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L'Opinione - Il Foglio Rassegna Stampa
23.09.2005 L'islam è compatibile con la libertà ? E chi sono i suoi "rappresentanti"?
un dibattito

Testata:L'Opinione - Il Foglio
Autore: Gabriele Lanfranchi - Luigi Compagna - Stefano Magni - Dimitri Buffa
Titolo: «L’Islam è compatibile con la libertà? Dibattito tra ottimismo e pessimismo - al direttore - L’islam è stato inquinato dal terzomondismo comunista La vera guerra di civiltà è contro il pauperismo-L’estremismo islamico a Como mette Magdi Allam nel mirino -»
L'OPINIONE di giovedì 23 settembre 2005 pubblica a pagina 6 l' articolo di Gabriele Lanfranchi "L’Islam è compatibile con la libertà? Dibattito tra ottimismo e pessimismo"
Uno degli interventi più
attesi dell' "Université d'été
de la nouvelle economie"
svoltasi a fine agosto a Aix en
Provence è indubbiamente
stato quello di Michael
Novak. Lo studioso americano
ha ricordato come per
Alexis de Tocqueville la
libertà di religione fosse "il
primo principio politico della
democrazia". Il diritto a professare
la propria fede è stata
la prima di una serie di rivendicazioni
che hanno portato a
un'estensione della libertà,
resa possibile dall'unicità che
la cultura giudaico-cristiana
attribuisce all'essere umano.
"Il carattere centrale dell'individuo
è il frutto di questa
eredità", ha detto Novak. Ora,
se accettiamo il fatto che
"nessuno ha diritto di intromettersi
tra voi e Dio", se ne
deduce qualcosa di estremamente
semplice e allo stesso
tempo importante: l'azione
dello Stato deve rimanere
entro limiti chiaramente definiti.
Appare evidente che questa concenzione del pensiero
giudaico-cristiano è in perfetta
sintonia con la tradizione
liberale. In entrambe vi è la
convinzione che l'individuo
sia un "attore centrale",
"cosciente e libero2. Fatta
questa premessa, il filosofo
americano si è chiesto: "l'Islam
è compatibile con la
libertà?" Mi dispiace doversi
deludere. Novak non ha risposto
né in modo affermativo né
in modo negativo: "ci sono
alcune buone ragioni per credere
di sì, ma ce ne sono altrettante
per temere di no". In
ogni caso "dobbiamo operare
per creare un'alternativa, ma
non so se ci riusciremo". Ciò
che preoccupa? Per prima
cosa ci sono musulmani che
ci odiano e che negano la
compatibilità tra Islam e
democrazia. Sono pronti a
uccidere per evitare che la
democrazia limiti il potere
della religione. Per seconda
preoccupazione va detto che
Il Corano stesso è un freno.
Nel testo poche volte vengono
utilizzati termini come
libertà e democrazia. Le
donne sono escluse coscientemente
dalla vita pubblica.
Inoltre, contrariamente al Cristianesimo,
nell'Islam non c'è
stata evoluzione. Non c'è una
dottrina che evolve e che
aggiorna il Corano. Nessuno
ha l'autorità per decretare che
il libro va interpretato e adattato
alla realtà odierna. Infine
i giovani hanno poche prospettive
di trovare lavoro. L'economia
non decolla e le giovani
generazioni diventano
violente (la televisione gioca
qui un ruolo essenziale nella
presa di coscienza dell'arretratezza
di molti paesi). Senza
contare che la cultura araba
tende a privilegiare gli estremisti,
che vengono visti come
musulmani maggiormente
fedeli alla verità del Corano
rispetto a chi professa una
visione più moderata e tollerante.
Last but not least I paesi
arabi sono passati dal socialismo
al nazionalismo arabo.
Non sanno cosa significhi un
regime di libertà. Ciò che
lascia ben sperare? Il fatto che
l'Islam, come le altre religioni
monoteiste, è una religione
della ricompensa e della
punizione. Come le altre ha
quindi in se stessa i germi che
portano al riconoscimento del
valore della libertà. Inoltre ci
sono musulmani che detestano
la violenza e rifiutano il
terrorismo. Molti intellettuali
musulmani vivono in Occidente
e si rendono conto di
poter professare liberamente
la loro religione. E la televisione
può giocare un ruolo
positivo per chi non può permettersi
di viaggiare. Consente
di informare e diffondere
i valori della tolleranza e
della libertà. Poi tra gli stessi
musulmani ci sono molte persone
che rifiutano di vivere
sotto il dominio della sharia,
la legge coranica. Infine se è
vero che la maggior parte dei
governi dei paesi arabi è tirannico
e oppressivo, in passato,
quando la vita era povera e tribale,
esisteva una struttura
che favoriva il dibattito e la
discussione su temi di portata
comunitaria. Almeno sotto
questo aspetto la democrazia
non è qualcosa di sconosciuto.
Al tema, più ristretto, ma non privo di contattti con quello generale del rapporto tra islam e libertà è quello delle rappresentanze islamiche, cui è dedicata una lettera del senatore Luigi Compagna pubblicata dal FOGLIO di venerdì 23 settembre.

Ne pubblichiamo il testo insieme alla risposta, che non condividiamo.

Il Foglio 23 settembre 2005

Al direttore - L’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia rivendica una sorta di esclusiva della rappresentanza dei musulmani nel nostro paese, che le conferirebbe una sorta di esclusiva del diritto a stipulare intese con la Repubblica italiana. Ovviamente, il segretario nazionale dell’Ucoii Hamza Roberto Piccardo, che pure le pretende, non ha mai documentato da che cosa tali esclusive derivino; mentre non ha esitato ad esibire più volte propensioni all’antisemitismo, nei confronti delle quali esiste una fermissima pregiudiziale ad excludendum della nostra Costituzione che non può esser fatta valere soltanto dal bravissimo Magdi Allam.

Luigi Compagna, senatore Udc


Allam è il nostro ultimo costituzionalista e
un benemerito della democrazia italiana e
dell’informazione libera, questo è certo. Bisogna
però tenere conto del fatto che per affermare
la nostra identità e attuare politiche
di integrazione e accoglienza fondate su di essa,
bisogna che l’altra o le altre identità siano
rappresentate. Abbiamo disperatamente bisogno
di non illuderci sulla effettiva disponibilità
di certe classi dirigenti dell’islam europeo
e italiano a un dialogo fondato su una
lingua comune, ma un tentativo spregiudicato
va fatto.
Un importante contributo al dibattito sulla compatibilità tra islam e libertà ci sembra anche un articolo di Stefano Magni pubblicato da L'OPINIONE il 13 agosto 2005, "L’islam è stato inquinato dal terzomondismo comunista La vera guerra di civiltà è contro il pauperismo".

Ecco il testo:

Quello che stiamo combattendo è veramente uno scontro di civiltà? La
definizione deriva da Samuel Huntington, divenuto celebre con il suo
articolo (poi libro) "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine
mondiale": Islam contro Occidente, una guerra millenaria che continua
sotto altre forme e con altri metodi. Tuttavia questa visione del
mondo appare un po’ troppo astratta. Né l’Occidente, né tantomeno il
mondo islamico sono dei blocchi collettivi compatti e coesi al loro
interno. Soprattutto non spiega i conflitti interni al mondo islamico
e all’Occidente. Nel mondo musulmano soprattutto, le guerre più
sanguinose combattute dai radicali islamici a colpi di massacri,
azioni suicide massicce e sgozzamenti, erano condotte contro altri
musulmani, lontano dagli occhi dell’Occidente. In Iran contro gli
Iracheni negli anni ‘80, in Algeria contro i musulmani moderati e i
sostenitori del governo laico negli anni ’90 e in questi anni in Iraq
contro tutti gli Iracheni che legittimano la nuova democrazia.
Il nemico, insomma, si delinea come un movimento ideologico, sia pur
forte e numeroso, ma costituito da una minoranza nel mondo musulmano,
che lotta contro tutti i suoi nemici, interni ed esterni al mondo
musulmano. E’ un’ideologia che si rifà alla gloria dell’antico Islam
imperiale del Medio Evo, ma che attinge elementi dalle moderne
ideologie marxiste e terzomondiste europee. Un’ideologia che ha
maestri di pensiero, quali Sayd Qutb, Mawlana Mawdudi, Alì Sharyati e
lo stesso Ayatollah Khomeini, che si sono formati in Occidente ed
hanno attinto molto dalle ideologie rivoluzionarie europee. Questo
spiega anche perché raccoglie così tanti simpatizzanti fra l’opinione
pubblica europea più estremista, sia di estrema destra che di estrema
sinistra. Questa ideologia è stata etichettata come "islamismo",
termine che è stato diffuso soprattutto da giornalisti di spicco come
Daniel Pipes e che ora è utilizzato soprattutto in ambienti
neoconservatori. L’Islamismo è un’ideologia prevalentemente moderna
che ha molti più fattori in comune con il totalitarismo comunista che
non con la tradizione di pensiero islamica, secondo il filosofo
oggettivista David Kelley, fondatore del The Objectivist Center, nel
suo ultimo intervento tenuto di fronte ad una platea di musulmani
moderati: "Ciò che questi movimenti hanno in comune" – spiega Kelley –
"è l’odio contro i valori della società liberale moderna, valori che
in America si danno per scontati perché sono parte integrante della
nostra cultura. Gli Islamisti, come i Comunisti e i Fascisti, odiano
l’individualismo. Nella loro visione del mondo non c’è alcuno spazio
per la libertà individuale di pensiero, o per il perseguimento della
felicità personale. Mawlana Mawdudi, fondatore della Jamaa at-i Islami
in India e in Pakistan e uno dei più importanti e influenti teorici
dell’Islamismo, auspicava uno Stato teocratico in cui, così diceva:
‘Nessuno può gestire affari personali e privati. Considerato sotto
questo aspetto, lo Stato islamico mostra una certa somiglianza con gli
Stati comunisti e fascisti’. Gli Islamisti vogliono una società
fondata su una rigida ortodossia e sulla censura, così come i
Comunisti cercavano di applicare i dogmi del Marxismo e di punire i
deviazionisti". Gli islamisti odiano la modernità, che non è una
caratteristica tipicamente occidentale, ma è universale e la
combattono coerentemente in tutto il mondo. I loro obiettivi non sono
tanto chiese e sinagoghe, quanto centri commerciali, autobus, luoghi
di vacanza, quartieri finanziari (la City di Londra), e il World Trade
Center, simbolo del capitalismo mondiale.
Gli scrittori islamisti sono espliciti nella loro opposizione alla
moderna società aperta. Sayyd Qutb, leader dei Fratelli Musulmani in
Egitto, insiste nel dire che: "Un’offensiva totale, una guerra santa,
deve essere condotta contro la modernità, così che avvenga un riarmo
morale". Qutb attribuiva il suo fondamentalismo a due anni passati
negli Stati Uniti, che gli apparivano come "una combinazione
disastrosa di materialismo avido e individualismo egoista". Il
portavoce di Al Qaeda Abu Ghaith, in una dichiarazione video trasmessa
da Al Jazeera dopo l’11 settembre, disse: "Questa è una battaglia
decisiva tra l’ateismo e la fede". Il leader talebano Mohammed Hussein
Mostassed era stato ancor più esplicito: "Gli Americani stanno
combattendo per vivere e per godere dei beni terreni. Ma noi stiamo
combattendo perché possiamo morire nel nome di Dio". Come conclude
David Kelley: "Queste sono le idee che alimentano il terrorismo:
l’odio per l’individualismo, per la ragione, per il progresso, per il
capitalismo, per la libertà e per il governo secolare. Queste sono le
fonti reali della civiltà moderna, le fonti di tutti i benefici di cui
godiamo in America, i benefici che vorremmo veder goduti dalla gente
ovunque nel mondo. Questo non è un conflitto fra l’Islam e
l’Occidente. E’ un conflitto interno al mondo islamico e interno
all’Occidente, fra coloro che accettano i valori della civiltà moderna
e coloro che li rigettano".
E pur vero che, come scrive Dimitri Buffa nell'articolo "L’estremismo islamico a Como mette Magdi Allam nel mirino", pubblicato dall'OPINIONE il 23 settembre 2005, "In attesa dell’evoluzione democratica dell’Islam nel mondo arabo e non, da tempoin Italia si registra un’involuzione squadristica dei sedicenti
rappresentanti delle comunità musulmane nostrane"

Di seguito il testo dell'articolo:

In attesa dell’evoluzione
democratica dell’Islam nel
mondo arabo e non, da tempo
in Italia si registra un’involuzione
squadristica dei sedicenti
rappresentanti delle
comunità musulmane nostrane.
Bisogna sapere che l’islam
non ammette preti, cioè
mediatori tra l’uomo e Dio,
cioè Allah, che poi è una parola
che vuol dire semplicemente
Dio, e quindi questi auto
referenti imam del caciocavallo,
che ogni due per tre
qualcuno ci propina in tv a
parlare a nome dell’immaginaria
comunità islamica di
Como piuttosto che di Torino,
altro non sono che degli impostori.
Nella migliore delle ipotesi.
Non a caso l’unico imam
di una certa serietà presente in
Italia, quello della Moschea di
Roma, nominato dall’Egitto,
dal Marocco e dall’Arabia
Saudita, si guarda bene dall’andare
a incontri pubblici o
peggio in onda auto promuovendo
la propria carica come
se rappresentasse tutta la
comunità islamica romana.
Semmai di un imam si può
dire che è la guida della preghiera
e che è autorizzatoa
tenere la "kutba", una specie
di sermone che, per capirsi,
assomiglia alla predica del
prete a messa la domenica.
Punto.
Invece sabato 17 settembre
il sedicente imam della
comunità islamica di Como,
tale Sawfat El Sisi, spalleggiato
da una decina di energumeni
barbuti, ha fatto irruzione
in un teatro tenda dove
Magdi Allam stava presentando
il suo ottimo libro "Vincere
la paura", che poi è un forte
appello a tutti i cittadini di fede
musulmana di ribellarsi ai
regimi tirannici che li opprimono
nel mondo arabo e
soprattutto a non farsi fagocitare
dalla multinazionale di
Osama bin Laden.
Il lettore si chiederà il perché
di questa sceneggiata, a
questo punto.
La risposta è semplice: il
molto democratico autonominato
imam della comunità
comasca dice che Allam non è
degno dell’Islam e che scredita
i musulmani semplicemente
perché racconta la verità.
Davanti alla gente incredula
questo signor El Sisi ha detto
di chiamarsi anche lui Allam
di cognome ma di esserselo
voluto cambiare per non essere
confuso con il vicedirettore
del "Corriere della sera".
Sono seguite scene pietose
con esclamazioni tipo "tu
hai fatto male all’Islam e te ne
devi andare". E alla fine, invece,
il coraggioso Magdi (non
deve essere bello vivere con
sei angioletti di scorta a causa
dell’ostilità ingenerata da
gentaglia come questo imam e
dalle minacce di Hamas, unite
alle calunnie sparsegli intorno
dallo stato maggiore dell’Ucoii)
ha reagito come dovrebbe
fare ogni buon musulmano,
e anche cristiano, in Italia di
fronte a questa gente violenta,
dando dell’impostore all’energumeno
barbuto. Perché
nessuno di questi signori,
immigrati o italiani convertiti,
può veramente parlare a
nome dell’Islam. E se lo fanno
è solo perché, nell’ignoranza
generale, hanno fatto della
propria presunta fede islamica
una remunerata professione.
Non a caso ambirebbero
all’8 per mille così poi i soldi,
miliardi, se li spartirebbero
queste associazioni, come
l’Ucoii, che nella migliore
delle ipotesi li userebbero per
arricchimento personale. Ben
sapendo che nella peggiore
potrebbero finanziare la rete
dei fratelli musulmani europei.
Per non dire peggio. E che
sia questo il bersaglio grosso
a cui questi "professionisti
dell’estremismo islamico"
puntano è facile capirlo leggendo
i passi della incredibile
lettera che il convertito italiano,
il sardo Roberto Piccaro,
che si fa chiamare "hamza",
ha osato scrivere a Ciampi per
lamentarsi di presunte discriminazioni
che in Italia patirebbero
i cittadini di fede
musulmana. Bel personaggio
questo Piccardo, con un passato
nell’estrema sinistra
degli anni ’70 e che oggi rilascia
interviste in cui si giustificano
i kamikaze suicidi in
Israele e in Iraq e nega allo
stato ebraico il diritto di esistere.
A gente come questa
vogliamo dare l’8 per mille?
Altro che consulta islamica,
Pisanu farebbe bene invece a
infiltrare carabinieri in borghese
e poliziotti in ciascuna
delle 160 moschee "fai da te"
dell’Ucoii. E visto che c’è,
farebbe bene forse a tenere
d’occhio anche a questi irresponsabili
e spesso imbecilli
buonisti che fanno da sponda
ai pericolosi estremisti da cui
spesso vengono gli "home
made kamikaze" di cui lo stesso
Allam ha parlato in un altro
fondamentale libro. Cattolici
di base, Cobas, religiosi cristiani
e accademici delle varie
università orientali del Bel
Paese da tempo giocano con il
fuoco invitando ai loro convegni
questi impostori e dando
loro una dignità istituzionale e
religiosa che in realtà non
hanno. E’ tempo per i buoni
cittadini italiani e stranieri che
vivono in Italia, di qualunque
fede essi siano, di dire semplicemente
una parola, ma di
ripeterla almeno tre volte:
basta, basta, basta.
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