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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/07/2022 a pag. 4, l'articolo di Daniel Mosseri dal titolo "Berlino in difesa".
Daniel Mosseri Berlino. Oggi è il terzo dei dieci giorni di annunciata manutenzione del gasdotto russo-tedesco Nord Stream 1. Il gas non circola e questo vuoto lascia con il fiato sospeso la politica e l’industria tedesche, impotenti rispetto alll’arbitrio di Vladimir Putin. Certo, la fornitura di gas è regolata da un contratto e, certo, la manutenzione della pipeline non è una novità. Ma dopo che a giugno Gazprom ha tagliato del 40 per cento il volume di gas immesso nel condotto, questo nuovo stop fa tremare i polsi alla Germania. Un segnale di speranza è arrivato dalla recente promessa del governo canadese di sospendere le sanzioni antirusse per permettere la riconsegna a Siemens Deutschland delle turbine del Nord Stream 1 che erano state recapitate a Siemens Canada per riparazioni. Una volta installate, Gazprom dovrebbe tornare a pompare gas a pieno ritmo, ma il condizionale è d’obbligo perché Berlino non è più padrona del proprio futuro energetico: la Germania è “erpressbar”, ricattabile, si legge sempre più di frequente sui media tedeschi. Dallo scorso 24 febbraio il governo di Olaf Scholz non è rimasto con le mani in mano: ha preparato piani di emergenza, ha noleggiato quattro navi per la rigassificazione del gnl, e recentissimo è l’avvio dei lavori per un nuovo impianto di rigassificazione a Wilhlemshaven, sul Mare del Nord. Tutti sforzi, però, a medio termine mentre all’arrivo dell’autunno manca pochissimo. Viene dunque da chiedersi se la Bundesrepublik stia veramente tagliando il cordone ombelicale con la Russia, il cui gas ha coperto il 55 per cento del fabbisogno di metano tedesco nel 2020. “A breve termine, il governo tedesco non intende rendersi indipendente dal gas russo”, osserva Franziska Holz, la numero due del dipartimento energia dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW Berlin). L’accademica esperta di infrastrutture energetiche conferma che nei prossimi due o tre anni l’interruzione delle forniture di gas naturale comporterebbe “grossi problemi per l’approvvigionamento energetico di famiglie e industrie”.
E se le forniture saranno insufficienti, le conseguenze saranno recessione e distruzione di posti di lavoro. La speranza è dunque che il gas russo continui a riempire gli impianti di stoccaggio “nonostante la guerra in Ucraina”. Holz ricorda che sul medio periodo i consumatori dovranno comunque rendersi indipendenti dal gas naturale, russo o norvegese che sia. Il governo federale ha così presentato due pacchetti di misure per accelerare l’espansione delle energie rinnovabili “aumentando significativamente le ambizioni precedenti”. Anche qua, però, è richiesta pazienza perché i primi risultati “si vedranno non prima del prossimo anno”. Sul lato dei consumi, anche il passaggio a fonti alternative “sarà graduale e richiederà diversi anni.” Qualcosa è già stato fatto: Holz sottolinea che la Germania ha ridotto e ridurrà ulteriormente la quota di gas russo “da qui ai prossimi uno-due anni, importandone di più soprattutto dalla Norvegia e usando il gnl”. A breve termine ai tedeschi resta solo l’arma del risparmio: “Ogni metro cubo risparmiato in estate può essere destinato allo stoccaggio; ogni metro cubo risparmiato in inverno può ridurre il vuoto che si verifica quando la Russia interrompe il flusso”. Qualora invece Putin chiudesse i rubinetti in Germania entreranno in vigore i piani di emergenza che prevedono anche il razionamento del gas su base regionale. “L’obiettivo finale è garantire la fornitura di gas alle famiglie”. In virtù dei prezzi elevati, i tedeschi hanno già iniziato a risparmiare gas (–14 per cento su base annua nei primi cinque mesi del 2022), ma il timore di uno stop russo resta. Un timore destinato a trasformarsi in diffidenza. Holz non immagina alcuno scambio energetico fra Berlino e Mosca in futuro: niente petrolio né gas, “ma non si passerà neppure all’importazione dell’idrogeno russo come era stato previsto solo pochi mesi fa”.
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