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Il Foglio Rassegna Stampa
08.07.2024 La giudeofobia, dalla destra è passata alla sinistra
Commento di Pascal Bruckner

Testata: Il Foglio
Data: 08 luglio 2024
Pagina: III
Autore: Pascal Bruckner
Titolo: «Sul pericolo Mélenchon»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/07/2024, a pag. III, il commento di Pascal Bruckner dal titolo "Sul pericolo Mélenchon" (traduzione da Le Point di Mauro Zanon)

Pascal Bruckner
Jean Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, l'estrema sinistra francese. Nelle sue file si annidano estremisti islamici ed estremisti della sinistra antisionista. E' l'epicentro del nuovo antisemitismo. 

Dagli anni Trenta, la sinistra sguaina la sua artiglieria antifascista contro qualsiasi avversario considerato minaccioso nei suoi confronti” ha scritto su Le Point (prima del secondo turno delle elezioni francesi) Pascal Bruckner, saggista e intellettuale francese, autore fra gli altri de “Il singhiozzo dell’uomo bianco”, “La tirannia della penitenza”, “Il fanatismo dell'Apocalisse” e “Un colpevole quasi perfetto: La costruzione del capro espiatorio bianco”, saggi (tutti per Guanda in Italia) in cui uno dei “nouveaux philosophes” analizza il masochismo culturale occidentale.

“Si può avere un’allergia radicale verso il Rassemblement national, la sua incompetenza economica, la sua xenofobia, la sua fedeltà a Mosca e il suo pesante passivo estremista, ma “nazificare” Marine Le Pen e Jordan Bardella non ha alcuna pertinenza se non polemica. Almeno per il momento, anche se possiamo temere un ritorno di ciò che è represso. Nel frattempo, si è verificato uno strano rovesciamento: l’antisemitismo, passione della destra nazionale, si è trasferito nel campo della sinistra decoloniale. La giudeofobia “progressista” ha una lunga tradizione, dalla denuncia di Karl Marx della “nazionalità chimerica” degli ebrei dipendenti dal denaro fino a Jules Guesde, anti dreyfusardo convinto, senza dimenticare il comunista Benoît Frachon, che nel 1967 denunciò la “tribù cosmopolita dei banchieri”. Ai loro occhi, l’ebreo incarnava l’odiato plutocrate che affamava e sfruttava i popoli. La nascita di Israele ha aggiunto il colonialismo alle accuse: questa piccola patria nazionale è sospettata di continuare nel suo piccolo la grande avventura imperialista dell’occidente. Al deportato del dopoguerra, oggetto di ogni sollecitudine, è subentrato il colono armato e razzista, bersaglio di tutte le collere. Fondato su una spoliazione, lo Stato ebraico, nazione di paria, è diventato gradualmente, agli occhi dei suoi detrattori, il paria delle nazioni. Gli ebrei, un tempo vittime esemplari, hanno perso questa corona a favore dei palestinesi, il cui processo di beatificazione prosegue senza sosta da mezzo secolo. In medio oriente si sta combattendo una battaglia titanica per il titolo mondiale di “reprobo”: gli ebrei hanno perso la palma del martirio, che ora appartiene agli arabi. Israele può essere condannato due volte: come appendice occidentale radicata in oriente, maschera il suo appetito territoriale sotto il mantello di un torto insormontabile, il genocidio. L’odio dell’occidente, su entrambe le sponde dell'Atlantico, passa ormai, e soprattutto dopo il 7 ottobre 2023, dall’odio verso gli ebrei, che ne diventano la comunità emblematica dopo essere stati per secoli il suo capro espiatorio.

Ci sono due elementi aggiuntivi: il wokismo sostiene che i “bianchi” siano intrinsecamente razzisti, che lo vogliano o meno. Ma dalla creazione di Israele, l’ebreo ha subìto a sua volta la maledizione della pigmentazione: è sbiancato, ha superato la “linea del colore” (Enzo Traverso) ed è diventato un membro della razza superiore. Nei campus d’oltreoceano, il conflitto in medio oriente viene letto come un’immagine speculare della lotta degli afroamericani contro i suprematisti bianchi. Infine, il termine “islamofobia”, riapparso nel lessico internazionale con il caso Rushdie, viene proposto come sostituto dell’antisemitismo. Poiché la sinistra, bisognosa di un soggetto rivoluzionario, ha eletto il musulmano a nuovo “dannato della terra”, l’“islamofobia” sta diventando la forma dominante di razzismo. Esprimere un’opinione negativa sulla religione del Profeta equivale a un reato, se non a un crimine. Mentre la persecuzione dei credenti è punibile per legge, l’esame di una fede è una questione che riguarda solo lo spirito critico. Nel martirologio contemporaneo, il musulmano ha sostituito l’ebreo; ma è quest’ultimo che viene cacciato dalle scuole e dai quartieri, costretto a nascondersi e ucciso – 13 cittadini francesi di fede ebraica sono stati uccisi dai jihadisti dal 2006. In questo modo, il debito morale dell’Europa viene trasferito dall’ebreo al musulmano, il primo viene rimandato dalla parte del colonizzatore attraverso la sofferenza palestinese e il secondo viene issato sul podio dei “maledetti”. Non possono esistere due entità martirizzate. In nome della lotta al colonialismo, il primo dovere di un progressista illuminato sarebbe quello di essere antisemita. Tutto ciò che gli ebrei devono fare è dissociarsi da Israele, ha dichiarato il sociologo Laurent Mucchielli nel 2015.

Una caratteristica specifica della modernità: il nuovo razzismo si esprime ora con le parole dell’antirazzismo. Questa nuova giudeofobia si veste ancora di resistenza all’antisemitismo e giura, con la mano sul cuore, di combattere ogni forma di discriminazione. Abbiamo visto il tweet strappalacrime di Mélenchon sulla ragazzina violentata a Courbevoie da tre adolescenti, un mini 7 ottobre su scala nazionale, nonostante poco prima avesse detto che l’antisemitismo era “residuale” in Francia. I giovani di Berkeley, Columbia e Sciences Po che stanno manifestando contro Netanyahu e il “genocidio” dei palestinesi agiscono forse in buona fede. Anche loro sono alla ricerca del gold standard della sofferenza, della vittima assoluta per cui lottare. E’ in nome dell’umanità che demonizzano Israele ed esprimono la loro avversione per i sionisti: antisemitismo attraverso l’altruismo. Ma la concorrenza tra le vittime non fa una politica. Questo tipo di “palestinismo” non è altro che una pura idea, lontana dalla vita reale degli uomini e delle donne di Gaza e della Cisgiordania, che sono pronti a consegnarsi a Hamas a mani e piedi legati. Quando Rima Hassan, perseguita per apologia di terrorismo, sostiene che le dichiarazioni di Stéphane Séjourné su Israele sono dettate dal Conseil représentatif des institutions juives de France, e Aymeric Caron ritiene che i “sionisti” non appartengano alla sua stessa umanità, entrambi rivelano il vero volto del loro partito politico (…)”.

E’ stato un grave errore invitare la gente a votare Nuovo fronte popolare per bloccare Rn? La tesi di Bruckner, sempre ragionando non in generale ma sul tema dell’antisemitismo, è questa: al di là del risultato finale, è stato come chiedere di contrarre la peste per evitare il colera. La giudeofobia della sinistra sarebbe forse più cool di quella dell’estrema destra? “Tra Dieudonné, Alain Soral e Jean-Luc Mélenchon c’è solo lo spessore di un foglio di carta. L’Europa e soprattutto la Francia pensavano di aver eretto tutte le barriere morali per impedire il ritorno della “bestia immonda”. Ma è tornata, riciclata dall’estrema sinistra nella sua ossessiva denuncia di Israele. La celebrazione di Hamas, descritto come un “movimento di resistenza”, l’esplosione degli atti antisemiti dopo il 7 ottobre e le vili invettive di Lfi contro Yaël Braun-Pivet e Raphaël Glucksmann dimostrano che gli Insoumis, complici attivi dell’islam radicale, hanno raccolto l’eredità di Vichy in modo nuovo, pur pretendendo di resistere alla peste bruna. Poiché godono del privilegio dell’anzianità, gli ebrei rimangono il gold standard dell’odio razziale. Una volta esaurito il giro dei capri espiatori, lui è sempre lì come ultima risorsa. Quando vedremo i pogrom repubblicani per “de-sionizzare” la Francia?

(Traduzione di Mauro Zanon)

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