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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/06/2022 a pag.1, con il titolo "Prigionieri di Erdogan", l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi Recep T. Erdogan E qui inizia il ricatto che si fonda su due pilastri: non c’è eguaglianza dentro alla Nato, e molti considerano le proprie minacce alla sicurezza del loro paese superiori alle minacce che subisce la Turchia. Secondo pilastro: Ankara lotta contro il terrorismo, ma per voi altri alleati esiste soltanto un genere di terrorismo, e non ne comprendete altri. Erdogan va al fondo del problema che oggi la Nato ha con la Turchia: un’alleanza di difesa può esistere se non si condividono gli stessi valori di base? In controluce si vede l’approccio occidentale di questi ultimi decenni con le sue crepe: se stiamo negli stessi consessi, se dobbiamo collaborare per essere più sicuri, resteremo in pace e in equilibrio. Invece no: oggi esiste un embargo sulle armi da parte di molti paesi della Nato (tra cui Svezia e Finlandia) contro un paese che pure fa parte della Nato, la Turchia. E questa dissonanza è dovuta ai curdi del Pkk, che secondo Ankara sono dei terroristi da combattere, contenere ed eliminare mentre in altri paesi della Nato vengono accolti e anzi eletti nelle proprie istituzioni. Si può continuare a convivere? Sì, dice Erdogan, ma soltanto se mi date quel che voglio: estradate i curdi che avete accolto (ha mandato un elenco, la Finlandia dice che uno della lista è morto sette anni fa, un altro non vive in Finlandia, insomma è un elenco problematico), levate l’embargo delle armi, e lasciatemi comprare i mezzi, soprattutto i cacciabombardieri americani, di cui ho bisogno per mantenere la sicurezza della Turchia. La Nato è disposta al negoziato, anzi cerca di minimizzare le minacce turche: la guerra di Putin in Ucraina costringe tutto l’occidente a una strategia di compensazione che va dall’energia, al grano fino ai rapporti diplomatici. Dobbiamo proprio farlo? La risposta per ora è sì, è più conveniente, e conviene trovare un accordo prima del vertice di Madrid della Nato a fine giugno per evitare uno scontro pubblico che farebbe piacere soltanto a Putin. Molti si augurano che le concessioni non siano alte come quelle a Budapest, ma la barra è posta in alto, perché l’ingresso di Finlandia e Svezia è molto rilevante. Non foss’altro perché, al contrario di quanto sostiene Mosca, Putin ha invaso l’Ucraina non perché questa voleva entrare nella Nato, ma proprio perché non faceva parte della Nato.
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