Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 03/02/2012, a pag. 17, l'articolo di Moni Ovadia dal titolo "Antisemita a chi? Se la destra gioca sporco sulla Shoah". Da VANITY FAIR, a pag. 20, l'articolo di Gad Lerner dal titolo " Quando un naso non basta a dire: antisemitismo ".
Gad Lerner definisce chi ha disegnato la vignetta a destra come un qualcuno dalla 'onorabilità indiscussa'.
Sentenza Caldarola, continuano le polemiche. Moni Ovadia, con il solito livore anti israeliano, attacca Fiamma Nirenstein sostenendo che la vignetta non era antisemita e, anzi, conclude l'articolo con la consueta tirata che rivela in pieno la sua ideologia del '>partito unico e chi non gli appartiene è un fascista< e anti israeliana, altra litania del Moni, "Personalmente sono grato a Vauro per avere denunciato con la folgorante sintesi che gli è propria il marasma di stereotipi che sostiene il mediocre polverone propagandistico della nostra patetica destra «filoisraeliana» & Co.". Meno virulento Gad Lerner, che, però, non vede antisemitismo della vignetta di Vauro. Anzi, rivanga vecchi ricordi di presunte vignette antisemite su di lui disegnate da Forattini. Ma allora, Lerner, era stato più maturo di Nirenstein e aveva lasciato stare, non aveva sollevato nessun polverone. E in un finale alla 'vogliamoci tutti bene', chiede a Vauro di non accettare i 25.000€ da Caldarola, come se questo servisse a cancellare il fatto che, in Italia, la libertà di opinione ed espressione è solo a senso unico. Aggiungiamo che la molla che ha spinto Vauro - ma anche la posizione di Lerner- ad attaccare Fiamma Nirenstein è motivata dalla apparteneza di Fiamma al partito di Berlusconi, secondo la linea che contraddistingue la filosofia del partito unico. Chi non è con me ha sempre e comunque torto, la democrazia non sanno nemmeno che cosa sia. Gli manca il partito unico, non si sono aggiornati, quel tempo è finito, ringrazino di non essere vissuti nel paradiso dei lavoratori quando infuriavano le purghe. Ecco i due pezzi:
L'UNITA' - Moni Ovadia : " Antisemita a chi? Se la destra gioca sporco sulla Shoah "
Moni Ovadia
Vi è mai capitato di sentirvi dare dell’antisemita? A Vauro è capitato. A me, ebreo che ha dedicato una parte significativa della propria vita al pensiero ebraico e ai suoi valori, è capitato. Mi è capitato anche di sentirmi dare del nemico del popolo ebraico solo per aver espresso opinioni aspramente critiche nei confronti del governo israeliano per la politica di occupazione e di colonizzazione delle terre palestinesi. Avete idea di come ci si possa sentire? Forse voi non lo sapete ma io sì, non solo e non tanto perché sono ebreo, ma perché, come Vauro, in ogni fibra del mio corpo e della mia mente, esprimo ripulsa per qualsivoglia forma di razzismo o di xenofobia. Per questa ragione so come si deve essere sentito Vauro quando si è sentito infamare con l’accusa di essere antisemita. L’accusa è nata a scoppio ritardato a seguito di una vignetta in cui il mirabile disegnatore ritraeva una nota giornalista e parlamentare italiana ebrea, Fiamma Nierenstein, come una specie di Frankenstein fricchettona in gonnella, con un abitino stazzonato su cui esibisce alcuni badge di partiti politici - e specificamente Pdl e Forza Nuova - e una stella di Davide. La vignetta intendeva stigmatizzare la disinvoltura strumentale con cui la Nierenstein, a ogni pié sospinto, offre il suo sostegno totale e acritico al governo israeliano in carica, pavesandosi talora con la bandiera dello Stato d’Israele su cui campeggia la stella a sei punte in occasione delle manifestazioni pro Nethanyahu (surrettiziamente definite pro Israele) e trovando contemporaneamente naturale, aderire ad alleanze politiche che comprendono partiti neofascisti e neonazisti. Tutto qui. Le vignette di Vauro sono giustamente feroci, così deve essere la grande satira, ma per sostenere che quella vignetta avesse intenzioni antisemite, antiebraiche o anti israeliane tout court, bisogna essere profondamente in malafede. Il linguaggio della vignetta è trasparente e prende di mira, insieme alla signora Nierenstein, tutti coloro che fanno dell’ebraismo o delle simpatie filosemite un’ideologia politica che mira ad accreditare le destre berlusconiana e post fascista come i veri amici degli ebrei. Comunque, qualora Fiamma Nierenstein si fosse sentita autenticamente oggetto di un’aggressione antisemita - reato odioso e ripugnante - avrebbe dovuto citare Vauro in giudizio. Tuttavia, farlo sarebbe stato troppo rischioso vista la totale inconsistenza dell’addebito. Meglio cogliere la palla al balzo per dare nuova linfa al proprio furore ideologico. Un’ideologia politica che mira a separare la persecuzione degli ebrei dagli altri crimini del fascismo e che prende le distanze dai valori della Resistenza antifascista. L’intento ultimo è quello di criminalizzare la sinistra in quanto tale, di attribuirle pulsioni antiebraiche ed antisioniste e imprimere il marchio di antisemita su qualsiasi vero oppositore del governo israeliano. Vauro è stato sottoposto ad un fuoco di fila di calunnie vergate anche da penne “indipendenti” perché è di sinistra e perché è antifascista ma soprattutto perché, agli occhi di tutti i sostenitori del governo ultrareazionario e pararazzista di Netanyahu e di Lieberman, ha commesso la grave colpa di aderire alla Freedom Flottilla con lo scopo sostenere i sacrosanti diritti del popolo palestinese. Fra i calunniatori di Vauro si è distinto per zelo interpretativo Giuseppe Caldarola che, sul quotidiano il Riformista, lo ha accusato di avere definito nella sua vignetta Fiamma Nierenstein «una sporca ebrea». Vauro ha risposto all’infamante accusa con una denuncia per diffamazione contro Caldarola. Il tribunale ha dato ragione a Vauro condannando Caldarola al pagamento di una penale di 25000 euro per diffamazione aggravata. A questo punto apriti cielo! Si è scatenata sulla stampa e sulla rete un ondata di grottesco vittimismo contro il vignettista. Da molti anni è in corso una perniciosa campagna ideologica che fa un uso strumentale, capzioso e persino mercantile, della Memoria e della Shoah. Esiste ormai una ricca letteratura che denuncia questa micidiale deriva e se non verrà arrestata con un grande sforzo di onestà intellettuale e di coraggio anticonformista, la memoria si trasformerà in culto della falsa coscienza e della banalità retorica. L’insulto di «antisemita» diventerà meno grave di «sciocchino». Personalmente sono grato a Vauro per avere denunciato con la folgorante sintesi che gli è propria il marasma di stereotipi che sostiene il mediocre polverone propagandistico della nostra patetica destra «filoisraeliana» & Co.
VANITY FAIR - Gad Lerner : " Quando un naso non basta a dire: antisemitismo"
Gad Lerner
Non avevo nessuna voglia di scriverlo, questo articolo: un battibecco fra soliti noti, una tempesta in un bicchier d'acqua, una spirale interminabile di polemiche. Poi c'è quella insistenza sul naso adunco, capirete bene, col profilo caprino che mi ritrovo (a scanso di equivoci, è una citazione del poeta di maternità ebraica Umberto Saba, «in una capra dal viso semita»)... Ma provateci voi a ricevere una dopo l'altra le telefonate di un Vauro tetro e costernato che ti ripete: «Hai letto, Gad? Mi danno dell'antisemita, è l'offesa più schifosa che si possa rivolgere a uno come me. Peppino Caldarola l'ho querelato ed è stato condannato a una multa di 25 mila euro perché mi ha attribuito falsamente quella frase velenosa, "sporca ebrea", mai rivolta a Fiamma Nirenstein, e che io neppure potrei concepire. Ma loro insistono, sui giornali figura come vittima il Caldarola che mi ha appiccicato parole infamanti, perseguitato da me e dal giudice che ne ha certificato l'invenzione». Per chi non lo sapesse, tutto comincia da una vignetta in cui Vauro mette in ridicolo la contraddizione di, testuale, «Fiamma Frankenstein», cioè della Nirenstein che ha deciso di candidarsi al Parlamento nel Pdl, partito in cui militano anche persone di estrema destra come Alessandra Mussolini e Giuseppe Ciarrapico (quest'ultimo nostalgico antisemita per davvero). La disegna col suo profilo corredato da simboli che, affiancati, stridono e fanno male: la stella di Davide e il fascio, oltre allo stemma del Pdl. Se ne poteva opinare il gusto e l'umorismo carogna. Invece, apriti cielo: l'interessata per prima grida all'antisemitismo, come dimostrerebbe il naso attribuitole da Vauro. Sono sempre stato dell'idea che un'accusa così grave andrebbe soppesata con cautela, evitandone l'abuso. Ricordo la volta in cui il rabbino capo di Torino mi sollecitò a protestare contro Forattini che mi aveva disegnato, secondo lui, col tipico naso adunco dell'iconografia fascista. La vignetta era cattiva, ma pregai il rabbino di lasciar perdere: in fondo si trattava del mio naso. Imperfetto, ne convengo, ma noi ci conviviamo volentieri da generazioni (senza generalizzare: conosco pure ebrei col nasino all'insù). Forattini mi sta antipatico, però, se avessi scritto che mi dava dello «sporco ebreo», a buon diritto lui si sarebbe potuto offendere. Siccome il destino è beffardo, la Nirenstein ha voluto ribadire la sua accusa di antisemitismo a Vauro sul Giornale diretto da Alessandro Sallusti proprio lo stesso giorno in cui quest'ultimo sparava in prima pagina il titolo: Lettera ai tedeschi. A noi Schettino, a voi Auschwitz. In un demenziale impeto patriottico, Sallusti scaraventava addosso al sito Internet del settimanale tedesco Der Spie-gel, colpevole di una sgradevole satira antitaliana, niente meno che i sei milioni di morti della Shoah. Per giunta, negando la corresponsabilità del fascismo italiano nella persecuzione degli ebrei. Sfortunata, la Fiamma, ma non per questo le darò della «Frankenstein». Mi limito a consigliarle maggior parsimonia nel dispensare marchi d'infamia mortificanti nei confronti degli avversari politici come Vauro. Ce n'è già abbastanza in giro di antisemitismo, e più in generale di odio razziale rivolto contro altri popoli e altre fedi religiose, senza bisogno di inventarsi pure un Vauro che dà della «sporca ebrea» a chicchessia. Se poi quest'ultimo, il Vauro, si accontentasse della sentenza che ne riconferma l'onorabilità indiscussa, e rinunciasse ai soldi di Caldarola, avremmo fatto bingo.
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