Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

Il Foglio Rassegna Stampa
17.11.2020 Censura, autocensura, islam: il caso delle vignette su Maometto
Giulio Meotti intervista Flemming Rose

Testata: Il Foglio
Data: 17 novembre 2020
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'Non ci sono pasti gratis'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/11/2020, a pag.I, con il titolo 'Non ci sono pasti gratis' l'intervista di Giulio Meotti a Flemming Rose, capo redattore della cultura del quotidiano danese Jyllands-Posten.

A destra: Flemming Rose

Immagine correlata
Giulio Meotti

Nell'estate del 2005, a una festa, il disegnatore danese Käre Bluitgen incontra un giornalista dell'agenzia di stampa Ritzaus. Gli confida che nessuno è disposto a illustrare il suo libro per bambini su Maometto. "Molti disegnatori hanno rifiutato per paura". Come la maggior parte dei giornali danesi, il Jyllands-Posten pubblica un articolo sull'autocensura. A Flemming Rose, capo redattore della cultura del quotidiano, viene in mente di contattare dodici vignettisti per testare lo stato della libertà di espressione. Devono realizzare le caricature del Profeta dell'islam. Quella che segue è una storia nota e agghiacciante. Mai decisione editoriale ebbe più conseguenze. L'ex presidente del gruppo che pubblica il Jyllands-Posten, Jorgen Ejbol, avrebbe speso 13,6 milioni di euro per garantirne la sicurezza dei giornalisti. Nelle ultime settimane in Francia il professor Samuel Paty è stato decapitato per quelle vignette, giornalisti di un settimanale satirico che le avevano appena ripubblicate sono stati esfiltrati di casa per motivi di sicurezza, un attacco col coltello è avvenuto sotto la vecchia sede di quel settimanale, nella basilica di Nizza un terrorista che aveva la foto dell'assassinio di Paty ha ucciso tre fedeli e ieri sono arrivate nuove minacce di morte per Mila, la liceale francese da gennaio sotto protezione ("farai la fine di Paty"). Da quando ha deciso di pubblicare le vignette accompagnandole a un suo testo di rivendicazione, sulla testa di Flemming Rose pende una condanna a morte che non va in prescrizione e per questo vive sotto scorta. Il suo nome, assieme a quello di Salman Rushdie, è nella black list di al Qaida pubblicata dalla rivista Inspire insieme a quello di Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo già ucciso il 7 gennaio 2015 (attacco su cui si tiene il processo a Parigi in queste settimane).

30 settembre 2005: Pubblicate sul Jyllands-Posten le caricature su Maometto  | ItalNews
Una delle vignette mostra Maometto in Paradiso che accoglie i terroristi suicidi: "Basta, basta, abbiamo finito le vergini!"


La testa di Rose è finita sulla picca delle caricature islamiche. I talebani hanno offerto una ricompensa a chi lo ucciderà. L'Fbi ha sventato un piano già in fase avanzata per ucciderlo irrompendo nel suo ufficio ad Aarhus. Quando "725 milioni di musulmani vivono in paesi dove la blasfemia e l'apostasia sono punite con la morte" "Oggi in occidente la sicurezza è sempre più importante, non solo la sicurezza fisica ma anche quella psicologica" Rose ha parlato della libertà di parola a una conferenza dell'Unesco a Doha, i media locali lo hanno chiamato "il Satana danese" e le autorità sono state inondate di proteste e minacce per averlo fatto entrare. Il suo quotidiano è sfuggito da cinque a dieci tentati attacchi terroristici negli ultimi nove anni. L'ufficio di Rose al giornale è stato più volte evacuato per allarmi bomba. Un suo omonimo ha cambiato nome, in Danimarca, a scanso di equivoci. E quando Rose è stato invitato a parlare a Oxford, l'intelligence inglese ha organizzato "la più grande operazione di sicurezza da quando Michael Jackson aveva visitato la cittadina universitaria". Rose, che si è formato come corrispondente in Unione Sovietica, ha deciso di parlare con il Foglio. "Come tutti, sono rimasto scioccato dall'assassinio di Samuel Paty. Ma non sono rimasto sorpreso. Il terrorista è stato elogiato sui social e molti musulmani hanno preferito attaccare la vittima e la Francia e non chi ha decapitato Paty. Questa decapitazione colpisce al cuore i valori repubblicani francesi e il ruolo della scuola nella promozione di questi valori, tra cui la libertà di parola e la tolleranza". Rose ha scritto un libro dal titolo eloquente sulla libertà di espressione, "La tirannia del silenzio". "La libertà di parola è per definizione un'idea radicale e, quindi, sempre minacciata", ci spiega. "Fa parte della natura umana volere mettere a tacere i discorsi che non ci piacciono. Ci vogliono educazione, coltivazione e pratica per sviluppare la tolleranza alla parola che odiamo - e per tolleranza intendo la nostra capacità di convivere con cose che odiamo senza ricorrere a violenza, minacce, intimidazioni o divieti. Nel corso della storia, la libertà di parola è stata l'eccezione, non la regola. Ogni generazione deve scegliere e combattere le sue battaglie per difendere questo diritto fondamentale. E' una guerra che non potrà mai essere vinta una volta per tutte. Non credo che l'islam in sé e per sé rappresenti una minaccia alla libertà di parola. Conosco musulmani che sostengono il diritto di pubblicare vignette del Profeta anche se non gli piacciono. Tuttavia, è vero che gli europei di origine musulmana tendono a essere meno favorevoli alla libertà di espressione rispetto alla popolazione in generale e questo è un problema. Avendo vissuto per quindici anni all'ombra del Profeta ho dovuto pensare alla questione islamica, alla libertà di parola e a quella religiosa, e per mia esperienza troppi musulmani credono che la blasfemia e l'apostasia siano reati capitali che giustificano la pena di morte. Penso che i musulmani debbano elaborare una dottrina che sia più tollerante nel prendere in giro figure e simboli religiosi e accettare il diritto a lasciare la religione o a cambiarla. Se guardi ai paesi a maggioranza musulmana, tredici hanno leggi che prevedono la pena di morte per blasfemia e apostasia. Stiamo parlando di 725 milioni di persone che convivono con tali leggi, ovvero più delle persone dell'Unione europea e più del doppio della popolazione degli Stati Uniti. Nella maggior parte dei paesi la pena di morte per blasfemia viene applicata raramente, ma la punizione incarna le norme sociali e culturali dominanti e le leggi contro la blasfemia e l'apostasia sono spesso utilizzate per mettere a tacere oppositori politici e dissidenti. La mia opinione è che siamo in una guerra calda con i musulmani violenti e in una guerra fredda con i musulmani antidemocratici e illiberali. Penso che dobbiamo avere i credenti musulmani dalla nostra parte per prevalere. Dal 2006 in Europa sono emerse nuove minacce alla libertà di parola, sotto forma di restrizioni governative per arginare ogni tipo di incitamento all'odio. C'è grande pressione per approvare nuove leggi che criminalizzano la disinformazione qualunque cosa essa significhi. A livello globale ed europeo, la protezione della parola online e offline è finita in declino negli ultimi dieci anni e questa tendenza non è incoraggiante, anche se lo smartphone ha fornito a tutti noi l'opportunità di comunicare con miliardi di persone". In un altro libro, "De Besatte", l'ossessionato, Rose racconta come all'interno del suo stesso giornale gli fecero terra bruciata attorno, costringendolo alla resa e al silenzio. L'amministratore del Jyllands-Posten, Ejbol, lo convoca nel suo ufficio: "Hai dei nipoti, non pensi a loro?". Il suo ex direttore, Jorn Mikkelsen, gli fece firmare un accordo in nove punti, in cui il giornalista accettava, fra altre clausole, di "non partecipare a programmi radio e tv", "non partecipare a conferenze", "non commentare su questioni religiose", "non scrivere della Organizzazione della conferenza islamica" e "non commentare le vignette". Il ceo, Lars Munch, gli disse: "Piantala, al quarto piano c'è gente che si chiede `ma non può smetterla?". Dopo il massacro al numero 10 di Rue Nicolas-Appert, sede della redazione di Charlie Hebdo, Rose rassegna le dimissioni. Li conosceva tutti, quei giornalisti e quei vignettisti, avendo anche testimoniato al processo del quotidiano satirico a Parigi nel 200'7. Rose non ha mai trovato un editore in Francia, perché il suo nome è sufficiente per instillare paura. A sua difesa è intervenuto Naser Khader, musulmano liberale di origini siriane: "Non biasimo coloro che si preoccupano per la sicurezza dei dipendenti. Ho guardie del corpo 24 ore su 24. Tuttavia, credo che se Flemming tiene la bocca chiusa, la democrazia sarà perduta". Nelle scorse settimane si è letto della decisione della Jyllands di non ristampare le vignette. "Mi sono astenuto dal criticare la decisione del giornale di non ripubblicare le vignette per due ragioni", ci dice Rose.

"Si direbbe: il giornale che una volta ha pubblicato le vignette di Maometto sta cercando di provocare la terza guerra mondiale o qualsiasi altra cosa. In secondo luogo, il Jyllands-Posten ha convissuto negli ultimi quindici anni con una grave minaccia terroristica e Kurt Westergaard (uno dei vignettisti, ndr) è stato quasi ucciso nella sua casa da un islamista di origine somala. Vignettisti e giornalisti di Charlie Hebdo sono stati assassinati e nel 2015 una persona è rimasta uccisa a Copenaghen in un attacco terroristico a una conferenza pubblica sulla blasfemia. In questo contesto non si può criticare il giornale per non essere disposto a mettere in pericolo la vita dei dipendenti. Tuttavia, c'è un prezzo da pagare per questa posizione e a tal proposito sono critico nei confronti del Jyllands-Posten. Si rifiutano per ragioni comprensibili di ripubblicare le vignette, ma insistono sul fatto che sostengono lo stesso tipo di libertà di parola. Questa è una stronzata. Non si può da un lato esercitare l'autocensura e dall'altro insistere sul fatto che ciò non ha conseguenze per la libera espressione". Cosa perdiamo se non usiamo la nostra libertà di parola? "Questa domanda va al cuore del perché abbiamo bisogno della libertà di parola. Di solito, le persone identificano tre argomenti perla libertà di parola: l'argomento della verità, quello della democrazia e quello dell'autonomia. Nella situazione attuale, vorrei aggiungere un quarto argomento: abbiamo bisogno della libertà di parola per gestire le nostre differenze, i nostri disaccordi e i nostri conflitti in modo pacifico. Ciò implica che più una società è diversificata, maggiore è la libertà di parola di cui ha bisogno per dare spazio a tutti per vivere la propria vita in conformità con le proprie convinzioni, purché non violino i diritti degli altri a fare lo stesso. Sfortunatamente, la maggior parte dei paesi preferisce limitare la parola poiché le nostre società diventano più diversificate in termini di religione, cultura ed etnia. I politici e l'opinione pubblica insistono sul fatto che è necessario per il bene della pace sociale. Non sono assolutamente d'accordo. Trovo profondamente illogico lodare la diversità culturale ma allo stesso tempo chiedere minore diversità di opinioni". L'occidente, l'unico posto nella storia dove quella libertà è stata tanto difesa, non si porta bene oggi. "Devi definire i concetti di `civiltà occidentale' e 'multiculturalismo'. Non ho alcun problema con il multiculturalismo se significa che persone con background culturali diversi vivono fianco a fianco sulla base dei principi universali di libertà e uguaglianza davanti alla legge, come affermato nei documenti fondatori francesi e americani. Associo la civiltà occidentale al cristianesimo e all'illuminismo. Dobbiamo tenere presente che il cristianesimo non è sempre stato tollerante nei confronti del dissenso. E il marxismo, il fascismo e il nazismo hanno radici europee. Dopo l'invenzione della stampa, la Riforma e le sanguinose guerre di religione in Europa, siamo riusciti a elaborare un concetto di tolleranza religiosa che ha aperto la strada alla libertà di religione e a quella di parola che ha gettato le basi per il successo della civiltà occidentale. Per riassumere: accolgo con favore un multiculturalismo che tratta le persone allo stesso modo nonostante le differenze, ma sono contro un multiculturalismo e una politica dell'identità che richiedano la ghettizzazione della società e secondo cui le persone dovrebbero essere trattate in modo diverso in base alle differenze. Questo è stato un argomento chiave per pubblicare le vignette del Profeta: alcuni musulmani hanno insistito sul trattamento preferenziale della loro sensibilità religiosa nello spazio pubblico e l'ho trovato incompatibile con i principi di una democrazia liberale. Non dovremmo chiedere di più o di meno ai musulmani, ma esattamente lo stesso come a ogni altro gruppo e individuo nella nostra società. Le vignette incarnavano questo principio. Ecco perché la pubblicazione è stata un atto di integrazione in una tradizione danese di satira religiosa, non di esclusione". Il terrore intellettuale ora fiorisce tra le élite occidentali.

"Essere autocritici è una aspetto importante della tradizione intellettuale europea. Questo, tuttavia, non è la stessa cosa dell'odio di sé e della denuncia di tutto ciò che è occidentale. Ho l'impressione che troppe persone abbiano perso la fiducia nei valori che servono come fondamento di una democrazia liberale, tra cui prima di tutto la libertà di espressione e la tolleranza intesa come capacità di convivere con ciò che non ti piace senza ricorrere alla violenza, alle minacce e divieti". Ma non è solo l'islam. Ci sono le intimidazioni di Erdogan in Europa e l'offensiva della Cina che fanno breccia in Europa. "Quando il grande scrittore russo Alexander Solzhenitsyn nel 19'78 tenne il suo discorso a Harvard, disse che, da outsider arrivato in occidente - prima in Europa, poi negli Stati Uniti - una delle cose che lo colpivano era l'evidente mancanza di coraggio. Penso che Solzhenitsyn avesse capito qualcosa. La chiave della libertà è il coraggio e dobbiamo ricordare che molte persone hanno sacrificato la propria vita perla libertà di cui godiamo oggi, non era un pranzo gratis come alcuni tendono a credere. Questa è una parte del problema. L'altra è che nella nostra parte di mondo le persone non sono disposte a correre rischi. Significa che la sicurezza è sempre più importante della libertà, non solo la sicurezza fisica ma anche il comfort e la sicurezza psicologici. In un clima del genere è difficile per la libertà sopravvivere, e tra i giovani avverto mancanza di apprezzamento per essa. E questo comporta il diritto di offendere". Che tipo di Europa ci sarà tra una generazione? Chi avrà ancora il coraggio e i mezzi per parlare? "Per natura sono abbastanza ottimista, ma al momento trovo difficile intravedere un percorso per l'Europa che renda possibile da un lato vivere con una diversità crescente e dall'altro rimanere fedele a valori fondamentali come la libertà di parola, di religione e tolleranza", conclude Rose al Foglio. "Temo che l'Europa diventerà sempre più irrilevante, consumata da conflitti interni e da una graduale erosione dei principi che ne hanno fatto il successo. Stiamo diventando una civiltà decadente, senza scopo. Ma spero di sbagliarmi". Rose ricorda un precedente. Nel 1933 un vignettista danese di nome Hans Bendix pubblicò sul giornale socialdemocratico Aandehullet alcune caricature irriverenti su Hitler e il nazismo, profetizzando la distruzione dell'Europa. Il governo danese, per ammansire chi marciava al passo dell'oca a Berlino, chiese di fermare le vignette e minacciò Bendix di licenziamento se non avesse rinunciato. E così accadde. Sette anni dopo, la Danimarca fu invasa dai nazisti mentre, come diceva George Orwell, i "poetini continuavano a grattarsi reciprocamente la schiena". L'appeasement non ha mai portato fortuna.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui