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Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/10/2010, a pag. III, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Il viaggio-provocazione da Teheran al confine con Israele ".
Ahmadinejad intende rendere evidente che ormai il Libano meridionale è una “provincia iraniana” affacciata sul Mediterraneo (così come lo è la Gaza di Hamas), in piena sintonia con la Siria di Bashar al Assad. Una ulteriore minaccia contro Israele, dunque, ma anche contro un’Europa che continua a illudersi sulla possibilità di staccare la Siria dall’Iran e che mantiene (in primis Francia e Italia) nel sud del Libano, in questa rivendicata “provincia di Teheran”, un corpo di spedizione militare sotto le insegne di Unifil che rispondeva ad un obiettivo ormai completamente fallito, a causa della esplicita volontà del governo e e dell’esercito libanesi di rafforzare, anziché disarmare (come pretendeva la risoluzione Onu 1701 del 2006) l’armamento di Hezbollah. La strategia provocatoria che informa il viaggio libanese del presidente iraniano è rafforzata dall’esito del viaggio di Bashar al Assad a Teheran di sabato scorso. Il presidente siriano ha avuto lunghi incontri con Ahmadinejad e con Khamenei, al termine dei quali non solo ha ribadito il rafforzamento dell’“Asse di Ferro” tra Teheran e Damasco, ma ha addirittura (e non è la prima volta) dileggiato Barack Obama, che ha accusato di avere voluto l’avvio dei colloqui di pace israelo-palestinesi solo allo scopo di meglio affrontare le elezioni di mid-term: “Non vi è nessun progresso nei negoziati di pace che comunque hanno la sola funzione di rafforzare il sostegno per il presidente Obama all’interno degli Stati Uniti”. Da parte sua, l’ayatollah Khamenei, a fianco di un Assad perfettamente concorde, ha per l’ennesima volta segnalato il fallimento della strategia di Obama (e dei paesi europei, Francia in testa) di creare una frattura tra Siria e Iran: “Gli Stati Uniti falliranno nei loro tentativi di rompere l’asse della resistenza in medio oriente tra Iran e Siria”. L’incontro si è concluso con una cerimonia in diretta televisiva per il conferimento ad Assad della più importante medaglia d’onore “in segno di apprezzamento e gratitudine per il sostegno alla resistenza da parte della Siria che contrasta le minacce del regime sionista”. In questo contesto oltranzista va inquadrata anche la mossa decisa ieri da Assad al suo rientro a Damasco: l’emissione di 33 ordini di cattura per falsa testimonianza contro 33 persone accusate di avere mentito circa le complicità siriane nell’attentato in cui fu ucciso il 14 febbraio 2005 a Beirut l’ex premier Rafiq Hariri. Tra questi – la provocazione contro l’Onu è clamorosa- anche il procuratore della commissione Onu che conduceva quelle indagini, Detlev Mehlis. Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante lettere@ilfoglio.it |
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