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Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/04/2010, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Italiani, smentita la 'confessione'. Forse saranno trasferiti a Kabul ", a pag. 1-9, l'articolo di Franco Venturini dal titolo " Garantisti sempre ", preceduto dal nostro commento, a pag. 8, l'articolo di Andrea Nicastro dal titolo " Dopo l’addio di Sequi hanno trovato il modo di colpire il nostro Paese ", preceduto dal nostro commento. Dal FOGLIO, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Così Strada, assolutizzando le vittime, ha reso un favore ai carnefici ". Dal GIORNALE, a pag. 2, l'articolo di Giancarlo Perna dal titolo " Strada, il pacifista sempre in guerra contro l’Occidente ". Ecco gli articoli: CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Italiani, smentita la 'confessione'. Forse saranno trasferiti a Kabul " ROMA— I tre volontari italiani arrestati la settimana scorsa dal servizio segreto afghano Nds nell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah potrebbero essere trasferiti, presto, dalla provincia meridionale dell’Helmand in una città nella quale esiste un pari grado di un nostro procuratore della Repubblica. Forse a Kabul, forse altrove. Sarebbe un segno che la procedura giudiziaria va avanti, anche se non si esclude che la detenzione del chirurgo Marco Garatti, dell’infermiere Matteo Dell’Aira e del logista Matteo Pagani possa durare settimane prima di imputazioni formali. La situazione dei tre, accusati dal governatorato dell’Helmand di un complotto con altre sei arrestati per uccidere il governatore con due pistole e due cinture esplosive sequestrate nell’ospedale, resta per niente serena benché la giornata di ieri abbia ridimensionato le potenziali imputazioni. Daoud Ahmadi, il portavoce del governatore Gulabuddin Mangal, al quale il « Times » on line aveva attribuito di aver dichiarato che i nove hanno confessato e che avevano legami con terroristi, ha precisato: «Mi ha citato in modo sbagliato, soprattutto per il riferimento di un legame tra gli italiani e al Qaeda». Allo stesso tempo, non ha trovato conferma la notizia, circolata domenica sui mezzi informazione, secondo la quale ai tre era stata addebitata l’uccisione dell’interprete rapito con il giornalista Daniele Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi. Soffi di un vento di voci che sembra puntare a gettare, comunque, un’aria di perfidia su un ospedale disposto a curare anche talebani, sgradito a servizi segreti, governo centrale e ad altri. L’autore del servizio del Times ha ribadito che le parole riportate erano del portavoce: «Dette due volte». All’ambasciatore d’Italia Claudio Glaentzer ieri è stata negata una seconda visita ai detenuti. La Farnesina in ogni caso ha fatto sapere di aver ricevuto «rassicurazioni» secondo le quali le condizioni dei connazionali «sono buone». Il ministro degli Esteri Franco Frattini, al quale Emergency e forze dell’opposizione addebitano le prese di distanze dagli italiani arrestati, ha voluto annunciare da Porta a Porta che, su sua richiesta al governo afghano, quattro italiane in servizio nell’ospedale non sono più soggette a divieto di partire per l’estero. Torneranno in Italia. A differenza dei tre, arrestati quando hanno raggiunto l’ospedale dopo aver saputo che era in corso una perquisizione, le quattro erano rimaste a casa. Gli agenti del Nds, National directorate of security, hanno portato via un loro computer portatile e uno da tavolo. Ad Emergency giudicano gli arresti «sequestri» e organizzano una manifestazione nazionale sabato a Roma. Domani, in commissioni parlamentari diversi, parleranno del caso, e dei tre volontari, Frattini e il direttore del servizio segreto Aise Adriano Santini. «Non li abbiamo abbandonati: vale anche per loro la presunzione di innocenza, assieme all’impegno preso con noi dalle autorità afghane al rispetto dei loro diritti», ha scritto il ministro su Facebook. E ha riservato ancora freddezza a Emergency: «Se parliamo di sequestro, trasformiamo in vicenda politica quella che è un’investigazione alle prime battute». Gino Strada, di Emergency, nel frattempo: «Lezioni su come curare i malati non ce le darà il governo italiano. Non accettiamo si metta in dubbio i lavoro dei nostri medici». Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Così Strada, assolutizzando le vittime, ha reso un favore ai carnefici "
CORRIERE della SERA - Franco Venturini : " Garantisti sempre " Venturini scrive : "è impossibile svolgere una missione umanitaria bipartisan senza tenere contatti, appunto, con tutte le parti in causa". Tenere contatti con le parti in causa è una cosa, fornire nascondigli per armi destinate ad attacchi terroristici, un'altra.
Non sappiamo se i tre operatori di Emergency arrestati sabato dai servizi segreti afghani abbiano davvero complottato contro il governatore della provincia di Helmand, o si siano addirittura resi responsabili di un più che misterioso omicidio. Ma sappiamo alcune altre cose che, fino a prova contraria, possono orientare la nostra opinione sull'accaduto. Sappiamo che l'intelligence afghana obbedisce spesso, come del resto il suo governo, a interessi poco confessabili. Sappiamo che la provincia di Helmand è al centro di tutte le tensioni perché si trova lì, in quel territorio pashtun che i talebani considerano casa propria, il fronte decisivo della guerra afghana, ed è lì che le forze americane e britanniche hanno da poco scatenato la più grande offensiva dall'inizio del conflitto. Sappiamo ancora che proprio da quelle parti, nel bel mezzo della battaglia, sorge un ospedale di Emergency. Un ospedale particolare che tiene le porte aperte, che accoglie e cura con lo stesso metro umanitario civili vittime della guerra e combattenti. Talebani compresi. Orbene, ci chiediamo, se le coordinate della questione sono a tal punto complesse, se qualcosa più di un dubbio risulta autorizzato dalle circostanze, non meriterebbero i nostri tre connazionali arrestati una forte presa di posizione garantista da parte del governo italiano? Voci improvvide, sempre fino a prova contraria, si sono levate dalla maggioranza. Il ministro degli Esteri Frattini ha espresso sconcerto e preoccupazione, ha pregato perché non risultassero vere le indiscrezioni del Times (poi smentite dagli stessi afghani) secondo cui i tre avevano confessato, ha fatto intervenire il nostro ambasciatore per verificare che i detenuti fossero trattati bene, ha parlato con il collega di Kabul. Comprendiamo la sua preoccupazione: non irritare gli afghani in un momento delicato. Ma noi avremmo preferito parole più nette, e non soltanto da lui, perché anche nell'opposizione è prevalsa una certa voglia di distanza. E' vero, nel mezzo di una guerra il cui sbocco si gioca nell'offensiva in corso Emergency può dare fastidio. Può tendere a collocarsi agli occhi dei governi (e non soltanto di quello italiano) in una sorta di zona grigia che puzza di slealtà o di doppio gioco. Perché quello stesso talebano che ora viene curato ha forse ucciso, ieri, soldati afghani o della Nato. Perché è impossibile svolgere una missione umanitaria bipartisan senza tenere contatti, appunto, con tutte le parti in causa. Ed è anche vero che Gino Strada, il chirurgo fondatore di Emergency, è un personaggio scomodo (soprattutto da quando ha fatto da mediatore per la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo), è polemico all'estremo, è contrario alla continuazione della guerra e, per semplificare, risulta più vicino alla sinistra che alla destra. Ma può questo far dimenticare che Emergency, pur infiltrabile come tutte le organizzazioni di prima linea, è una preziosa e assai meritevole organizzazione umanitaria? La si può confondere, in linea di principio, con un potenziale covo di terroristi? Può la sua logica equidistante essere confusa con il tradimento? Crediamo di no. Gli unici a poter equivocare dovrebbero essere gli afghani che dall'offensiva alleata sperano di trarre vantaggi e si muovono con una collaudata disinvoltura, la stessa che muove Karzai quando accusa la Nato— invece di se stesso— di aver organizzato i brogli elettorali alle presidenziali. Il garantismo tanto evocato in patria, insomma, dovrebbe valere anche per i tre operatori sanitari arrestati tanto lontano dal nostro Palazzo. E dovrebbe, se possibile, essere affermato con energia ben maggiore di quella spesa in questi giorni. CORRIERE della SERA - Andrea Nicastro : " Dopo l’addio di Sequi hanno trovato il modo di colpire il nostro Paese " La tesi di Pino Arlacchi, riportata di Andrea Nicastro, sull'accaduto in Afghanistan è la seguente : " Qual è il posto migliore per contare le vittime delle mine o delle bombe nella fase due e tre della riconquista "obamiana" di Helmand? L'ospedale, ovvio. Emergency è l'unico osservatore presente che denuncerebbe il fallimento della strategia Usa (di contenimento delle vittime civili, ndr) e quindi va eliminato prima che possa far danni all'immagine di un successo di cui la Casa Bianca ha assoluta necessità". La stessa tesi complottista di Gino Strada, esposta solo con toni più pacati e mai contraddetta da Nicastro. Ecco il pezzo:
«Questione di giorni poi i tre italiani saranno scarcerati, ma dovranno lasciare l'Afghanistan. Quanto all’ospedale di Emergency ad Helmand, vero obbiettivo dell’operazione, Gino Strada sarà costretto a piegarsi e la struttura verrà chiusa. E' un peccato, ma finirà così». I panni del profeta cadono a pennello su Pino Arlacchi. Il sociologo, «mafiologo», celebre a fine Anni 90 per il piano di eliminazione dell'oppio dall'Afghanistan talebano, è abituato a sbilanciarsi. «Tutto questo non sarebbe mai successo se a Kabul avessimo ancora un rappresentante del calibro di Ettore Sequi. Uno che è stato prima nostro ambasciatore, poi rappresentante Ue e che ho visto considerato dal governo afghano come nessun altro straniero mai. Con lui su piazza non si sarebbero permessi. Invece, la nostra diplomazia cosa fa? Lo lascia andar via dall'Afghanistan con il risultato di vedere il peso politico dell'Italia e quello stesso dell'Europa drasticamente ridotto». Arlacchi è stato parlamentare prima con il Partito Democratico della Sinistra, ora con l'Italia dei Valori, da sei mesi è relatore dell'Unione Europea per la nuova strategia afghana. Per lui il mandante dell'intera «operazione Emergency» sta molto più in là di Kabul, è «tra Casa Bianca e Pentagono». «In questi mesi l'Afghanistan è al centro della politica americana: si discute se e quanto coinvolgere i talebani nel governo di Kabul e si prepara una jirga (assemblea) di riconciliazione forse già per maggio. Ma soprattutto ci sono le elezioni di midterm a novembre quando la nuova strategia del presidente Barack Obama varrà dei voti. L'idea che Obama ha messo in gioco è ottima: prima conquisti, poi stabilizzi e infine rilanci servizi pubblici ed economia». E' la dottrina ricalcata dal modello iracheno e affidata al generale Stanley McChrystal. Per conquistare «i cuori e le menti» degli afghani il generale chiede ai suoi militari attacchi senza vittime civili. Perché altrimenti, tenta continuamente di spiegare, dopo la «conquista» il territorio resta ostile e tutto ricomincia peggio di prima. «Il problema - sostiene Arlacchi, appena rientrato dall'Afghanistan - è che i soldati, soprattutto quelli delle Forze Speciali, sono addestrati per fare cose diverse e la pensano in modo diverso». Il primo test della nuova dottrina è in corso a Marjah, proprio nella provincia di Helmand dov'è l'ospedale degli arrestati, e le truppe Isaf-Nato sarebbero ora nella fase due, quella della stabilizzazione. «Il fatto che abbiano deciso di eliminare Emergency mi fa pensare che ritengano di non farcela e che non riescano a contenere le vittime civili. Sento parlare, ad esempio, di intere campagne minate dalla Nato per impedire il ritorno dei talebani, ma la cosa non fa certo guadagnare appoggi tra la gente che in quelle campagne deve vivere. Qual è il posto migliore per contare le vittime delle mine o delle bombe nella fase due e tre della riconquista "obamiana" di Helmand? L'ospedale, ovvio. Emergency è l'unico osservatore presente che denuncerebbe il fallimento della strategia Usa e quindi va eliminato prima che possa far danni all'immagine di un successo di cui la Casa Bianca ha assoluta necessità». Il GIORNALE - Giancarlo Perna : " Strada, il pacifista sempre in guerra contro l’Occidente "
Come medico, Gino Strada - il fondatore di Emergency - è coraggioso. Come diplomatico, una frana. Gli afghani arrestano tre dei suoi, li sospettano di complicità con i talebani e di attentare al governatore filoccidentale, Mangal. E Strada che ti fa? Insulta chi li tiene prigionieri. Di Mangal dice: «È il cretino di turno che non conta assolutamente nulla». Quanto al governo del primo ministro Karzai, sdottora: sono briganti colpevoli di avere, non già arrestato, bensì «rapito» i cooperanti «nella peggiore tradizione terroristica». Vi sembra il modo più intelligente per rasserenare gli animi e chiarire i fatti? Ovviamente, no. Gino fa solo il bullo che, nella fattispecie, rima con grullo. Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Foglio, Giornale, cliccare sulle e-mail sottostanti lettere@corriere.it lettere@ilfoglio.it segreteria@ilgiornale.it |
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