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Il Foglio Rassegna Stampa
28.05.2022 Zelensky accusa la Nato
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 28 maggio 2022
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Le domande a Kyiv»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/05/2022, a pag.1 con il titolo "Le domande a Kyiv", l'analisi di Micol Flammini.

A destra: Volodymyr Zelensky

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Micol Flammini

Interview: Can The Russian Military Overcome Its Manpower Problems In  Ukraine?

Roma. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che l’occidente ha dichiarato una “guerra totale” contro la Russia. Per lui è un dato di fatto: gli occidentali cercano pretesti per litigare con i popoli dell’ex Unione sovietica. Le parole del ministro arrivano mentre Mosca continua la sua opera di distruzione dell’Ucraina, avanza da est, fa programmi di annessione e, per la prima volta dall’inizio della guerra, oltre a essere brutali, i russi, iniziano anche a essere efficaci. Questa volta è l’Ucraina a essere entrata in una nuova fase del conflitto. Una fase mentale e comunicativa molto diversa dalla precedente. In cui non ci sono slogan, non ci sono meme, non ci sono trattori che trainano carri armati. E’ una fase in cui il presidente Volodymyr Zelensky inizia a fare il conto dei suoi morti sul campo di battaglia. Zelensky ha detto che ora i russi stanno usando tutto il loro potenziale e accusa la Nato di non dare abbastanza armi.

Alza il tono, lo ha sempre fatto, ma attorno manca il senso dell’umorismo che soltanto gli ucraini e i loro leader sembravano riuscire a trovare durante la tragedia. Il consigliere del presidente, Oleksiy Arestovych, nel circolo di Zelensky uno dei più dissacranti – e, per sua ammissione, il più egocentrico: lo abbiamo visto a petto nudo e con i baffi da D’Artagnan nei suoi discorsi sulla forza dell’anima ucraina –, ha detto per la prima volta che gli ucraini hanno perso il ritmo, che i russi hanno usato il tempo per rifornirsi e hanno un vantaggio, che gli ucraini hanno perso: “Continui attacchi aerei e di artiglieria, attacchi a terra quasi senza sosta da parte del nemico. Hanno superiorità nell’artiglieria e nell’aviazione. Per dirla in parole povere, noi rimaniamo a malapena a galla”. Nel Donbas, la Russia accumula territorio e distrugge quello che ha attorno. Nella regione orientale ha trovato le condizioni per la sua battaglia. I rifornimenti arrivano da oltreconfine, sono vicini, e contrariamente a quanto avveniva nei primi due mesi di guerra, Mosca riesce a tenere i territori che occupa. Poi, c’è l’effetto Mariupol: la fine dell’assedio e la cattura dei combattenti dell’acciaieria, che avevano resistito per oltre due mesi, hanno aiutato l’esercito russo a ricompattarsi. Per gli ucraini, la fine della resistenza nella città martire ha invece aperto divisioni che dal 24 febbraio, giorno dell’inizio dell’invasione, sembravano aver abbandonato la società per sempre. Ne parla anche Arestovych, allarmato dal fatto che finora la coesione degli ucraini era stata parte del successo sul campo. Petro Kuzyk, comandante del battaglione Svoboda, ha detto che i bombardamenti russi sono martellanti, la fanteria avanza coperta dall’artiglieria e distrugge le postazioni ucraine, le trincee, gli edifici, “passo dopo passo, hanno l’ordine di radere al suolo le città ucraine”. E prosegue: “Nel migliore dei casi, i nostri uomini si ritireranno e cercheranno nuove fortificazioni... E’ un errore fare affidamento esclusivamente sull’eroismo dei soldati”.

Uno dei portavoce dell’intelligence, invece, avverte che presto i russi potrebbero tentare un nuovo attacco in direzione della capitale. I leader ucraini sembrano voler preparare i cittadini a qualcosa di diverso. Se soltanto una settimana fa dicevano: ci riprenderemo Kherson, la prima oblast finita in mani russe, ora fanno sapere che dalla Crimea, la penisola che la Russia ha annesso nel 2014, partono i rinforzi verso Kherson e verso Zaporizhzhia per rafforzare le linee e consolidare la presenza russa sul territorio. Gli ucraini non hanno perso l’eroismo, ma si rendono conto che sul campo ci sono difficoltà e le sente anche la politica che, anche se non ne parla, si rende conto ora che una pace senza cedere nulla sarà difficile da ottenere. Zelensky sa che gli ucraini non sono disposti a questo, hanno fatto sacrifici, sono morti, hanno sentito la vittoria tra le dita. Ora però la situazione è cambiata. Da una parte, descrivere la crudezza della situazione nel Donbas è un richiamo per gli alleati, affinché non smettano di rifornire l’Ucraina, che può vincere soltanto con l’aiuto occidentale. Ieri il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha posto degli interrogativi preoccupanti. Si è chiesto se la pace si possa raggiungere soltanto con le armi e se la violenza si possa combattere soltanto con la violenza. Il Cremlino non aspetta altro che l’aiuto occidentale si indebolisca, che gli ucraini vengano lasciati soli, finendo armi e uomini. Dall’altra il richiamo di Zelensky e dei suoi è per gli ucraini, per dire che le cose possono cambiare anche in peggio. Arestovych sostiene che un periodo di lotte intestine attenda l’Ucraina, che i cittadini iniziano a domandarsi di chi è la colpa, per cosa si sono battuti i combattenti a Mariupol, se per loro è stato fatto abbastanza. Tanto le domande di Scholz, quanto le domande che iniziano a irrompere nella società ucraina fanno male alla battaglia di Kyiv mentre la Russia ha trovato il suo ritmo, e avanza.

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