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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - Il Foglio - Il Giornale Rassegna Stampa
13.04.2010 Le accuse di Gino Strada al governo non convincono dell'innocenza di Emergency
Cronache e commenti di Maurizio Caprara, Giulio Meotti, Andrea Nicastro, Giancarlo Perna

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio - Il Giornale
Autore: Maurizio Caprara - Giulio Meotti - Franco Venturini - Andrea Nicastro - Giancarlo Perna
Titolo: «Italiani, smentita la 'confessione'. Forse saranno trasferiti a Kabul - Così Strada, assolutizzando le vittime, ha reso un favore ai carnefici - Garantisti sempre - Dopo l’addio di Sequi hanno trovato il modo di colpire il nostro Paese - Strada, il pacif»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/04/2010, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Italiani, smentita la 'confessione'. Forse saranno trasferiti a Kabul ", a pag. 1-9, l'articolo di Franco Venturini dal titolo " Garantisti sempre ", preceduto dal nostro commento, a pag. 8, l'articolo di Andrea Nicastro dal titolo " Dopo l’addio di Sequi hanno trovato il modo di colpire il nostro Paese ", preceduto dal nostro commento. Dal FOGLIO, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Così Strada, assolutizzando le vittime, ha reso un favore ai carnefici ". Dal GIORNALE, a pag. 2, l'articolo di Giancarlo Perna dal titolo " Strada, il pacifista sempre in guerra contro l’Occidente ". Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Italiani, smentita la 'confessione'. Forse saranno trasferiti a Kabul "

ROMA— I tre volontari italiani arrestati la settimana scorsa dal servizio segreto afghano Nds nell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah potrebbero essere trasferiti, presto, dalla provincia meridionale dell’Helmand in una città nella quale esiste un pari grado di un nostro procuratore della Repubblica. Forse a Kabul, forse altrove. Sarebbe un segno che la procedura giudiziaria va avanti, anche se non si esclude che la detenzione del chirurgo Marco Garatti, dell’infermiere Matteo Dell’Aira e del logista Matteo Pagani possa durare settimane prima di imputazioni formali.

La situazione dei tre, accusati dal governatorato dell’Helmand di un complotto con altre sei arrestati per uccidere il governatore con due pistole e due cinture esplosive sequestrate nell’ospedale, resta per niente serena benché la giornata di ieri abbia ridimensionato le potenziali imputazioni.

Daoud Ahmadi, il portavoce del governatore Gulabuddin Mangal, al quale il « Times » on line aveva attribuito di aver dichiarato che i nove hanno confessato e che avevano legami con terroristi, ha precisato: «Mi ha citato in modo sbagliato, soprattutto per il riferimento di un legame tra gli italiani e al Qaeda». Allo stesso tempo, non ha trovato conferma la notizia, circolata domenica sui mezzi informazione, secondo la quale ai tre era stata addebitata l’uccisione dell’interprete rapito con il giornalista Daniele Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi. Soffi di un vento di voci che sembra puntare a gettare, comunque, un’aria di perfidia su un ospedale disposto a curare anche talebani, sgradito a servizi segreti, governo centrale e ad altri. L’autore del servizio del Times ha ribadito che le parole riportate erano del portavoce: «Dette due volte».

All’ambasciatore d’Italia Claudio Glaentzer ieri è stata negata una seconda visita ai detenuti. La Farnesina in ogni caso ha fatto sapere di aver ricevuto «rassicurazioni» secondo le quali le condizioni dei connazionali «sono buone». Il ministro degli Esteri Franco Frattini, al quale Emergency e forze dell’opposizione addebitano le prese di distanze dagli italiani arrestati, ha voluto annunciare da Porta a Porta che, su sua richiesta al governo afghano, quattro italiane in servizio nell’ospedale non sono più soggette a divieto di partire per l’estero. Torneranno in Italia.

A differenza dei tre, arrestati quando hanno raggiunto l’ospedale dopo aver saputo che era in corso una perquisizione, le quattro erano rimaste a casa. Gli agenti del Nds, National directorate of security, hanno portato via un loro computer portatile e uno da tavolo.

Ad Emergency giudicano gli arresti «sequestri» e organizzano una manifestazione nazionale sabato a Roma. Domani, in commissioni parlamentari diversi, parleranno del caso, e dei tre volontari, Frattini e il direttore del servizio segreto Aise Adriano Santini. «Non li abbiamo abbandonati: vale anche per loro la presunzione di innocenza, assieme all’impegno preso con noi dalle autorità afghane al

rispetto dei loro diritti», ha scritto il ministro su Facebook. E ha riservato ancora freddezza a Emergency: «Se parliamo di sequestro, trasformiamo in vicenda politica quella che è un’investigazione alle prime battute». Gino Strada, di Emergency, nel frattempo: «Lezioni su come curare i malati non ce le darà il governo italiano. Non accettiamo si metta in dubbio i lavoro dei nostri medici».

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Così Strada, assolutizzando le vittime, ha reso un favore ai carnefici "


Giulio Meotti

Sarebbe ora che i tanti finanziatori e corifei del dottor Gino Strada gli ricordassero che esiste una linea invalicabile fra la cura dei feriti, persino dei terroristi, e la compiacenza o addirittura la collusione con le loro idee mostruose. Sul caso dei tre operatori di Emergency in Afghanistan pesa forse una serie di malintesi di cui è responsabile il quotidiano Times (lo ha detto anche il ministro degli Esteri italiano Frattini). Ma la vicenda, da cui speriamo ne esca pulita Emergency, proietta comunque una luce sinistra sull’umanitarismo del medico milanese che tanta buona gente di establishment ha scelto per abbellirsi le coscienze. Ad aggiustare i corpi rovinati dalla violenza terroristica e dalla guerra sono in tanti, ma a rendersi collusi con certa ideologia è stata proprio Emergency. Lo stesso malaffare ha travolto Amnesty International, colpevole di aver arruolato come testimonial un apologeta dei talebani. Una prassi non propria invece di ong come Smile Again, che senza clamore in Pakistan ricostruisce i poveri volti femminili piagati dall’acido islamista. Le vittime sono tutte eguali per il medico Strada chiamato a curarle, siano colpite da feroci dittatori o da terroristi assassini o dalla controffensiva americana. Ma il punto di vista umanitario, una volta assolutizzato, lo ha portato a negare le differenze e a considerare gli Stati Uniti e Israele alla stregua di terroristi e dittatori. Ed è su questa identificazione che ha vissuto gran parte dell’ideologia pacifista. Come quando nel 2008, in Sudan, Strada si è schierato dalla parte del dittatore Bashir: “La storia del genocidio in Darfur è un’invenzione totale”, ha detto Strada. Per questo è stato duramente attaccato da un paladino dell’umanitarismo come Bernard Kouchner, fondatore di Médecins sans Frontières: “Talvolta penso che chi critica le azioni di ingerenza umanitaria abbia bisogno di vittime civili per esaltare il proprio ruolo mediatico”, dice Kouchner di Strada. “Abbiamo bisogno di un nemico unificante, e l’immagine degli Stati Uniti che circola tra di noi europei – soprattutto a sinistra – serve a questo scopo”. Emergency ha investito tanto in nome di un obiettivo chiaro e coraggioso: “Costruire ospedali dove non ci sono”. Non è facile, e va riconosciuto a Strada. Ma l’ex katanga della Statale milanese ha da tempo deviato dai temi inerenti alla sua professione. Da quando è iniziata la guerra in Afghanistan, Emergency si è radicalmente politicizzata. Storici sono i suoi tentativi di demolire il lavoro di un altro umanitarista non antiamericano come Alberto Cairo, che lavora per la Croce rossa internazionale e che è noto come “l’angelo di Kabul” per aver fatto tornare a camminare migliaia di afghani. Persino i Ds di Piero Fassino chiamarono Strada “pacifista che scomunica e offende”. Perché il suo umanitarismo cela spesso un linguaggio squadrista: “Fuori dai coglioni il Sismi, i Ros e tutti quei signori”, disse il dottor Strada durante il sequestro Mastrogiacomo. Appena tre anni fa, Strada si è chiesto se non fossero meglio i talebani: “Siamo sicuri che prima, cinque anni fa, fosse peggio?”. Un medico e attivista umanitario che anela a imitare il dottor Schweitzer, non dovrebbe farsi banditore della resa al terrorismo e dell’equivalenza morale che pone sullo stesso piano l’attentato alle Twin Towers e la guerra afghana ai talebani. Questo umanitarismo si è rivelato incapace di distinguere fra una democrazia occidentale quantunque imperfetta, che onora la tolleranza, lo stato di diritto, il rispetto delle minoranze, e un movimento medievale che mobilita le masse islamiche all’odio, che insegna ai propri figli a glorificare gli attentatori suicidi e che si vota al disastro. Come insegna Kouchner, il buon umanitarismo non esita mai a riconoscere e a nominare il male per quello che è. Nichilismo che si fa saltare in aria nei mercati di Kabul, che sgozza l’interprete afghano di Mastrogiacomo e getta l’acido delle batterie in faccia alle bambine musulmane che vogliono istruirsi. Purtroppo una simile denuncia non è mai sfuggita dalle labbra angelicate di Emergency.

CORRIERE della SERA - Franco Venturini : " Garantisti sempre "

Venturini scrive : "è impossibile svolgere una missione umanitaria bipartisan senza tenere contatti, appunto, con tutte le parti in causa". Tenere contatti con le parti in causa è una cosa, fornire nascondigli per armi destinate ad attacchi terroristici, un'altra.
"
Ed è anche vero che Gino Strada, il chirurgo fondatore di Emergency, è un personaggio scomodo, è polemico all'estremo, è contrario alla continuazione della guerra e, per semplificare, risulta più vicino alla sinistra che alla destra.
Il motivo che ha spinto Frattini a prendere inizialmente le distanze non ha nulla a che vedere con il fatto che Gino Strada è 'di sinistra'.
Le armi, destinate a terroristi islamici, erano nascoste in un ospedale di Emergency. Non si tratta di una cospirazione del governo italiano, ma della realtà dei fatti. Una realtà gravissima. Ecco l'articolo:


Franco Venturini

Non sappiamo se i tre operatori di Emergency arrestati sabato dai servizi segreti afghani abbiano davvero complottato contro il governatore della provincia di Helmand, o si siano addirittura resi responsabili di un più che misterioso omicidio. Ma sappiamo alcune altre cose che, fino a prova contraria, possono orientare la nostra opinione sull'accaduto.

Sappiamo che l'intelligence afghana obbedisce spesso, come del resto il suo governo, a interessi poco confessabili. Sappiamo che la provincia di Helmand è al centro di tutte le tensioni perché si trova lì, in quel territorio pashtun che i talebani considerano casa propria, il fronte decisivo della guerra afghana, ed è lì che le forze americane e britanniche hanno da poco scatenato la più grande offensiva dall'inizio del conflitto. Sappiamo ancora che proprio da quelle parti, nel bel mezzo della battaglia, sorge un ospedale di Emergency. Un ospedale particolare che tiene le porte aperte, che accoglie e cura con lo stesso metro umanitario civili vittime della guerra e combattenti. Talebani compresi.

Orbene, ci chiediamo, se le coordinate della questione sono a tal punto complesse, se qualcosa più di un dubbio risulta autorizzato dalle circostanze, non meriterebbero i nostri tre connazionali arrestati una forte presa di posizione garantista da parte del governo italiano? Voci improvvide, sempre fino a prova contraria, si sono levate dalla maggioranza. Il ministro degli Esteri Frattini ha espresso sconcerto e preoccupazione, ha pregato perché non risultassero vere le indiscrezioni del Times (poi smentite dagli stessi afghani) secondo cui i tre avevano confessato, ha fatto intervenire il nostro ambasciatore per verificare che i detenuti fossero trattati bene, ha parlato con il collega di Kabul. Comprendiamo la sua preoccupazione: non irritare gli afghani in un momento delicato. Ma noi avremmo preferito parole più nette, e non soltanto da lui, perché anche nell'opposizione è prevalsa una certa voglia di distanza.

E' vero, nel mezzo di una guerra il cui sbocco si gioca nell'offensiva in corso Emergency può dare fastidio. Può tendere a collocarsi agli occhi dei governi (e non soltanto di quello italiano) in una sorta di zona grigia che puzza di slealtà o di doppio gioco. Perché quello stesso talebano che ora viene curato ha forse ucciso, ieri, soldati afghani o della Nato. Perché è impossibile svolgere una missione umanitaria bipartisan senza tenere contatti, appunto, con tutte le parti in causa. Ed è anche vero che Gino Strada, il chirurgo fondatore di Emergency, è un personaggio scomodo (soprattutto da quando ha fatto da mediatore per la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo), è polemico all'estremo, è contrario alla continuazione della guerra e, per semplificare, risulta più vicino alla sinistra che alla destra.

Ma può questo far dimenticare che Emergency, pur infiltrabile come tutte le organizzazioni di prima linea, è una preziosa e assai meritevole organizzazione umanitaria? La si può confondere, in linea di principio, con un potenziale covo di terroristi? Può la sua logica equidistante essere confusa con il tradimento? Crediamo di no. Gli unici a poter equivocare dovrebbero essere gli afghani che dall'offensiva alleata sperano di trarre vantaggi e si muovono con una collaudata disinvoltura, la stessa che muove Karzai quando accusa la Nato— invece di se stesso— di aver organizzato i brogli elettorali alle presidenziali. Il garantismo tanto evocato in patria, insomma, dovrebbe valere anche per i tre operatori sanitari arrestati tanto lontano dal nostro Palazzo. E dovrebbe, se possibile, essere affermato con energia ben maggiore di quella spesa in questi giorni.

CORRIERE della SERA - Andrea Nicastro : " Dopo l’addio di Sequi hanno trovato il modo di colpire il nostro Paese "

La tesi di Pino Arlacchi, riportata di Andrea Nicastro, sull'accaduto in Afghanistan è la seguente : " Qual è il posto migliore per contare le vittime delle mine o delle bombe nella fase due e tre della riconquista "obamiana" di Helmand? L'ospedale, ovvio. Emergency è l'unico osservatore presente che denuncerebbe il fallimento della strategia Usa (di contenimento delle vittime civili, ndr) e quindi va eliminato prima che possa far danni all'immagine di un successo di cui la Casa Bianca ha assoluta necessità". La stessa tesi complottista di Gino Strada, esposta solo con toni più pacati e mai contraddetta da Nicastro. Ecco il pezzo:


Pino Arlacchi

«Questione di giorni poi i tre italiani saranno scarcerati, ma dovranno lasciare l'Afghanistan. Quanto all’ospedale di Emergency ad Helmand, vero obbiettivo dell’operazione, Gino Strada sarà costretto a piegarsi e la struttura verrà chiusa. E' un peccato, ma finirà così».

I panni del profeta cadono a pennello su Pino Arlacchi. Il sociologo, «mafiologo», celebre a fine Anni 90 per il piano di eliminazione dell'oppio dall'Afghanistan talebano, è abituato a sbilanciarsi. «Tutto questo non sarebbe mai successo se a Kabul avessimo ancora un rappresentante del calibro di Ettore Sequi. Uno che è stato prima nostro ambasciatore, poi rappresentante Ue e che ho visto considerato dal governo afghano come nessun altro straniero mai. Con lui su piazza non si sarebbero permessi. Invece, la nostra diplomazia cosa fa? Lo lascia andar via dall'Afghanistan con il risultato di vedere il peso politico dell'Italia e quello stesso dell'Europa drasticamente ridotto».

Arlacchi è stato parlamentare prima con il Partito Democratico della Sinistra, ora con l'Italia dei Valori, da sei mesi è relatore dell'Unione Europea per la nuova strategia afghana. Per lui il mandante dell'intera «operazione Emergency» sta molto più in là di Kabul, è «tra Casa Bianca e Pentagono».

«In questi mesi l'Afghanistan è al centro della politica americana: si discute se e quanto coinvolgere i talebani nel governo di Kabul e si prepara una jirga (assemblea) di riconciliazione forse già per maggio. Ma soprattutto ci sono le elezioni di midterm a novembre quando la nuova strategia del presidente Barack Obama varrà dei voti. L'idea che Obama ha messo in gioco è ottima: prima conquisti, poi stabilizzi e infine rilanci servizi pubblici ed economia». E' la dottrina ricalcata dal modello iracheno e affidata al generale Stanley McChrystal. Per conquistare «i cuori e le menti» degli afghani il generale chiede ai suoi militari attacchi senza vittime civili. Perché altrimenti, tenta continuamente di spiegare, dopo la «conquista» il territorio resta ostile e tutto ricomincia peggio di prima. «Il problema - sostiene Arlacchi, appena rientrato dall'Afghanistan - è che i soldati, soprattutto quelli delle Forze Speciali, sono addestrati per fare cose diverse e la pensano in modo diverso».

Il primo test della nuova dottrina è in corso a Marjah, proprio nella provincia di Helmand dov'è l'ospedale degli arrestati, e le truppe Isaf-Nato sarebbero ora nella fase due, quella della stabilizzazione. «Il fatto che abbiano deciso di eliminare Emergency mi fa pensare che ritengano di non farcela e che non riescano a contenere le vittime civili. Sento parlare, ad esempio, di intere campagne minate dalla Nato per impedire il ritorno dei talebani, ma la cosa non fa certo guadagnare appoggi tra la gente che in quelle campagne deve vivere. Qual è il posto migliore per contare le vittime delle mine o delle bombe nella fase due e tre della riconquista "obamiana" di Helmand? L'ospedale, ovvio. Emergency è l'unico osservatore presente che denuncerebbe il fallimento della strategia Usa e quindi va eliminato prima che possa far danni all'immagine di un successo di cui la Casa Bianca ha assoluta necessità».

Il GIORNALE - Giancarlo Perna : " Strada, il pacifista sempre in guerra contro l’Occidente "


Gino Strada

Come medico, Gino Strada - il fondatore di Emergency - è coraggioso. Come diplomatico, una frana. Gli afghani arrestano tre dei suoi, li sospettano di complicità con i talebani e di attentare al governatore filoccidentale, Mangal. E Strada che ti fa? Insulta chi li tiene prigionieri. Di Mangal dice: «È il cretino di turno che non conta assolutamente nulla». Quanto al governo del primo ministro Karzai, sdottora: sono briganti colpevoli di avere, non già arrestato, bensì «rapito» i cooperanti «nella peggiore tradizione terroristica». Vi sembra il modo più intelligente per rasserenare gli animi e chiarire i fatti? Ovviamente, no. Gino fa solo il bullo che, nella fattispecie, rima con grullo.
Strada è fatto così. Ogni volta che interviene in Afghanistan combina pastrocchi. Nel 2007 si intrufolò nella trattativa sul giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo sequestrato dai talebani. Fu l'allora ministro degli Esteri, Max D'Alema, di cui Strada era consulente alla Farnesina, a dargli via libera. Per la prima volta, uno Stato occidentale affidava una simile missione a un privato, esautorando la diplomazia. L'esito fu catastrofico. Mastrogiacomo ebbe salva la vita ma furono sgozzati il suo autista e l'interprete afghano. In più, il governo Karzai fu costretto a liberare cinque tagliagole talebani. Ne uscimmo con le ossa rotte, additati al ludibrio mondiale per avere ideato l'operazione. Gli alleati osservarono indignati che, mentre i loro soldati morivano per spedire in galera i terroristi, l'Italia li faceva uscire per liberare un cronista. Karzai fece la figura del pirla. Da allora considera Emergency e il suo fondatore come un'appendice talebana. Non ha tutti i torti, se si considerano le personali convinzioni del sessantaduenne chirurgo milanese.
Antioccidentale e terzomondista, Strada è un incallito odiatore degli Usa e di Israele. Un cenno al suo credo geopolitico ci aiuterà a capire. Dice: «Tra Bush e Hitler le analogie sono evidenti». Oppure: «Osama Bin Laden e Bush sono più o meno lo stesso. Tra i due non si saprebbe chi scegliere. Sono entrambi terroristi». Il dottore non distingue tra chi provoca l'attentato dell'11 settembre e chi reagisce all'aggressione con la guerra afghana. Perciò: «È un dovere morale essere contro gli Usa, l'Occidente, la coalizione di cui l'Italia fa parte». Poi, si meraviglia se Karzai gli dà del talebano. Altre perle: «Gli Usa hanno praticato sistematicamente il terrorismo di Stato provocando centinaia di migliaia di vittime in tutti i continenti»; «Affermare che l'America è una democrazia è un insulto: basta chiederlo alle migliaia di desaparecidos arrestati dopo l'11 settembre (a chi si riferisca è ignoto, ndr) e ai prigionieri di Guantanamo».
Con questo armamentario ideologico, Gino è diventato il cocco dei pacifisti nostrani. Non a caso nella elezione 2006 per il capo dello Stato, alcuni parlamentari di quella parrocchia hanno scritto il suo nome sulla scheda. Il dottore ha dei fan anche tra i cattolici. Per i Gesuiti è un santo laico. Una loro rivista, Popoli, si sdilinquisce: «In valigia gli attrezzi chirurgici e la solita immensa solidarietà». Bravissimi nel darsi la zappa sui piedi, i seguaci di Sant'Ignazio fingono di ignorare la posizione di Strada sul Darfur. E questo per dei cattolici urla vendetta davanti al Creatore. Si sa che nel Sudan Occidentale - il Darfur, appunto - è in corso uno sterminio islamico delle popolazioni cristiane: 400mila trucidati; 2,5 milioni di sfollati. Médecins sans frontières - l'omologo francese di Emergency - fa un appello al giorno contro la carneficina. Recentemente il Tribunale dell'Aja ha spiccato mandato di cattura per genocidio contro il ras sudanese, Al Bashir. L'ineffabile Strada ha invece preso le difese del satrapo islamico e aperto un ospedale nella capitale Karthoum. Facendolo ha detto: «La storia del genocidio è un'invenzione totale. In Sudan e Darfur ci sono grossi problemi umanitari. È in corso una guerra tribale ma nessun genocidio. Un genocidio non ti può sfuggire fisicamente. Come fai a non vedere 50mila morti?». Dunque, gioca anche con i numeri. E, non contento, aggiunge che gli occidentali si occupano del Darfur solo perché lì c'è il petrolio. Stantio ritornello terzomondista già usato per Irak e Afghanistan. Accecato dall'antiamericanismo, Strada nega ciò che è sotto l'occhio di tutti. Una sola volta, messo alle strette, ha annunciato - bontà sua - l'apertura di un ospedale anche nel Darfur. Ignoro se abbia poi mantenuto la promessa.
Gino è un comunista dalla cervice all'alluce. Nato nella rossa Sesto San Giovanni, è l'unigenito di Mario, operaio alla Breda, e di Pina, operaia della Osva. Iscritto alla facoltà di Medicina della Statale di Milano, entrò nel Movimento studentesco, attratto dalla sua ala più brutale, quella dei «katanghesi». Un mezzo migliaio di ceffi che si dichiaravano marxisti-leninisti o, in base ai gusti, stalinian-maoisti. Il capo politico della genia era il nostro attuale collaboratore, Mario Capanna. Quello militare, Luca Cafiero. Oggi settantenni, sono stati entrambi deputati del Pdup. Prima degli scontri con la polizia, capi e gregari urlavano ritmicamente: kata-kata-katanga.
Gino era il vice di Cafiero e guidava i mazzieri del gruppo Lenin, quello di Medicina. Si distinse per zelo militante. I suoi portavano l'eskimo di ordinanza e il casco da combattimento. In tasca avevano le «caramelle», cioè i sassi da scagliare contro i poliziotti, e la «penna», ossia la chiave inglese lunga mezzo metro. La usavano in battaglia e, in caso di arresto, per dire al giudice: «Passavo di lì, mentre andavo a fare un intervento come idraulico» e farsi assolvere con tante scuse dal complice in toga.
L'idolo di Gino è stato Norma Bethune, un canadese degli anni '30 del Novecento, che lasciò il comodo ospedale di Montréal per partecipare alla lotta civile spagnola come chirurgo delle Brigate comuniste. Poi, per il resto della vita, fu medico nei teatri di guerra del vasto mondo. Seguendo il modello, Strada si specializzò in medicina d'urgenza. È stato in Sud Africa con Barnard, il decano dei trapiantologi, e negli States per perfezionarsi. Perse di vista il primo e rinnegò i secondi. Assunto dal nosocomio di Rho, si sentì un pesce fuor d'acqua. Le malattie borghesi non gli bastavano più. Voleva alleviare le grandi sofferenze. Nel '93, nacque Emergency e il duplice Strada che conosciamo: medico generoso e ideologo ributtante.

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