Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/11/2022, a pag. 1, con il titolo "Chi ha paura del buio", l'analisi di Andrea Braschayko.
Breslavia. Quello del 31 ottobre è stato un altro lunedì di massicci attacchi contro le infrastrutture energetiche dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, nell’ultimo giorno di uno dei mesi più difficili dall’invasione. Il primo ministro Denys Shmyhal ha affermato che 18 obiettivi civili sono stati colpiti in dieci diverse regioni, tra cui quelle di Kharkiv, Leopoli, Dnipro e Zaporizhzhia, dove blackout sono serviti per mantenere la corretta stabilizzazione delle linee elettriche. Lo stesso è successo nella capitale Kyiv, dove pure l’80 per cento dei cittadini è rimasto senza accesso all’acqua, nonostante il sindaco Vitali Klitschko abbia promesso di ripristinarne l’approvvigionamento in poche ore. Malgrado la buona risposta della difesa aerea nell’abbattere missili e droni Shahed, quelli non intercettati hanno raggiunto, almeno parzialmente, l’obiettivo dei russi di sabotare il funzionamento delle infrastrutture civili ucraine, per frustrarne economia e resistenza. La situazione delle centrali elettriche, target principali dei russi, è quella più complessa. Già il 19 ottobre, poco più di una settimana dopo il primo potente attacco degli sciami di droni iraniani, il direttore dell’Energy Research Center, Oleksandr Kharchenko, dichiarava che il 40 per cento dell’infrastruttura energetica ucraina è danneggiato, con tempi di ripristino completo di vari mesi. La scorsa settimana durante un primo test un megawatt è stato importato dalla Slovacchia, dopo che il presidente Volodymyr Zelensky aveva annunciato lo stop delle esportazioni all’interno del sistema comunitario Entso-E. In seguito all’annuncio anche la Moldavia si preparava a forti razionamenti, resi ancor più necessari dopo che le centrali energetiche (di proprietà russa) della Transnistria hanno dimezzato la produzione, nell’ennesimo tentativo di pressione ibrido verso il governo europeista di Chisinau, che nell’intensa mattinata del 31 ottobre ha pure visto cadere sul proprio territorio settentrionale resti di un missile russo abbattuto, come confermato dal ministro degli Esteri Nicu Popescu.
Come ha dichiarato Zelensky, ciò che la Russia vuole è “trasformare le centrali elettriche in un campo di battaglia”, e per non avere paura del buio gli ucraini sono costretti ad autogestire la rete, sia dall’alto che dal basso. Ukrenergo, l’operatore che si occupa di trasmettere l’elettricità, già prima dei bombardamenti del 31 ottobre, aveva previsto interruzioni programmate della rete elettrica in gran parte delle regioni. Raramente, tuttavia, gli orari effettivi dei blackout sono coincisi con quelli annunciati, consultabili sul canale telegram di Yasno, l’Enel ucraina. Critiche e lamentele di alcuni cittadini si sono verificate per la disorganizzazione iniziale ma ha prevalso lo spirito di solidarietà e comprensione: sono numerose le testimonianze social di scatole anonime lasciate negli ascensori condominiali con cibo, acqua e medicine, incluse quelle utili a placare l’ansia nel rimanere bloccati diverse ore dentro un ascensore sospeso al quindicesimo piano.
|