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Il Foglio Rassegna Stampa
24.01.2023 Gli ucraini al servizio di Putin
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 24 gennaio 2023
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Gli ucraini di Mosca»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 24/01/2023, a pag. 1, con il titolo "Gli ucraini di Mosca", l'analisi di Micol Flammini.

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Micol Flammini

Ucraina: Putin come Hitler? — L'Indro

Roma. L’offensiva russa di primavera è preceduta dall’invernale impennata dell’offensiva mediatica, volta a dimostrare che sono gli stessi ucraini a sostenere le tesi del Cremlino e a smentire le affermazioni del presidente Volodymyr Zelensky. I soggetti da cui parte questa offensiva sono due: il primo è un personaggio da sempre colluso con Mosca e che si sta prestando ben volentieri alla propaganda. Il secondo è invece un bersaglio strumentalizzato, che non nutre dubbi sulle responsabilità di questa guerra ma è finito in una storia confusa di annunci e smentite. Sono, rispettivamente, Viktor Medvedchuk e Oleksii Arestovich. Un miliardario amico del Cremlino e uno psicologo consigliere, non ufficiale, della presidenza ucraina. Medvedchuk ha sempre collaborato con Mosca, dopo l’inizio dell’invasione venne arrestato dalle autorità ucraine mentre cercava di fuggire ed è stato rilasciato durante uno scambio di prigionieri. Da allora vive in Russia e la scorsa settimana ha firmato un editoriale sul quotidiano Izvestia. Medvedchuk scrive per accreditarsi come primo rappresentante di un partito della pace ucraino che raduna “chi non si è arreso, chi non ha rinunciato alle proprie convinzioni temendo la morte o il carcere, chi non vuole che il proprio paese diventi il teatro di uno scontro geopolitico”. Medvedchuk propone anche la creazione di un centro di emigrazione che dovrebbe funzionare come un governo fantoccio a distanza. Sapendo quanto i rapporti tra Medvedchuk e Vladimir Putin siano stretti, la proposta è semplice: il Cremlino si appresta a sdoganare l’idea di un governo parallelo con il quale trattare le sue condizioni di pace creandosi così un mediatore ad arte. Medvedchuk rappresenta lo strumento perfetto e nel suo articolo riprende alcuni degli argomenti della propaganda russa: il governo ucraino che si sta svendendo all’occidente, che usa l’Ucraina per far guerra alla Russia ed erodere la fratellanza slava; il Donbas russofilo che ha dovuto subire le angherie della parte occidentale del paese dopo aver di fatto nutrito l’economia di tutta l’Ucraina. Politicamente il miliardario non ha mai avuto grande presa sulla nazione, è stato il punto di contatto tra il Cremlino e l’Ucraina dopo la cacciata del presidente Viktor Yanukovich, ma non ha mai avuto un buon indice di gradimento, neppure nel Donbas che cita nel suo articolo. L’uso a sproposito della parola “pace” nel testo serve a richiamare uno dei punti della propaganda russa: che il Cremlino vuole la pace, sono gli occidentali e gli ucraini corrotti a non volerla. Se l’idea di un governo ucraino fantoccio che da Mosca controlla le regioni occupate dall’esercito russo dovesse prendere piede nella politica del Cremlino, il prossimo passo sarebbe negoziare la pace con Medvedchuk, un politico che nessuno è pronto a riconoscere se non il presidente russo: il miliardario ha anche perso la cittadinanza ucraina. Nel piano originario di insediare un governo fantoccio a Kyiv nei primi giorni della guerra, c’era la possibilità che fosse guidato proprio da Medvedchuk, che però avrebbe tradito le aspettative di parte del mondo militare e politico russo proprio riportando informazioni non veritiere sia sulla disponibilità degli ucraini ad accogliere gli invasori sia sulle reali capacità di difendersi. Medvedchuk è un fantoccio che il Cremlino tira fuori a suo piacimento ma che nel caso della creazione di un governo parallelo potrebbe al massimo governare nelle zone occupate, alimentando l’idea, che vale solo per Mosca, di un’Ucraina divisa a metà. Il caso di Arestovich è più articolato. Lo psicologo amico di Zelensky e suo consulente ufficioso si è dimesso dopo aver affermato, la scorsa settimana, che il missile che ha colpito il condominio di Dnipro, facendo più di quaranta morti, in realtà fosse stato deviato dalla contraerea ucraina. L’idea che fosse un ucraino ad affermarlo è piaciuta molto a Mosca che si è premurata di eliminare le frasi in cui Arestovich chiariva che questo non sarebbe servito a cancellare le responsabilità russe: la contraerea lavora perché il Cremlino ha aggredito l’Ucraina e lancia missili da un anno. Non era un membro ufficiale dello staff, ma il suo mea culpa è stato plateale, lui è un personaggio roboante, eccentrico, molto innamorato di se stesso, iperattivo sui social, dove parla regolarmente in russo, ma questo non ne fa un appassionato del Cremlino. Tutt’altro. Arestovich si espone molto, è ironico, irriverente e spesso viene ripreso fuori contesto dalla propaganda russa, che estrapola frasi delle sue interviste o monologhi per fargli dire quello che fa comodo a Mosca e soprattutto mostrare l’immagine di un’Ucraina dilaniata da una lotta politica interna, uno scontro tra gli uomini di Zelensky e tutti gli altri. Arestovich non ha mai pronunciato una parola contro il presidente, ma il taglia e cuci che la Russia fa con i suoi discorsi lo mostrano propenso a criticare Kyiv, sminuire la vittoria ucraina o esaltare la paura dell’esercito russo. Il miliardario e lo psicologo sono stati scelti per il ruolo degli ucraini che piacciono a Mosca. Ma la differenza è grande: il primo è consenziente, il secondo è una vittima della disinformazione.

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