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Il Giornale - L'Opinione - Il Manifesto - Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
20.04.2011 Omofobia, il possibile movente dell'assassinio di Vittorio Arrigoni
Ma il quotidiano comunista incolpa Israele. Cronache di Francesco De Remigis, Dimitri Buffa, Michelangelo Cocco, Luciano Scalettari

Testata:Il Giornale - L'Opinione - Il Manifesto - Famiglia Cristiana
Autore: Francesco De Remigis - Dimitri Buffa - Michelangelo Cocco - Luciano Scalettari
Titolo: «Spunta la pista omofoba per l’omicidio di Vik. E Hamas fa fuori i killer - Arrigoni, ucciso da Hamas con messinscena finale - Suicida il capo dei rapitori - Restiamo umani»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 20/04/2011, a pag. 12, l'articolo di Francesco De Remigis dal titolo " Spunta la pista omofoba per l’omicidio di Vik. E Hamas fa fuori i killer ". Dall'OPINIONE, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Arrigoni, ucciso da Hamas con messinscena finale ". Dal MANIFESTO, a pag. 7, l'articolo di Michelangelo Cocco dal titolo " Suicida il capo dei rapitori ", preceduto dal nostro commento. Da FAMIGLIA CRISTIANA l'articolo di Luciano Scalettari dal titolo " Restiamo umani ", preceduto dal nostro commento. Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Francesco De Remigis : " Spunta la pista omofoba per l’omicidio di Vik. E Hamas fa fuori i killer " 


Vittorio Arrigoni

Mentre la diplo­m­azia italiana cerca di assicu­rare il miglior trattamento possibile alla salma di Vitto­rio Arrigoni, a Gaza spunta una pista finora considerata tabù. Che potrebbe far luce su un’uccisione così misterio­sa. Tutte le voci sono state pre­se in considerazione. Tranne una, che invece circola con in­sistenza tra i cooperanti. Una vendetta generata dall’omo­fobia degli islamisti, dilagan­te nella Striscia, finita nel san­gue di un italiano e avvolta nel mistero. Troppo scomo­da per essere sollevata. L’ipo­tesi è arrivata fino a Gerusa­lemme e anche in Italia, confi­n­ata nelle stanze di alcune as­sociazioni omosessuali, do­ve se ne parla e ci si interroga. Arrigoni aveva potuto assu­mere atteggiamenti che lo avrebbero accomunato al­l’ambito gay? Non necessa­riamente.
Forse è bastato aver espresso qualche opinio­ne di fronte alle persone sba­gliate. Come la volta che ave­v­a accusato di omofobia un si­to filo israeliano. Una posizio­ne che certamente non l’avrebbe reso popolare pres­so gli estremisti della Striscia. Quella frase pronunciata dai salafiti, l’accusa di intro­durre «vizi occidentali a Ga­za » ha fatto scattare nuovi dubbi rispetto alle ipotesi messe in campo finora: dal commando di schegge im­pazzite fuoriuscite dal brac­cio armato di Hamas, le briga­te al Qassam, al complotto della Cia e di Israele. Ora si ri­torna al punto di partenza. Come in un gioco dell’oca da cui non si sa come uscire.
La Striscia di Gaza rimane un’area di crisi dove perfino chi la governa, le autorità di Hamas, fa fatica a dimostrare la propria forza senza suscita­re dubbi. Ieri c’è stato un blitz nel campo profughi di Nusei­rat contro la cellula integrali­sta salafita sospettata di aver rapito Arrigoni. L’operazio­ne, firmata Hamas, si è con­clusa con la morte di due dei ricercati. Proprio quello che alcune associazioni temeva­no: una rapida esecuzione de­gli assassini così rapida da seppellire per sempre la veri­tà sulla morte di «Vik».
Tra i salafiti deceduti c’è un terrorista con passaporto giordano, Abdel Rahman al Barizat, noto alle autorità an­che con un altro nome di bat­taglia, Mohammed Hassan. Secondo l’agenzia Maav, si sarebbe fatto esplodere per evitare la cattura. Ma in un contesto in cui Hamas diven­ta sempre più ambigua nel diffondere notizie, e perde uomini nella guerra interna alla Striscia tra il movimento islamico e i gruppi salafiti, di­venta difficile parlare di veri­tà. Nel blitz di ieri sarebbero rimasti feriti anche dei poli­ziotti. Anche qui siamo nel campo delle ipotesi. Si ha l'impressione che qualcosa non torni. Ascoltate i due ar­restati prima che li uccidano, avevano scritto in un appello i tre responsabili del gruppo di cooperazione internazio­nale per i diritti umani Eve­ryOne Group, rivolgendosi al­le autorit italiane, alla Com­missione europea e alle Na­zioni Unite. Per il caso Arrigo­ni risultano già in carcere due salafiti palestinesi, che ora sembrano l’unica speranza per capire perché il cooperan­te italiano sia stato ucciso in quel modo.
Perché si parla di tante pi­ste e non di quella dell’omofo­bia? «Vogliamo la verità sulla morte di Vittorio Arrigoni», una frase che ricorre anche in alcuni blog, riconducibili ai movimenti omosex, dove la voce dell’assassinio per omo­fobia circola già da venerdì. E ora si fa largo con più insisten­za. Ma tolto di mezzo il pre­sunto mandante col blitz di ie­ri, forse la verità non si saprà mai. Certo, se questo moven­­te fosse confermato, l’assassi­no di Arrigoni assumerebbe contorni ancora più tragici, quelli di una barbarie inaccet­tabile e oscurantista. L’ulti­ma b­effa per chi aveva dedica­to la sua vita ad aiutare la gen­te di Gaza.

L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Arrigoni, ucciso da Hamas con messinscena finale "


Dimitri Buffa

Altro che Mossad. Quando questa brutta storia dell’omicidio del povero volontario pacifista Vittorio Arrigoni sarà chiusa la verità che verrà fuori parlerà di tradimenti e di messinscene. Con la regia di capi clan e di terroristi di Hamas che Arrigoni aveva iniziato ad avversare, standosene a Gaza nell’ufficio di Haniyeh e contemporaneamente appoggiando il movimento e il manifesto dei giovani della Striscia che aveva un titolo “Fuck Hamas- Fuck Israel- Fuck Onu – Fuck Unrwa – Fuck Europe”, che più esplicito non poteva essere. E di cui svariati giornali tra cui “L’opinione” avevano dato già conto. Ebbene adesso si scopre che Arrigoni in due suoi articoli recentissimi (http://guerrillaradio.iobloggo.com/2017/il-manifesto-gybo-dei-giovani-di-gaza  e http://guerrillaradio.iobloggo.com/2051/il-15-marzo-esplode-la-rivoluzione-palestinese ) aveva preso le parti di quei giovani che nel loro manifesto scrivono tra l’altro di “non poterne più di stronzate religiose”, denunciando la repressione, le incarcerazioni e le torture da essi subite durante e dopo le manifestazione tenutesi in concomitanza con l’esplosione della piazza Tahrir al Cairo. Arrigoni sempre più spesso parlava di una gioventù intrappolata non più solo dalla “odiata Israele” ma anche dai capi bastone del fondamentalismo islamico interno. Inoltre per questi articoli si era attirato le ire e il “fuoco amico” del Camo Antiimperialista che accusava Arrigoni di avere preso posizioni anti Hamas. Arrigoni aveva anche risposto, a modo suo (http://guerrillaradio.iobloggo.com/2051/il-15-marzo-esplode-la-rivoluzione-palestinese ), a quelli del Campo antiimperialista. Così: “Sul Campo Antimperialista recentemente crescono solo sòle, pascolano mandrie di bufale in calore. Difficile che sia solo ignoranza, mi rifiuto di credere sia tutta disonestà. Tre articoli nel giro di un mese per calunniarmi e denigrare il movimento dei giovani palestinese che nella Striscia si sono alzati in piedi per invocare un cambiamento.” Poi Arrigoni esaminava le accuse a lui mossegli: “Veniamo al primo articolo a firma della redazione del Campo: datato 2 febbraio, dal titolo eloquente “Vaffanculo a chi?” ( http://www.campoantimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1373:vaffanculo-a-chi&catid=5:terra-di-palestina-cat&Itemid=13 ) Nel pezzo ci si chiede chi rappresenta il manifesto “di una presunta strisciante protesta dei giovani di Gaza contro Hamas”, mentre ad una lettura non distratta del documento GYBO, è chiaro che non di attacco esclusivo e diretto ad Hamas si tratta.” In parole povere il Campo Antiimperialista diffondeva su internet un documento in cui accusava Arrigoni di attaccare deliberatamente Hamas. Prosegue così poi il ragionamento di quello che adesso molti ipocriti chiamano “Vik”, ma che fino a ieri denigravano e indicavano ai suoi futuri carnefici come un possibile traditore: “Successivamente il Campo accusa i GYBO di mettere “sullo stesso piano l’assediante israeliano e le autorità che in una situazione tremenda, unica al mondo, amministrano Gaza”..La terza bufala nell'arco di poche righe sta nell'assoluta certezza che la voce dei GYBO sia solo una sparuta minoranza. Scrive la redazione: “Se questo cosiddetto manifesto rappresenta i giovani di Gaza c’è da mettersi le mani sui capelli. Per fortuna non è così.”A vedere cosa sono riusciti a metter su in poche settimane questi ragazzi, e’ probabile per il 15 marzo una epidemia di alopecie psicogene fra i redattori del Campo.” “Infine – scriveva ancora Arrigoni - la perla di questo pezzo quando si mette in dubbio l'autenticità’ del manifesto:“ “a noi sono sorti fortissimi dubbi sull’autenticità di questo Manifesto, che sembra uscito, non da Gaza, ma da qualche smandrappata riunione no-global italiana. Al di là del contenuto, ripetiamo, inaccettabile, colpisce lo stile occidentalissimo, anzi italianissimo del testo. La scrittura infarcita di così tante parolacce e improperie che chi conosce solo un po’ lo stile linguistico arabo e gli standard comunicativi arabi, stenta a credere che sia farina del sacco di giovani palestinesi.” “In questo paragrafo ancora una volta la redazione del Campo dimostra- ironizzava Atrrigoni - di non sapere assolutamente di cosa scrive, infatti il testo dei GYBO e’ notoriamente stato redatto in inglese e non in arabo, perché’ destinato a circolare fuori dalla Palestina. Poi dall’inglese è stato tradotto nelle varie lingue, fra le quali l’italiano. (Mi rifiuto di credere che si pensi a Gaza i ragazzi non studino e parlino correttamente l’idioma di Albione)…C'è ancora un attacco verso di me, dipinto come il perfetto idiota reo di “aver preso una classica cantonata”, e vale a dire non aver compreso che il movimento GYBO (a detta loro) si tratti di uomini di al-Fatah…” Fin qui le parole di Arrigoni. Ieri “The front page” ha anche pubblicato un documento riservato di denuncia di alcuni di questi “misguided” attivisti pro Hamas che si trovano a Gaza in cui si parla di stupri etnici e di altri omicidi perpetrati ai loro danni dai miliziani del movimento di Haniyeh. Non sarà la pistola fumante, ma a livello di movente ce ne è abbastanza per pensare che dietro l’omicidio di Arrigoni ci sia proprio Hamas che probabilmente ha orchestrato una messinscena inventandosi un gruppo salafita dissidente su cui far ricadere la colpa. Ora il cerchio si chiuderà con la probabile impiccagione dei capri espiatori e i sostentori di Arrigoni, quelli in buona fede e quelli che non lo sono, si consoleranno con il fatto che la sua bara non è passata dall’aereoporto di Tel Aviv per rientrare in Italia.

Il MANIFESTO - Michelangelo Cocco : " Suicida il capo dei rapitori "


Michelangelo Cocco

C'è qualcosa che non torna nell'omicidio di Vittorio Arrigoni, se ne sono accorti persino alla redazione del quotidiano di Rocca Cannuccia.
Cocco scrive : "
Non convince pienamente in particolare la teoria della «cellula impazzita»(...) l’uccisione del pacifista e nostro collaboratore, è stata sconfessata dagli altri gruppi salafiti. E soprattutto non è affatto chiaro - e speriamo che siano le indagini di Hamas a chiarirlo e che il governo italiano eserciti pressioni in questa direzione - perché la «cellula impazzita» abbia scelto come obiettivo di un sequestro che - per le modalità con cui è stato portato avanti - appare più che altro un’esecuzione, Vittorio Arrigoni, che si batteva apertamente contro le politiche del governo israeliano ed era particolarmente popolare proprio tra i palestinesi più umili: pescatori e raccoglitori di prezzemolo il cui lavoro e le cui vite sono messe a repentaglio quotidianamente dai soldati israeliani. ". La storia della cellula salafita convince poco, ma la soluzione proposta tra le righe da Cocco è talmente assurda che poteva trovare spazio solo sulle pagine del quotidiano comunista...non sarà che c'è Israele dietro? Eravamo curiosi di sapere quando Il Manifesto avrebbe elaborato questa teoria complottistica, ci sono voluti diversi giorni, ci eravamo quasi illusi di non leggerla, ma il quotidiano comunista non delude mai, da questo punto di vista.
Consigliamo a Cocco la lettura degli articoli di Francesco De Remigis e Dimitri Buffa pubblicati in questa pagina, chissà che non gli suggeriscano degli spunti di riflessione che lo facciano giungere a delle conclusioni più veritiere, basate su fatti concreti e non illazioni dettate dal pregiudizio antisemita.
Ecco l'articolo:

Si è conclusa con un assedio e una battaglia conmorti e feriti l’operazione lanciata ieri a Gaza dalle forze di sicurezza di Hamas per catturare i salafiti ritenuti responsabili del sequestro e della barbara uccisione di Vittorio Arrigoni. Al termine della sparatoria sono rimasti uccisi Abdul Rahman (il giordano considerato l’ideatore del rapimento), un altro sospettato e feriti alcuni membri di Hamas. Teatro dello scontro la periferia occidentale del campo di Nuseirat (nel centro della Striscia) dove dal 1949 vivono ammassati oltre 60.000 profughi palestinesi. Gli islamisti che governano Gaza avevano scatenato una caccia all’uomo su vasta scala, sigillando Nuseirat per l’accesso ai giornalisti e la fuga dei ricercati, di cui l’altro ieri erano state distribuite tra la popolazione le foto segnaletiche. Secondo la versione fornita dal ministero degli interni, le forze di sicurezza di Hamas hanno prima provato a intavolare una trattativa con i salafiti, che si erano asserragliati in un appartamento di Nuseirat. Al rifiuto di arrendersi consegnandosi alle forze di sicurezza, sarebbe scattato il blitz. Dopo aver sparato agli uomini diHamas, il giordano avrebbe prima lanciato una granata, uccidendo uno dei suoi uomini, e poi si sarebbe suicidato, sparandosi. Morto anche Bilal al-Omari, per le ferite riportate dall’esplosione. Unico sopravvissuto Mohammad Salfiti. L’uccisione dell’attivista italiano ha messo Hamas in grande difficoltà. La «bomba salafita», il proliferare di piccoli gruppi ultra islamisti che si oppongono al governo di Ismail Hanyeh - giudicato troppo moderato sia nell’applicazione della legge islamica all’interno della Striscia che nello scontro con Israele - gli è esplosa sotto gli occhi cogliendola impreparata e colpendo un amico della causa palestinese molto popolare a Gaza come Arrigoni. Da Irbid, nel nord della Giordania, Mohmmad Bereizt, padre di quell’Abdul Rahman indicato come la «mente» del sequestro, ha raccontato ieri che il figlio, aveva studiato ingegneria nel paese natale e, dopo aver vinto un concorso, era partito per Gaza per studiare sharia. Dunque si tratterebbe di un cittadino «straniero» (il 60% dei giordani è di origine palestinese) ammesso nella Striscia dalle autorità di Hamas. Imbarazzante è anche la circostanza che un paio dei rapitori arrestati nei giorni scorsi sono risultati a libro paga di Hamas. E soprattutto i servizi di sicurezza del governo di Gaza non si sono accorti che tante persone stavano organizzando il rapimento (o forse, per come è stato condotto il sequestro sarebbe meglio dire «l’uccisione») di Vittorio Arrigoni. Restano i punti oscuri del tragico epilogo dell’esistenza di un 36enne che aveva scelto di dedicare ai palestinesi di Gaza - ultimi tra gli ultimi - il suo impegno umanitario e politico: prestando loro soccorso sotto le bombe israeliane sulle ambulanze della Mezzaluna rossa e organizzando le Freedom flotilla (la partenza della prossima è prevista, dall’Italia, per la seconda metà di maggio) che provano a rompere l’assedio criminale contro un milione emezzo di persone a cui Tel Aviv, col silenzio complice della Comunità internazionale, ha condannato i palestinesi di Gaza. Non convince pienamente in particolare la teoria della «cellula impazzita»: un gruppo fuori controllo che utilizzando il nome di una formazione più strutturata (Tawid wal Jihad, Monoteismo e guerra santa) avrebbe pianificato il rapimento di Arrigoni e, subito dopo l’uccisione del pacifista e nostro collaboratore, è stata sconfessata dagli altri gruppi salafiti. E soprattutto non è affatto chiaro - e speriamo che siano le indagini di Hamas a chiarirlo e che il governo italiano eserciti pressioni in questa direzione - perché la «cellula impazzita» abbia scelto come obiettivo di un sequestro che - per le modalità con cui è stato portato avanti - appare più che altro un’esecuzione, Vittorio Arrigoni, che si batteva apertamente contro le politiche del governo israeliano ed era particolarmente popolare proprio tra i palestinesi più umili: pescatori e raccoglitori di prezzemolo il cui lavoro e le cui vite sono messe a repentaglio quotidianamente dai soldati israeliani.

FAMIGLIA CRISTIANA - Luciano Scalettari : " Restiamo umani " 


Luciano Scalettari

Dopo l’assassinio di Vittorio Arrigoni da parte di terroristi islamici  la stampa italiana si è schierata quasi unanime nella “santificazione” di un uomo che ha fatto una scelta di vita: è diventato un militante filopalestinese chiudendo occhi e orecchie dinanzi ai missili che colpiscono incessantemente le abitazioni israeliane, alle famiglie intere sterminate da terroristi palestinesi, alle violenze che i civili israeliani continuano a subire da parte dei suoi devoti amici di Hamas: un gruppo terrorista che ha preso il potere a Gaza con un colpo di mano militare, che non ha ancora riconosciuto lo stato d’Israele e anzi nello statuto del movimento è esplicitato l’intento di distruggere lo stato ebraico.
Arrigoni non è un pacifista. Ha scelto di schierarsi con i palestinesi senza se e senza ma, incurante delle violenze, della corruzione, delle vessazioni perpetrate da Hamas nei confronti del suo popolo.
Il settimanale cattolico da sempre filopalestinese ribadisce in questo articolo, estremamente fazioso, le sue posizioni, interpellando sacerdoti e volontari tutti convinti assertori della santità di Arrigoni. Di quanto Israele sta facendo per alleviare le sofferenze della popolazione di Gaza e dei medici israeliani che accolgono e curano nei loro ospedali i bambini palestinesi non si fa cenno.
Con buona pace dell’obiettività e della correttezza dell’informazione.

Ecco l'articolo:

Vittorio Arrigoni da tre anni viveva a Gaza per denunciare le violenze subite dai civili palestinesi. Ha pagato con la vita la violenza che aveva sempre combattuto.

Vittorio Arrigoni, l'attivista filo-palestinese italiano rapito e ucciso il 14 aprile a Gaza city.
«Restiamo umani». Chiudeva ogni reportage, video, o collegamento audio così, con quello che era diventato il suo saluto. Vittorio Arrigoni, semplicemente Vik per gli amici e per i lettori del blog, è stato sequestrato il 14 aprile a Gaza City da un gruppo di estremisti e giustiziato poche ore dopo. Da tre anni viveva a Gaza. Non vi era più uscito nel timore di poter rientrare, perché già in passato era stato più volte bloccato e rispedito indietro dalle autorità israeliane.
Vittorio, 36 anni, faceva parte di International Solidarity Movement (Ism), un’organizzazione che si propone di fare interposizione non violenta fra l’esercito israeliano e i civili di Gaza. Gli attivisti dell’Ism si pongono di fatto come scudi umani a protezione dei contadini, dei lavoratori e dei pescatori palestinesi per proteggerli dalle aggressioni dei soldati israeliani, specie lungo i confini della Striscia di Gaza.
Vittorio faceva questo da tre anni, documentando puntigliosamente con la telecamera le intimidazioni e le violenze subite dai civili (molti video sono disponibili su YouTube). Per questa sua attività era stato ferito e per due volte arrestato e picchiato dai militari israeliani. All’epoca dell’ultimo attacco israeliano a Gaza, l’“Operazione Piombo fuso”, Arrigoni aveva raccontato giorno per giorno quanto stava accadendo in una serie di reportage pubblicati da il Manifesto, e raccolti poi nel libro intitolato “Restiamo umani”.

Il rapimento (annunciato attraverso un filmato dove si vede Vittorio bendato, insanguinato e pieno di lividi) e l’omicidio, però, sono stati rivendicati dalla “Brigata Mohammed Bin Moslama”, gruppo estremista islamico vicino ad Al Qaeda.

Molte le reazioni alla notizia dell’assassinio. Specie dal mondo cattolico, non violento e pacifista. «L’assurda e atroce uccisione di Vittorio Arrigoni ci lascia sgomenti», dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. «Per alcuni era un pazzo, per altri un estremista, per altri ancora un eroe, un sognatore, un idealista. Per noi era un uomo buono e generoso. Di fronte alla guerra e all’ingiustizia che sta violentando il mondo, Vittorio Arrigoni aveva messo in gioco la sua vita e l’ha persa. L’aveva fatto per reagire alla tanta, troppa indifferenza che circonda tante tragedie umane come quella dei palestinesi di Gaza. L’aveva fatto per rompere il silenzio complice di tanta informazione e “l'imperdonabile assopimento della coscienza civile”. È amaro dirlo oggi ma mentre Vittorio ha perso la sua vita in un giorno, molti altri, prigionieri del cinismo e dell’egoismo, la perdono tutti i giorni».

«Nessuno si permetta di utilizzare il suo assassinio per spargere altro odio e altra violenza contro questo o contro quello», aggiunge Lotti. «Vittorio non ha mai voluto far del male a nessuno. Nessuno strumentalizzi la sua morte. Con Vittorio si spenge una voce. Una voce chiara, sincera e diretta. Facciamo in modo che non si spenga anche la voce degli oltre 750.000 bambini che vivono prigionieri della Striscia di Gaza insieme ai loro genitori. Prima ci pensava Vittorio, ora ci dobbiamo pensare noi». E proprio a Vittorio Arrigoni la Tavola della Pace ha deciso di dedicare il 29° Seminario nazionale, la “tre giorni", che si apre il 15 aprile, ad Assisi. 

Anche Pax Christi è intervenuta con un comunicato: «Anche a noi di Pax Christi mancherà la tua “bocca-scucita” che irrompeva in sala, al telefono, quando, durante qualche incontro qui in Italia, nelle città e nelle parrocchie dove si ha ancora il coraggio di raccontare l'occupazione della Palestina e l'inferno di Gaza, denunciavi e ripetevi: “restiamo umani!” Tu quell'inferno lo raccontavi con la tua vita. 24 ore su 24. Perché eri lì. E vedevi, sentivi, vivevi con loro. Vedevi crimini che a noi nessuno raccontava. E restavi con loro», scrive Don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia. «Abbracciamo Maria Elena, la tua famiglia e vorremmo sussurrare loro che la tua è stata una vita piena perché donata ai fratelli e che tutto l'amore che hai saputo testimoniare rimarrà saldo e forte come la voglia di vivere dei bambini di Gaza. Ci inchiniamo a te, Vittorio. Ora sappiamo che i martiri sono purtroppo e semplicemente quelli che non smettono di amare mai, costi quel che costi».

Don Capovilla ricorda la motivazione che Vittorio ripeteva riguardo alla sua scelta di rimanere a Gaza nonostante tutti i rischi: “Non ce ne andiamo, perché riteniamo essenziale la nostra presenza di testimoni oculari dei crimini contro l’inerme popolazione civile ora per ora, minuto per minuto”.
Eugenio Melandri, coordinatore di “Chiama l’Africa”, sottolinea che «Vittorio ci ha insegnato e trasmesso la passione per i più sfruttati, per le situazioni dove i diritti umani sono calpestati. Non solo in Palestina. Vittorio è stato fra gli osservatori alle elezioni nella Repubblica democratica del Congo. Quasi volesse sempre scendere nei buchi più disumani della storia. Per raccontare, certo, ma soprattutto per stare accanto, per vivere concretamente la solidarietà».

«Mi pare», conclude, «che debba essere annoverato fra coloro che, pur di difendere sempre e comunque i diritti offesi, è stato disposto a donare la vita». 

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