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Riprendiamo oggi, 11/05/2022, dal FOGLIO, a pag. 6, con il titolo "'La proposta di Macron è vaga, ma vogliamo credere nell’Ue'. Parla il consigliere di Zelensky", l'analisi di Valerio Valentini.
Emmanuel Macron Oleksander Merezhko Sul fronte opposto? “L’Ungheria, non c’è dubbio”. E l’Italia? “Da anni consideravamo il vostro paese come uno dei più importanti alleati di Mosca. Sappiamo che Berlusconi era un amico stretto di Putin. E poi Salvini, la sua passione per il Cremlino. Forse l’orrore di Bucha, di Irpin, di Mariupol, è valso a fare aprire gli occhi su chi sia Putin davvero”. E ora? “Le parole del presidente Draghi sul nostro ingresso in Ue sono state molto importanti. Ma il nucleo dell’Europa resta l’asse franco-tedesco. E devo dire che spesso, sia la Francia sia la Germania, danno l’impressione di considerarci quasi un fastidio: se ci arrendessimo subito, loro potrebbero tornare a fare affari con Mosca come se nulla fosse”. E però il sostegno non è mancato. “E di questo saremmo per sempre grati a tutti gli europei, oltreché ad America e Regno Unito. Ma spesso ci sembra che non si comprenda fino in fondo il senso della guerra che noi stiamo combattendo”, dice Merezhko, che confessa di essere stato uno degli increduli. “Pensavo fosse impensabile, un’invasione. Non credevo potesse succedere, finché non è successo”. E poi? “E poi la mattina del 24 febbraio sono stato svegliato dal rumore delle bombe. Pochi minuti dopo, un allarme d’emergenza sul mio smartphone mi convocava in Parlamento. Si può dire che da allora, dalla Rada non sono mai uscito”. C’è chi dice che combattiate una guerra per procura. “E forse è vero. Nel senso che a volte ci sembra di combattere in difesa di quei valori di libertà e democrazia che per noi rappresentano il cuore del sogno europeo. Combattiamo anche per voi, forse”. E per la pace, s’intravede una via? “Prima serve un cessate il fuoco da parte russa. Quale credibilità può avere Putin, del resto? L’Europa si è fidata delle sue promesse fino al 23 febbraio. Ora come possiamo negoziare davvero, se non dopo una fine delle ostilità? Smettano di bombardarci, liberino le nostre città, e a quel punto si potrà discutere. Sapendo che non c’è alcuno spazio, né costituzionale, né politico, perché noi possiamo rinunciare alla nostra sovranità e alla nostra integrità territoriale”. E poi? “E poi si potrà discutere di concedere uno statuto speciale alle repubbliche di Donetsk e Luhansk, e al contempo trovando formule opportune che garantiscano al nostro paese sicurezza militare attraverso intese coi paesi Nato e con l’Ue”. Ma visto da lì, da un Parlamento che è quasi un bunker, “quel momento pare ancora lontano, purtroppo”.
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