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Il Giornale Rassegna Stampa
05.06.2021 Un secolo negli occhi di cinque donne speciali
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 05 giugno 2021
Pagina: 32
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Un secolo negli occhi di cinque donne speciali»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 05/06/2021, a pag. 32 con il titolo "Un secolo negli occhi di cinque donne speciali", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein

Le indiscrete - Elisabetta Rasy | Libri Mondadori
La copertina (Mondadori ed.)

Il labirinto in cui Elisabetta Rasy ha deciso di avventurarsi con "Le indiscrete" (pubblicato da Mondadori), ovvero le prime avventurose fotografe, è ancora più complicato di quello della sua precedente fatica sulle pittrici donne: là c'era anima, avventura, epoche, ma ciascuna storicamente conchiusa nel proprio periodo figurativo, dai caraveggeschi a Charlotte Salomon travolta nella Shoah, con l'aggiunta della complessità e della specificità femminile. Qui con le fotografe di Elisabetta, Tina Modotti, Dorothea Lange, Lee Miller, Diane Arbus e Francesca Woodman, fra l'inizio e la metà del secolo scorso, ci si avventura in un groviglio temporalmente ristretto, in cui il gioco figurativo generale , compreso quello della pittura, si modifica proprio perché nuove possibilità si affacciano con le macchine fotografiche: è il mondo intero che cambia, la sua dimensione conoscitiva.

È una rivoluzione immensa, che ancora stiamo esplorando al giorno d'oggi, la rivoluzione dell'immagine. E ognuno di queste biografie quindi è un fuoco d'artificio di nomi, ambienti artistici e culturali, avventure sociali e politiche, storie d'amore. Rasy supera se stessa nel condurci per mano in un'esplosione di temi che ognuna delle protagoniste modula diversamente, ma sempre sul leitmotiv della ricerca di una se stessa nuova e rivoluzionaria tramite l'obiettivo. Rivelatrice, ideologica, oggettiva, grandiosa, microscopica: l'immagine consente a ciascuna la moltiplicazione della capacità umana di guardare, e quella al femminile lo fa partendo da un'ottica fino ad allora relegata in secondo piano, e quindi tutta da scoprire. Essa apre lo sguardo del mondo su vicende, espressioni, caratteri, angoli delle città stesse in cui viviamo, esseri umani che incontriamo ogni giorno. Le cinque donne di Elisabetta impugnano la macchina fotografica come Sherlock Holmes la lente di ingrandimento, e scoprono di tutto mentre diventano protagoniste della vicenda dell'immagine che prende possesso della realtà e la trasforma. Le donne sono per natura portate a questa scoperta perché vivendo una condizione particolare, guardando dall'angolo della loro specifica sociale e sentimentale,della loro oppressione storica, sono portate a guardare oltre la realtà evidente, quella delle convenzioni, delle apparenze, del sorriso stereotipato, per scoprire, e in questo caso far scoprire, quello che c'è dietro. E inoltre la scatola magica, pensa Rasy, è fatta per le donne: la Korona, la Graflex, all'inizio sono quasi nascoste, compagne discrete, anche per chi, come Tina Modotti, dapprima modella bellissima, può avvicinarsi a quell'oggetto prima conoscendolo solo passivamente, e poi passare all'azione.

Anche Lee Miller è una bellissima adorata che si scansa e diventa fotografa e non fotografata. Si cambia posizione con la capriola storica che è tipica delle donne all'inizio e via via lungo il secolo scorso, passando dallo stato di oggetto osservato a quello di soggetto, primo attore, e, definitivamente: artista.  Le fotografe prescelte dalla Rasy sono ormai delle icone di fama e di valore mondiale: ma tutte quante, persino quando la loro vita si è disegnata nell'agio come quella della Garbus, devono percorre per arrivare a usare l'obiettivo come una lancia di luce un percorso di incertezza, sofferenza, confusione, dipendenza... insomma devono pagare per intero il prezzo di essere donna, e per due di loro nemmeno la moneta della sofferenza basterà. Diane Arbus e Francesca Woodman vengono consumate dalla loro confusione fino al suicidio dopo per altro aver raggiunto un grande successo tramite avventure mirabolanti, specie nel caso della Arbus, e si ha la stessa sensazione anche per Tina Modotti, che muore giovane in un taxy senza ragioni evidenti, come consumata da troppe avventure, troppa rivoluzione, il Messico, il comunismo, l'assassinio, i pittori muralisti come Diego Rivera, l'amore divorante e poliedrico. Anche per le altre l'apprendimento del mestiere è una questione di passione divorante, uomini, nudità, moda, e chi in un modo chi in un altro, chi nella New York più elegante, chi nella San Francisco stravagante, chi nella Parigi più chic vivono sia il sesso che la mondanità intellettuale sfrenatamente: ambedue sono elementi travolgenti nelle vite che la Rasy esplora con un affetto sconfinato fin dentro il salotto di Gertrude Stein o nello studio di man Ray, e persino con Fizgerlad e Hemingway. Il mondo si agita in attesa di ciò che verrà. Vediamo come l'immigrata sofferente e poi super emancipata Dorothea Lange affonda lo strazio del suo piede martoriato dalla polio nella camera oscura e si lancia all'avventura, gioca a una vita intensiva e stravagante di cow boy e indiani col marito western Maynard Dixon e due figli maschi nella wilderness americana, per poi finalmente imboccare la strada dell'affresco di "an american exodus" la depressione americana che il suo amore  e nuovo sposo Paul Taylor classifica e nota e lei fotografa, affondando nel mondo della immensa miseria degli americani poveri e spossessati, immigrati nella loro stessa terra. Gli elettori di Trump di un tempo.

Il libro di Elisabetta Rasy ci racconta anche come le nostre fotografe siano immerse nel mondo ribollente della cultura di quegli anni, narcisistica, ribelle, spiritosa, inconsapevole dei disastri che alla fine, come nelle foto di Lee Miller, dalla moda vanno a  finire nell'esperienza della tragedia ebraica, mentre la sua vita irriverente passa con stravaganza per un matrimonio in Egitto e balugina nuda nella vasca da bagno di Hitler, unica inviato donna a lato dell'esercito americano in Europa: leggere per credere. Le nostre fotografe sono una girandola di avventure, in cui alla fine si affaccia però sempre la convinzione di dover comunicare una realtà misteriosa che nessuno vede, e a cui invece è l'ora che il mondo si svegli. È per questo che Diane Arbussi avventura, nelle sue famosissime foto quadrate, ad esporre la estrema stravaganza dei diversi, tema nuovo che diventerà dominante, dai travestiti ai nani alla donna barbuta ma anche agli aspetti inaspettati dei suoi amici newyorkesi  divi d'attualità come Germaine Greer o Andy Warhol, nessuno particolarmente contento di come lei li vede.

Norman Mailer ha detto che una macchina fotografica nelle mani di Diane era una bomba nelle mani di un bambino. Un complimento straordinario su quanto l'immagine possa diventare dirompente se usata da questa fotografa. Così accadde per la fotografia nelle mani delle grandi fotografe donne: una bomba di verità. A volte, difficile da sopportare.

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