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Il Foglio Rassegna Stampa
19.06.2022 Se scendiamo a patti, Putin ci terrà in pugno
Analisi di Kaja Kallas, prima ministra estone

Testata: Il Foglio
Data: 19 giugno 2022
Pagina: 16
Autore: Kaja Kallas
Titolo: «Se scendiamo a patti, Putin ci terrà in pugno, dice Kallas»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/06/2022, a pag. 16 l'analisi dal titolo "Se scendiamo a patti, Putin ci terrà in pugno, dice Kallas".

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Kaja Kallas

La prima ministra estone Kaja Kallas dice che prima che la stanchezza della guerra prenda piede in occidente e che la Russia conquisti territori che potrebbero diventare permanenti, gli alleati dell’Ucraina devono accelerare la loro assistenza militare e altre forme di aiuto. Kallas, che è emersa come una dei più espliciti promotori europei di una risposta forte all’invasione russa, dice che è fondamentale che l’Europa e gli Stati Uniti rimangano concentrati sull’aiutare l’Ucraina a vincere, nonostante il calo dell’attenzione pubblica sui quattro mesi di guerra – che sembra destinata a trascinarsi per molti altri mesi.

Dopo il successo iniziale dell’Ucraina nel respingere le truppe russe dalle vicinanze della capitale, Kyiv, la Russia ha guadagnato terreno lentamente, ma costantemente, contro le forze ucraine. Intanto, l’impennata dei prezzi dell’energia e l’aumento dell’inflazione stanno emergendo come priorità in molti paesi occidentali rispetto alla guerra, che aveva consumato l’attenzione dell’opinione pubblica all’inizio dell’anno, mettendo in discussione l’impegno degli alleati dell’Ucraina a sostenere un conflitto potenzialmente prolungato. Kallas si è detta preoccupata per le richieste di alcuni leader europei di colloqui di pace, che rischierebbero di consolidare le conquiste russe in un momento in cui sono i russi ad avere il sopravvento sul campo di battaglia. “Vediamo arrivare l’estate e la stanchezza della guerra nel mondo occidentale. Vediamo domandare sempre di più che questa guerra finisca... il che è molto preoccupante per la situazione della sicurezza in Europa”, ha detto Kallas in un’intervista. Kallas non ha fatto il nome di nessun paese in particolare, ma nelle ultime settimane il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno detto che vorrebbero vedere l’inizio dei colloqui di pace. Alla vigilia della sua visita a Kyiv, giovedì, Macron ha detto che il suo “desiderio” è che l’Ucraina vinca sul campo di battaglia, aggiungendo che alla fine i negoziati saranno inevitabili. “Mi preoccupa il fatto che si sentano appelli per negoziati di pace, che in genere significano che l’Ucraina dovrebbe cedere parte del suo territorio”, ha detto Kallas. “La domanda principale è perché l’Ucraina debba cedere territorio. Forse chi vuole spingerla a un negoziato di pace dovrebbe cedere il proprio territorio”. Kallas ha affermato che la sua preoccupazione è che qualsiasi colloquio di pace che abbia luogo prima che le truppe russe siano sconfitte rafforzerebbe le conquiste russe, consegnando al presidente Vladimir Putin una vittoria che potrebbe incoraggiarlo a intraprendere nuove conquiste in futuro. “Si pensa che negoziare un qualche tipo di accordo sia una via d’uscita. Ma la Russia vorrà ottenere un accordo che non intende mantenere. E’ quello che abbiamo già visto in passato”, ha detto. L’esproprio della Crimea e di parti della regione del Donbas da parte della Russia nel 2014-15 e l’occupazione de facto dei territori separatisti dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia in Georgia nel 2008 sono stati accolti con poche reazioni internazionali, ha osservato Kallas.

Russia and Central and Eastern Europe: between Confrontation and Collusion  | IFRI - Institut français des relations internationales

Se la Russia avrà il potere di mantenere le aree occupate in Ucraina, negli anni a venire potrebbe occupare altre parti dell’Ucraina e forse altri territori in Europa. “Quello che abbiamo visto in passato è che Putin si sposterà [ulteriormente]... in altre parti dell’Ucraina o nei territori vicini”, ha detto. “Tutti questi paesi e anche gli ucraini non possono vivere con l’ansia di ciò che la Russia farà in seguito”. Kallas riconosce che la dura posizione dell’Estonia nei confronti della Russia e della guerra in Ucraina deriva in larga misura dall’esperienza storica dell’Estonia, paese occupato dopo la Seconda guerra mondiale dall’Unione sovietica fino al suo crollo nel 1991. “Per la Francia o la Germania, la fine della Seconda guerra mondiale ha significato pace, ricostruzione, che la gente continuasse a vivere”, ha detto Kallas. “Lo stesso momento per noi, le persone che vivevano nei territori occupati, ha significato una prosecuzione della sofferenza”. I nonni, i bisnonni e la madre di Kallas, che all’epoca aveva 6 mesi, furono tra le migliaia di estoni deportati in Siberia durante l’èra sovietica. Allo stesso tempo, l’Unione sovietica trasferì i russi in Estonia, facendo aumentare la popolazione russa del paese dal 3,2 per cento nel 1922 al 30 per cento nel 1991. Kallas ha detto che stiamo assistendo a una dinamica simile in atto nelle province dell’Ucraina meridionale occupate dai russi. Le forze russe hanno bruciato libri ucraini, imposto l’uso della lingua russa e la scorsa settimana hanno introdotto il programma di studi russo nelle scuole della regione di Kherson. “Stanno facendo le stesse cose che abbiamo visto ai tempi dell’Unione sovietica, in modo da cancellare la cultura ucraina e la lingua”, ha detto. E’ quindi importante, secondo Kallas, accelerare gli sforzi per perseguire la Russia per crimini di guerra, che secondo il diritto internazionale includono i tentativi di sopprimere la lingua e la cultura. La Corte penale internazionale ha dichiarato che avvierà un’indagine, ma l’impegno deve ancora svilupparsi. Il prezzo della lentezza, che si tratti di armi, sanzioni o crimini di guerra, “aumenta ogni giorno di più”, ha affermato. “Non è solo la distruzione di territori che dobbiamo ricostruire. Non si tratta solo delle vite perse in guerra. Non sono solo le persone torturate nei territori occupati”. “Sono anche i costi energetici per il nostro popolo, i costi della guerra che si ripercuotono su tutti i paesi, e questo non si fermerà se non fermiamo questa guerra”, ha detto. “E’ nel nostro interesse fermare il conflitto il prima possibile, e quindi dobbiamo aiutare l’Ucraina il più possibile”.
(copyright Washington Post)

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