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Il Giornale Rassegna Stampa
13.06.2021 L'eredità di Netanyahu
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 13 giugno 2021
Pagina: 14
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Congiurati pronti a giurare alla Knesset. Ma Bibi ha reso Israele indispensabile»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 13/06/2021, a pag. 14 con il titolo "Congiurati pronti a giurare alla Knesset. Ma Bibi ha reso Israele indispensabile", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

A destra: Naftali Bennett, Benjamin Netanyahu

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Fiamma Nirenstein

"Il nobile Bruto dice che Cesare era ambizioso", e che si dica, dice Ottaviano secondo Shakespeare. E poi si avventura nelle lodi di Cesare il cui corpo giace sul selciato di Roma, e suscita l'amore della folla. La storia ha parlato di Cesare come si meritava, protagonista della storia romana. E così sia per Netanyahu, che per fortuna, sia chiaro, sta benissimo di salute e magari tornerà ad essere Primo Ministro. Ma oggi i nobili nuovi membri del governo non solo dicono che la loro è una santa impresa di salvataggio della nazione, ma di compimento di un'opera storica indispensabile. Portano di questo una quantità di ragioni che sovrasta di gran lunga la loro non chiara prospettiva di governo: dicono che per quanto un leader possa essere prezioso in democrazia dodici anni al potere sono un'anomalia che (oltre a suscitare invidia) risulta in una diminuzione della democrazia stessa. E aggiungono proditoriamente che questo era nelle intenzioni di Netanyahu. La seconda ripetuta motivazione è che Cesare, ovvero Netanyahu, ha un carattere difficile, superbo, che non conosce remissione né scusa e non fa crescere virgulti: ed è per questo che i personaggi che oggi sono al Governo, a partire da Naftali Bennet a Yair Lapid a Yvette Lieberman a Gideon Sa ar possono tutti dire di essere stati trattati con poca giustizia e con spocchia. Ma anche Churchill non aveva un buon carattere. Questo non lo ha limitato nel salvare l'Europa da Hitler. Così sia per Cesare. Sono divenuti parte dell'insofferenza verso il leader la famiglia di Netanyahu, il carattere di sua moglie Sara e gli interventi di suo figlio Yair, ma non risulta che abbiano mai influito sulle chiara, elaborata strategia sionista del Primo Ministro. E naturalmente si usa per lui ad abundantiam l'aggettivo "corrotto" rispetto alle tre accuse per cui oggi siede in tribunale indiziato di reato: ma si tratta secondo molti giuristi di accuse fasulle e pretestuose, come quella di aver parlato ai giornali cercando coperture positive che non ha mai ottenuto, o quella di aver ricevuto ridicoli regali in champagne contro aiuti secondari. Tuttavia Bruto è uomo d'onore. Netanyahu tuttavia, la cui storia conosce un intervallo ma che nessuno sa come continuerà, ne fa un uomo di svolte grandiose nella storia di Israele, l'ultima delle quali, la vittoria del Paese sul Covid, è testimone di un modo di lavorare, secondo tutti i testimoni, che non conosce tregua, che va diritta allo scopo avendone individuato il principio fondamentale che in questo caso, fin dal primo giorno, sono stati i vaccini.


La Knesset

Vaccinare tutti è stato per Netanyahu sinonimo di salvare Israele, per questo l'ha fatto meglio di tutto il mondo, e questo è il suo drive: la sua percezione, affinatasi nel tempo, che Israele è un Paese da salvare, piccolo, dai confini insicuri, dai nemici decisi, il solo Paese che tiene saldi i valori dell'Occidente figli della storia dell'ebraismo e che per questo ha bisogno di una particolare dedizione e di una determinazione che non scherza e che capisce che non c'è compromesso possibile sulla sicurezza. La prima volta che Netanyahu fu Primo Ministro nel 1996 , battendo Shimon Peres, questa determinazione appariva dura e solenne, troppo per resistere: nel tempo quindi l'ha mollificata nel comportamento, ma solidificata nei contenuti. Durante un viaggio in Argentina spiegò dove stava andando: Israele deve potersi difendere da solo, la sua tecnologia, la sua scienza non devono conoscere rivali, deve avere le armi più moderne, devi sguinzagliare le migliori intelligenze. Per fare questo occorre molto denaro, devi liberare l'economia, ridurre la burocrazia, mercati aperti e grandi rapporti internazionali. Qui Netanyahu individua la sua strada per quella che è sempre stata la maggiore ambizione di ogni Primo Ministro, da Begin a Rabin, di destra e di sinistra: la pace. Capisce che la pace coi palestinesi si merita dei tentativi seri, come quello del congelamento delle costruzioni nella West Bank, si merita il suo discorso che impegna il Paese a "due Stati per due popoli" ma capisce anche, al contrario di Obama che cerca di imporgli quello scivoloso, inconcludente terreno delle rinunce territoriali dopo Oslo, che i palestinesi non vanno da nessuna parte perché rifiutano, nei fatti l'esistenza dello Stato ebraico. E allora cerca un allargamento effettivo, anche per i palestinesi nel futuro, nei Patti di Abramo: la sua conquista della simpatia oggettiva di una parte dei Paesi arabi al suo progetto è basato innanzitutto sulla sua coraggiosa determinazione di opporsi persino agli Stati Uniti, ovvero a Obama, quando l'Iran diventa per loro un ingannevole interlocutore: Bibi sa che la sua scelta di parlare al congresso americano con sincerità sul pericolo iraniano è costoso e critico, ma di fatto quello gli aprirà la via verso un incredibile, fantastico allargamento di orizzonti ai Paesi islamici. Bibi facendo questo ha spinto Israele sulla strada della sua dottrina più larga, della sua prospettiva migliore: Israele è una piccola grande potenza benefica, che può aiutare il mondo dall'acqua alla lotta contro il terrorismo ai satelliti al vaccino all'high-tech alla medicina... Israele con Netanyahu è diventata indispensabile al mondo intero.

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