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Il Giornale Rassegna Stampa
10.05.2020 La Svezia tra immigrazione e delinquenza
Commento di Lorenzo Formicola

Testata: Il Giornale
Data: 10 maggio 2020
Pagina: 24
Autore: Lorenzo Formicola
Titolo: «La Svezia ora fa i conti con le gang di immigrati»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 10/05/2020, a pag. 24, l'articolo di Lorenzo Formicola dal titolo "La Svezia ora fa i conti con le gang di immigrati".

Radical Islam wins in Sweden: Number of Islamists increases by 900 ...

Non vi è alcun dibattito pubblico sugli stupri di gruppo e le "rapine di umiliazione" come problema sociale. Il dibattito se esiste è volto a stabilire esclusivamente se si tratta solo di affermazioni razziste. Il politicamente corretto qui è tale che si è tacciati di razzismo anche quando si pubblicano risultati di ricerca, e di conseguenza ci sarà la censura dei media. Eppure senza i due o tre in totale nel panorama nazionale che provano a raccogliere dati e informazioni, non avremmo nulla a riguardo». È la prima cosa che ci ha raccontato un avvocato svedese impegnato in politica quando gli abbiamo chiesto del «förnedringràn». Senza mancare di segnalare la preoccupazione circa un Paese che se non ha dovuto fronteggiare l'emergenza coronavirus, sicuramente da anni è costretto a subire le conseguenze nefaste dell'immigrazione incontrollata. E oggi paga un conto salato. C'è un nuovo tipo di crimine, infatti, che fa notizia in Svezia. Ecco il förnedringrán. Förnedring significa «umiliazione» e rán significa «rapina». Le vittime di queste «rapine di umiliazione» sono quasi sempre bambini o adolescenti. Ma il grande e pulito nord Europa è certamente in balia di un processo iniziato anni addietro. Il numero di baby gang che competono con coetanei è aumentato del 100% in soli quattro anni, secondo il recentissimo studio della polizia svedese. Nel 2016 ci sono stati 1.178 furti ai danni di ragazzini minori di 18 e già nel 2019, le cifre toccavano i 2.484 casi. Mentre il numero dei crimini violenti in cui il sospettato è un 15enne, o anche meno, ha subito un'impennata drammatica: nel 2015 erano stati segnalati 6.359 episodi, nel 2019 sono diventati 8.719. Le cosiddette «rapine di umiliazione» fanno inorridire la cronaca. Come a Göteborg, qualche giorno fa, quando una banda criminale di giovani ha costretto la vittima a baciare i piedi del capo della banda, e poi gli ha calpestato il viso fino a quando non è svenuto, mentre veniva tutto filmato. A Stoccolma, pochi giorni dopo, due sedicenni hanno derubato, preso a pugni e a calci la loro vittima diciottenne per ore per poi urinargli addosso. Anche quest'episodio, come tanti altri è stato filmato e diffuso sui social. Eppure la stampa, che di solito tende a non dare troppi dettagli, recentemente non ha inteso indicare che le baby gang in questione si compongono di figli di immigrati. L'ultima inchiesta giornalistica, però, che risale al 2017, firmata dall'Expressen, individua 49 reti criminali e l'82% dei circa 600 membri di ogni banda sono stranieri o figli di immigrati. Il principale paese d'origine è l'Iraq, seguito da Bosnia, Libano, Somalia, Siria e Turchia. Thomas Petterson, analista della polizia di Göteborg, non smette di indicare nel modus operandi delle nuove bande di criminali il tentativo di «mostrare il loro potere. Vogliono dominare i luoghi. Lo fanno mettendo paura agli altri giovani». Eppure, l'unico aspetto veramente nuovo del crimine importato è la misura in cui anche i media tradizionali svedesi non riescono più a ignorarlo. Già nel 2007, quattro accademici, Ingrid Björkman, Jan Elfverson, Jonathan Friedman e Ake Wedin scrissero Exit the Swedish Welfare State. E le tecniche di adescamento non sono mai cambiate. Così come le violenze sessuali. Il risultato negli anni è che le bande di immigrati hanno preso letteralmente il possesso di alcune aree del Paese: una nuova mafia che delle rapine e delle violenze sessuali ha fatto il proprio codice, mentre si prendono beffe della polizia. D'altronde, oltre a disprezzare volutamente l'autorità per loro straniera, non hanno nulla di cui temere dal momento che si tratta di un fenomeno volutamente di minorenni. Sono sempre di più i quartieri interdetti ai giovani e, soprattutto, alle giovani svedesi. Solo nel 2019, la Svezia ha registrato un aumento del 6% di stupri rispetto al 2018. Un aumento grave, se si pensa che il Paese ha dovuto cambiare persino la definizione di stupro - per via di tutte le sentenze che la davano vinta agli stupratori immigrati -, e che l'anno scorso la polizia svedese ha aumentato il numero di agenti di polizia che si occupano di reati sessuali. Ma la situazione non sta migliorando. I dati sono implacabili, con il 51% di casi in più che coinvolgono gli abusi su 15enni. Nel 2018, SVT ha dimostrato che al 58% gli stupratori sono originari del Nord Africa, del Sud Africa, dell'Afghanistan e del Medio Oriente. La BBC ha anche riferito che, nei casi in cui le vittime non conoscevano i loro aggressori, la percentuale di uomini nati all'estero condannati per violenza sessuale era pari all'80%. Il förnedringrán ha portato anche a un aumento considerevole delle richieste di porto d'armi. E mentre gli svedesi subiscono un'ondata di violenza che si fa sempre più brutale, il rapporto Hate Crimes 2018 del Consiglio nazionale svedese per la prevenzione del crimine (BRA) ha mostrato anche che l'antisemitismo nel paese ha registrato un aumento del 53% dal 2016 al 2018. Per un paese come la Svezia, che è diventato sempre più secolare negli ultimi decenni, l'afflusso di musulmani da paesi devastati dalla guerra ha avuto un grande impatto sulla politica e sulla società. E se quella Svezia che è stata ben nota per la sua atmosfera accogliente verso i rifugiati ha fatto un cambio di marcia brusco, un motivo c'è. Nel 2014, il precedente primo ministro Fredrik Reinfeldt tenne un discorso invitando gli svedesi ad aprire il proprio cuore ai rifugiati in cerca di protezione. Nel 2015 la Svezia ha ricevuto 58.802 casi di asilo per i quali al 55% è stato concesso. Poi, tutto d'un tratto l'esito positivo è stato dato solo al 23%. E l'agenzia svedese per le migrazioni ha anche cambiato radicalmente criterio con cui di stabilisce chi è da considerare rifugiato e chi no.

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