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Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 14/07/2021, a pag.14, con il titolo "A Cuba la scure del regime: 10 morti e oltre 5mila arresti", la cronaca di Paolo Manzo.
La violenza dei «Berretti Neri» sta facendo strage a Cuba e a 48 ore dall'inizio della rivolta sociale nell'ultimo fine settimana su tutta l'isola ieri si registravano morti (una decina), feriti (più di duemila), detenuti (almeno 5mila) e dispersi (centinaia). Difficile dire con precisione quanti o dove, perché internet e le linee telefoniche sono state interrotte dalla dittatura, ma a poco a poco la gente esasperata aggira la censura di Stato con VPN e social, riuscendo così a far conoscere al mondo seppur a spizzichi e bocconi il bilancio della repressione. L'unico modo per sapere quanto accade a Cuba in queste ore è dunque ciò che resta di Internet e dei media locali indipendenti che, nonostante i rischi, riescono a trasmettere un po' di verità da Cuba. La stampa estera, invece, deve edulcorare le cronache e chi non accetta il compromesso rischia di far la fine della corrispondente del quotidiano iberico ABC, Camila Acosta, arrestata per «crimini contro la sicurezza dello Stato» (sic), o il fotografo di Associated Press, Ramón Espinosa, malmenato selvaggiamente mentre tentava di riprendere poliziotti che sparavano sui manifestanti. A Batabanó, città di 25mila abitanti 60 km a sud della capitale l'Avana, una donna si scaglia contro Miguel Diaz-Canel e «i suoi schifosi comunisti», accusandolo della morte del nipote.
«Gli hanno rotto i denti, gli hanno tirato addosso i cani, lo hanno picchiato sette, otto Berretti Neri», urla disperata, per poi minacciare: «Mentre i figli degli scagnozzi che difendi sono al sicuro in altri paesi, i tuoi sono a Cuba ma la pagheranno cara». «Nei gruppi di Facebook si registravano ieri notte diverse morti a Batabanó, a causa della repressione della polizia», ha pubblicato il giornalista José Raúl Gallego. «Secondo quanto si dice, sono stati assassinati con pistole e selvaggi pestaggi per aver filmato la repressione». Remy racconta come sia stato assassinato suo fratello. «Lo hanno colpito con dei bastoni da dietro, gli hanno cavato gli occhi, i denti - ha detto - Gli uomini veri si uccidono guardandosi in faccia, non fanno quello che hanno fatto a lui. Avrei preferito che gli sparassero al petto o alla testa non che lo torturassero così». Impossibile stabilire quanti morti ed arrestati ci siano sino ad ora. «La repressione è brutale» denuncia un prete dell'Avana al quotidiano online 14yMedio della dissidente Yoáni Sánchez che chiede l'anonimato per ovvi motivi. «Il governo ha tolto internet perché non si sappia la verità ma all'alba tra domenica e lunedì ci sono stati molti desaparecidos, è stato terribile, la polizia ha lanciato i cani sulle persone». Il religioso assicura che l'altro ieri ci sono state «enormi manifestazioni a Camagüey (la terza città più popolosa dell'isola, ndr), dove la repressione è stata brutale e solo là ci sarebbero 2.000 feriti». Tra loro anche padre Castor Alvarez, picchiato e arrestato dalla dittatura mentre difendeva i giovani dai Berretti Neri. A differenza di quanto detto dal regime, le proteste sono continuate in molte città anche ieri e l'Avana oggi è totalmente militarizzata.
Almeno 115 gli attivisti, artisti e giornalisti desaparecidos, tra cui José Daniel Ferrer, leader dell'Unione Patriottica di Cuba (Unpacu), Luis Manuel Otero Alcántara, artista del Movimento San Isidro e molti solo colpevoli di avere diffuso la canzone «Patria e Vita», la colonna musicale della rivolta contro il castrismo. Sul fronte internazionale il presidente Biden per ora si è limitato all'appoggio morale ai «cubani che agognano la libertà», la Russia al pari di Argentina e Messico hanno condannato «ogni ingerenza negli affari interni cubani», Pechino tace mentre, in Italia, Berlusconi ha fatto sapere di avere «chiesto un intervento dell'Ue e sanzioni contro chi istigano a scontri violenti tra la popolazione cubana per mettere a tacere le manifestazioni pacifiche».
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