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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi 28/08/2014, a pag. 10, con il titolo "L'Isis recluta bambini kamikaze", e a pag. 11, con il titolo "Il risiko delle alleanze tra nemici", gli articoli di Maurizio Molinari; da LIBERO, a pag. 8, con il titolo "Mutilazioni e crocifissioni. I venerdì horror dell'Isis", l'articolo di Maurizio Stefanini.
Di seguito gli articoli:
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "L'Isis recluta bambini kamikaze" Esecuzioni in pubblico, amputazioni, frustate, false crocifissioni e arruolamento di bambini come kamikaze: sono i «crimini di guerra» che le Nazioni Unite attribuiscono allo Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr Al Baghdadi in un rapporto sulla Siria che accusa anche il regime di Damasco di aver adoperato in più occasioni le armi chimiche contro i civili. «Le esecuzioni nei luoghi pubblici sono divenute un uso ricorrente il venerdì nei territori controllati Isis» afferma il documento della Commissione indipendente di inchiesta sui diritti umani in Siria, sottolineando come i jihadisti «sono responsabili di decapitazioni di bambini di 15 anni, amputazioni e fustigazioni a cui i minorenni sono obbligati ad assistere». L’intento, per il capo della Commissione Paulo Pinheiro, è di «spogliarsi di ogni umanità, evocare l’apocalisse sui civili e devastare ogni tipo di sicurezza e libertà per le minoranze come per donne e bambini». LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Il risiko delle alleanze tra nemici" Iran. Influente ovunque grazie al ruolo delle tribù sciite.
È stato il re giordano Abdallah a coniare la definizione di «Mezzaluna sciita» per definire la coalizione di Paesi, organizzazioni e tribù che la Repubblica Islamica dell’Iran ha creato in Medio Oriente. È un’area che, da Est a Ovest, inizia con l’Iran, prosegue con l’Iraq dove la maggioranza sciita controlla Parlamento e governo, continua in Siria dove il regime di Assad è uno stretto alleato di Teheran e termina nel Libano del Sud roccaforte degli Hezbollah, il partito sciita libanese che controlla una super-armata milizia militare che minaccia Israele con un arsenale stimato di circa 10 mila missili. Israele sfrutta le crisi in atto nel mondo arabo-musulmano per consolidare i rapporti con Egitto, Arabia Saudita ed Emirati del Golfo (tranne il Qatar). Ciò che guida le mosse di Gerusalemme è l’intento di indebolire i propri avversari: l’Iran e i gruppi jihadisti come i Fratelli Musulmani e Hamas. Ciò spiega perché il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è impegnato, pubblicamente, a difendere la confinante Giordania dal rischio di infiltrazioni jihadiste così come ha creato una stretta cooperazione militare con l’Egitto di Al Sisi nel Sinai contro le cellule di Beit al Muqqadis e Hamas. In Iraq, gli alleati più fidati di Israele sono i peshmerga curdi - con cui i rapporti risalgono all’opposizione al regime di Saddam Hussein - mentre in Siria gli israeliani si battono contro gli Hezbollah e le altre milizie sciite, cercando di sostenere gruppi sunniti ostili al regime di Assad. Anche qui in sintonia con le mosse del Cairo e di Amman. L’Emirato di Doha ha edificato la propria coalizione sfruttando al meglio la Primavera Araba. Ospitare la sede della tv «Al Jazeera» gli ha consentito di sostenere informalmente i movimenti di protesta e con il passare dei mesi è divenuto palese lo schieramento a favore dei gruppi politici di matrice islamica. Tutto è iniziato in Tunisia ma è stato l’Egitto a far venire alla luce la strategia qatarina perché Doha ha sostenuto senza esitazioni Mohammed Morsi, il presidente espresso dai Fratelli Musulmani, cavalcandone la popolarità nel 2013. I Fratelli Musulmani egiziani sono legati al Qatar dagli Anni Cinquanta e l’Emirato si è trasformato rapidamente nel protettore dei vari gruppi che a loro fanno riferimento: da Hamas a Gaza al Fronte Islamico in Giordania fino ai Fratelli Musulmani siriani impegnati a combattere il regime di Bashar Assad. Il Qatar è così divenuto il punto di riferimento dei gruppi ribelli sunniti che, in più Paesi, si battono contro despoti e monarchi. È tale posizione che ha portato Doha a diventare la capitale che - assieme a Kuwait City - ospita le maggiori raccolte di fondi anche a favore dello Stato Islamico (Isis) del «Califfo Ibrahim» Abu Bakr Al Baghdadi. Al tempo stesso il Qatar vanta una politica estera di alto profilo con gli Stati Uniti - ospitando il comando delle truppe Usa in Medio Oriente - e con la Cina a cui ha iniziato questo mese a vendere gas liquido sulla base di un contratto che prevede 2 milioni di tonnellate di forniture annue. Sono tali caratteristiche ad aver spinto più volte Washington a chiedere i buoni uffici del Qatar per trattare con gruppi terroristi per liberare ostaggi, come nel caso del reporter Peter Theo Curtis detenuto in Siria o del soldato Bowe Berghdal che in Afghanistan era nelle mani dei taleban. Che significa avere 10 anni in una zona sotto il controllo dello Stato Islamico (Isis)? Ad esempio, poter essere arruolati per essere addestrati a fare i combattenti o anche i kamikaze. Oppure ogni venerdì, giorno di festa musulmano, dover andare obbligatoriamente ad assistere a uno spettacolo di esecuzioni pubbliche per decapitazione o colpo di arma da fuoco alla testa, amputazioni, fustigazioni, crocifissioni sulla pubblica piazza. I colpevoli? Ragazzini di 15 anni che possono venire decapitati. Uomini che vengono frustati per aver fumato, o per aver accompagnato una familiare vestita in modo «inapropriato». Donne che vengono frustate per non aver coperto il volto. E per terrorizzare la popolazione, i cadaveri restano poi esposti per diversi giorni. È il quadro raccapricciante che emerge dalle 45 pagine del rapporto che sulla Siria ha appena presentato la Commissione d'inchiesta indipendente Onu sui diritti umani: un organismo di cui fa parte anche Carla del Ponte, il magistrato svizzero ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. Anche le forze governative hanno commesso massacri, attacchi, torture ed altre violazioni che «equivalgono a crimini contro l'umanità». «Vi sono fondati motividi credere che agenti chimici, probabilmente cloro, siano stati usati su Kaif Zeita, Al-Tamana’a e Tel Minnis in otto incidenti nel corso di un periodo di dieci giorni in aprile». «Testimoni hanno visto elicotteri governativi sganciare barili-bomba e riconosciuto un odore simile a quello del cloro per usi domestici subito dopo il loro impatto». «Le vittime hanno riportato sintomi compatibili con l’esposizione ad agenti chimici, come vomito, irritazione degli occhi e della pelle, problemi respiratori ». Ma è soprattutto l’Isis che rappresenta «un chiaro pericolo per i civili e in particolare per le minoranze sotto il suo controllo». Né le violenze si fermano. Quattro giovani sarebbero stati uccisi a sangue freddo e poi crocifissi dai jihadisti, nella provincia di Dayraz- Zor: lo ha riferito l’agenzia ufficiale siriana Sana, citando testimoni oculari secondo cui i quattro giovani sono stati uccisi e poi crocifissi nella piazza al-Baloum, all’ingresso della città di al-Mayadeen. Inoltre, a giugno i militanti dell'Isis hanno emesso un decreto con il quale hanno ordinato alle famiglie musulmane di mandare le loro donne non sposate nella regione per il Jihad al-Nikah: il «jihad sessuale», per offrire «conforto» ai combattenti. Almeno tre donne malaysiane sarebbero partite per il Medio Oriente, secondo i dati di un funzionario dell’intelligence di Kuala Lumpur. La stessa fonte avverte che anche dalle intelligence di altri Paesi arrivano notizie analoghe. In particolare, sarebbero partite per il «jihad sessuale» molte musulmane dal Regno Unito e dall'Australia. Ovviamente, la maggior parte dei volontari che stanno arrivando sono uomini che vengono a combattere. Dopo il macello di James Foley ora gli Stati Uniti sono sconvolti dalla storia di Douglas McArthur McCain: un 33enne afro-americano di San Diego, California, col nome del generale della Seconda Guerra mondiale e il cognome dell’eroe del Vietnam candidato repubblicano nel 2008, che dopo alcuni precedenti per droga e piccola criminalità si è convertito all’Islam, è andato in Siria ed è morto in combattimento domenica proprio nelle file dell’Isis. Nel frattempo, secondo il New York Times Obama starebbe per autorizzare raid aerei e lanci di generi di prima necessità intorno alla città di Amerli, nel nord dell' Iraq, dove vive una numerosa minoranza turcomanna sotto assedio da due mesi. Ma in Siria la strategia è ancora quella di rafforzare l'opposizione anti-Assad moderata. Per inviare la propria opinione a Stampa e Libero telefonare lettere@lastampa.it lettere@liberoquotidiano.it |
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