anima si nutre di Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Pasternak; alla memoria di Vasilij Grossman, ebreo nato in Ucraina e di lingua madre rissa, ho dedicato un libro. Quando ho incontrato il pensiero teologico nesso con Solovëv, Florenskij, Sergej Bulgakov, Berdjaev, i grandi pensatori della sofiologia, è stata per me una folgorazione. E poi, come dimenticare i venti milioni di morti dell'Armata Rossa grazie a cui il nazifascismo è stato sconfitto? Mi ritrovo quindi colmo di perplessità e per sciogliere il nodo cela) di esercitare l'intelligenza spronandola al suo principale lavoro da cui tutto il resto dipende: capire. Ma cosa c'è da capire? Guerra e pace: ecco cosa c'è da capire. Prendo spunto dal titolo del capolavoro di Tolstoj (che peraltro nella seconda metà della vita fu un pacifista radicale con posizioni politiche prossime all'anarchia) per sostenere che la Storia a volte non consente di optare per la guerra o la pace, come o mi vuole chi, dichiarandosi a favore della pace, è contro l'invio di armi agli ucraini. Talora non si dà guerra "o"pace, bensì guerra "e" pace, con la congiunzione "e"a connettere intimamente i due fenomeni. Come tradurne in latino il titolo di Tolstoj? Me lo chiedo perché il latino ha una capacità molto più ampia dell'italiano di esprimere la congiunzione "e", che può essere resa con "et", "ac", "atque" e con il "que" aggiunto alla fine del secondo termine, per esempio "senatus populusque", a indicare che i due termini sono così uniti da essere quasi una cosa sola: due atomi che formano una molecola. Quale congiunzione avrebbero scelto Cicerone, Seneca o Tacito per unire oggi “bellum” e "pax"? La pace non è mera assenza di guerra, è piuttosto un atteggiamento interiore, io penso sia una diversa volontà di potenza e la definisco "coraggio" nel senso etimologico di "azione del cuore". Ma l'insegnamento pressoché unanime delle tradizioni spirituali e filosofiche è che la pace, non solo non è mera assenza di guerra, ma, per essere veramente servizio della vita e non imposizione (come la `pax romana") o ideologia mascherata (come rodio antioccidentale di alcuni), può essere anche presenza di guerra. In che senso? Nel senso che deve contenere in sé anche la possibilità della guerra come legittima difesa. In questo caso si ha la guerra "giusta", contemplata unanimemente dalle maggiori tradizioni filosofiche e spirituali.

Sintetizzando sapienza greca e dottrina cristiana, Tommaso d’Aquino si chiedeva se è sempre un peccato fare la guerra (ut nun bellare semper sit peccatum, cfr. Summa theologiae, II-II, q. 40) e rispondeva di no a tre condizioni: legittimità dell'autorità che la conduce, giusta causa, giusta finalità. La guerra di Putin non è giusta perché: 1) l'autorità che la conduce è democraticamente illegittima in quanto regime liberticida che negala libertà, censura l’informazione, incarcera gli oppositori (Navalny),talora li uccide (Politkovskaja, Nemcov, Litvinenko); non è insomma una democrazia ma una "democratura", come l'ha definita Massimo Giannini; 2) la sua causa è palesemente l'attacco, non la difesa, come afferma una dichiarazione sottoscritta da migliaia di scienziati russi e presentata su questo giornale da ElenaCattaneo; 3) ha come finalità il controllo di un Paese sovrano per ridurlo a proprio vassallo. Al contrario, la guerra condotta dall'Ucraina è giusta perché: 1) viene condotta da un governo eletto democraticamente; 2) è motivata dalla naturale volontà di difendere il proprio Paese e la vita dei cittadini; 3) ha come fine la libertà. Ne viene che questa guerra è ingiusta e giusta al contempo, a seconda della posizione, e non è del tutto vero quanto pensava Gino Strada secondo cui "la guerra giusta non c'è: nove vittime su dieci sono civili": è vero per la guerra di Putin, è vero per la guerra degli Usa che intendevano esportare la democrazia costruendo menzogne, è vero per ogni altra guerra di aggressione. Non è vero però per la guerra degli ucraini e per ogni altra guerra di difesa. Il fenomeno Storia è complesso, richiede un'intelligenza delicata e priva di certezze a priori: si pensi alla Seconda guerra mondiale che fu al contempo aggressione nazifascista e lotta contro il nazifascismo e resistenza, e prima ancora si pensi a tutte le guerre di indipendenza che hanno consentito ai popoli oppressi di raggiungere la libertà. Il che attesta che a volte nella Storia non si dà la possibilità di scegliere o guerra o pace, ma lesi deve tenere insieme entrambe: e guerra e pace. Volere la pace significa: a) preparare in tutti i modi la pace; b) essere altresì pronto a una guerra di difesa dall'ingiusto aggressore. La pace e la guerra sono quindi sullo stesso piano? No, la pace è infinitamente superiore, ma proprio per questo essa contiene la possibilità (estrema ma reale) della guerra. Essa non è il contrario della guerra, ne è il superamento, "Authebung" avrebbe detto Hegel indicando il processo che sa custodire anche le ragioni dell'antitesi. L'insegnamento da trarre è che le opzioni di guerra non devono essere escluse a priori e che talora purtroppo è necessario ricorrervi. Ha scritto al riguardo Gandhi, il più celebre padre della non-violenza: “Supponiamo che un uomo venga preso da una follia omicida e cominci a girare con una spada in mano uccidendo chiunque gli sipari dinanzi, e che nessuno abbia il coraggio di catturarlo vivo. Chiunque uccida il pazzo otterrà la gratitudine della comunità e sarà considerato un uomo caritatevole" (Teoria e pratica della non-violenza, p. 69).

Questa è la risposta all'obiezione di chi è sempre e comunque contrario alla guerra e all'uso delle armi, rimane la seconda di tipo pragmatico secondo cui l'invio di armi agli ucraini contro i russi non serve a nulla a causa della sproporzione delle forze. Si tratta però di un argomento che suppone competenze militari non in mio possesso, io mi posso limitare a dire che se un bambino viene malmenato da un energumeno impazzito non è che io non intervengo perché se no costui si arrabbia ancora di più. Dobbiamo costruire la pace. È un dovere politico e morale. Forse, a partire dal 24 febbraio, questa è diventata la missione della nostra vita. Al riguardo c'è un livello militare: gli ucraini combattono per la loro libertà e occorre aiutarli militarmente. C'è un livello umanitario: gli ucraini hanno bisogno di assistenza e occorre inviare loro cibo, vestiario, medicine, e accogliere amorevolmente tutti coloro che si mettono in salvo. C'è un livello diplomatico e occorre perseguire e incoraggiare tutte le trattative. Occorre inoltre tenere presente che la guerra riguarderà sempre più anche il popolo russo, consegnato dal suo dittatore a un nero futuro: se si vuole la pace, anche i russi sono da aiutare ascoltando le loro ragioni, onorando la loro maestosa cultura, non emarginandoli come reietti. Soprattutto dovremmo sorvegliare attentamente la nostra coscienza per far sì che non vi entri il veleno dell'odio, neppure di fronte alle immagini più strazianti della guerra iniquamente condotta da Putin. I russi infatti, per quanto ora costretti a obbedirgli, non sono Putin, così come i tedeschi non erano riducibili a Hitler, gli italiani a Mussolini, i serbi a Milosevic, l’umanità Caino. Nella Amsterdam occupata dai nazisti, una giovane donna ebrea, Etty Hillesum, poi uccisa ad Auschwitz, scrisse in una lettera datata dicembre 1942: “So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più corta e a buon mercato? Ho potuto toccare con mano come ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale".

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