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Il Foglio Rassegna Stampa
21.07.2007 I talebani italiani contro Magdi Allam
le opinioni di Giulio Meotti e Luigi Amicone

Testata: Il Foglio
Data: 21 luglio 2007
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti-Luigi Amicone
Titolo: «La crema del cattolicesimo democratico si schiera contro Magdi Allam "-" Invece di fare plotoni di esecuzione mediatici, invitate in Cattolica Allam "»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi 21/07/2007, a pag.2, gli interventi di Giulio Meotti e Luigi Amicone in merito all'appello di RESET contro Magdi Allam. Entrambi utili per capire da quale parte è provenuta la scomunica-fatwa contro Allam. Ci rendiamo conto che l'esempio del buon musulmano lo dà per certa gente Tariq Ramadan. Noi stiamo dalla parte di Magdi Allam.

Ecco il pezzo di Giulio Meotti, titolo: " La crema del cattolicesimo democratico si schiera contro Magdi Allam ":

C’è dentro di tutto nell’appello di Reset contro Magdi Allam e firmato da oltre duecento intellettuali. Il mensile di Giancarlo Bosetti si è inventato un nuovo format, resettismo”, cioè se l’islam moderato non esiste, io me lo invento. La “messa all’indice” di Allam, come l’ha correttamente definita Pierluigi Battista sul Corriere della sera, l’attacco ad personam al giornalista arabo sotto scorta da quando su Repubblica svelò la guerra contro gli ebrei propagata dalla moschea di Roma, è sostenuta da numerosi intellettuali cristiani à la page e da rappresentanti del cattolicesimo democratico. Si va da Agostino Giovagnoli, storico alla Cattolica di Milano, Alfredo Canavero che scrive per Avvenire, Guido Formigoni, studioso di cattolicesimo, fino al monaco Enzo Bianchi, che confeziona cristianesimo pret-à-porter e parla di “un solo Dio, molti modi per dirlo”. Ci sono anche Massimo Jevolella, autore di “Le radici islamiche dell’Europa”, e Alberto Melloni, lo studioso giovanneo che pensa che la chiesa cattolica, oltre che con il mondo, possa conciliarsi anche con i Fratelli musulmani. E ancora l’ebraista Paolo De Benedetti, a cui la rivista bazoliana Humanitas ha dedicato una monografia, il medievologo Franco Cardini, la poetessa Patrizia Valduga, l’egiziano NasrAbu Zayd, il biblista Piero Stefani, che insegna dialogo con l’ebraismo all’Istituto di studi ecumenici di Venezia, e il filosofo della Cattolica di Milano, Franco Riva, autore di libri per le edizioni cattoliche Città Aperta. sono anche il gran censore Angelo D’Orsi e il mistico Gabriele Mandel, che fantastica su come nell’islam l’inchiostro del dotto valga di più del sangue del martire. La fucilata mediatica contro Allam è però diretta da Paolo Branca, islamologo di riferimento dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi e di quel mondo milanese che denuncia la perdita del senso dell’“altro”, quando in realtà ha perso quello di sé. Orientamento margheritico, arabista alla Cattolica di Milano, dove è sostenuto molto da Sant’Egidio, Branca è presenza fissa sul settimanale della diocesi (Incrocinews), Famiglia Cristiana Vita. Teorico della contaminazione delle culture, Branca è fautore del modello “interculturale”, quello che ha partorito l’idea di “catechismo islamico” e che si porta bene all’Infedele di Gad Lerner (“lavoriamo perché il nostro mondo diventi un grande laboratorio interculturale”). A domanda sugli attentatori del 7 luglio 2005, Branca ha risposto puntando il dito contro i “fenomeni di razzismo ed esclusivismo”. Esperto di abbassamento dei toni, dopo gli attentati di SharmSheikh ha detto che “sta a noi andare nel centro islamico più vicino, varcare la soglia delle loro case per esprimere la nostra solidarietà”. Ha proposto di insegnare lingua araba alle elementari e fu protagonista di un’equivoca “Giornata del dialogo CristianoIslamico” del novembre 2001, assieme allo sponsor dell’islamista Tariq Ramadan, il sociologo Stefano Allievi, e il leader dell’Ucoii Hamza Piccardo. Contro la proposta di Allam a favore dei cristiani martoriati Branca disse: “Il successo gli ha fatto perdere il senso della misura”. Su Repubblica ha paragonato il trattamento dei musulmani milanesi a quello degli ebrei tedeschi durante il nazismo. Branca è stato lo sponsor della scuola di via Quaranta, la madrassa dove si studiavano arabo sure e si trasformavano gli studenti in pupilli coranici. Ne fu il garante davanti alle istituzioni fino allo scoppio del caso, il 30 agosto 2005. Legato ad Abdel Hamid Shaari, presidente dell’istituto culturale islamico viale Jenner, Branca faceva parte di un giro cattoprogressista assieme a Lidia Acerboni, attuale direttrice di via Ventura, Sandro Antoniazzi e Milena Santerini di Sant’Egidio, tutti ulivisti che tentarono di rendere presentabile” la scuola. Fallito il modello via Quaranta, Brancaha introdotto nella Cattolica un “Laboratorio interculturale”, un corso rivolto agli insegnanti che sarebbero dovuti andare nelle scuole a fare ore integrative di islam. Al termine è stato realizzato un dvd, “Conosciamo l’islam”, storie minimaliste di percorsi d’integrazione ben riusciti, dalla ragazza che porta il velo a scuola e fa l’educatrice in oratorio, al giovane immigrato che lavora duro e si compra casa. Nel dvd ci sono interventi di Branca, Allevi, Cardini, il saltimbanco Moni Ovadia e il biblista martiniano Gianfranco Ravasi. La ragazza che porta il velo e va in oratorio è quella Sara Orabi che “Porta a Porta” giustificò la lapidazione delle adultere. Commentando le invocazioni contro lo stato d’Israele dell’imam Moussa di Roma, Branca ha detto che “sulle questioni prettamente politiche, come Cecenia e Palestina, le parole dell’imam possono trovare consenso unanime”, non sembrano contenere inviti espliciti al terrorismo, sono “allarme culturale, più di natura religiosa che politica”. Di fronte a tanta sensibilità interculturale, non è difficile capire da che parte bisogna stare. Con Magdi Allam. E la sua “tifosa” apologia dello stato d’Israele, pegno che l’islamismo vuole far pagare all’occidente.

Segue l'articolo di Luigi Amicone, titolo " Invece di fare plotoni di esecuzione mediatici, invitate in Cattolica Allam ", tratto dal settimanale Tempi.

Della triste vicenda che ha visto duecento intellettuali sottoscrivere un appello contro il libro “Viva Israele” di Magdi Allam potrebbe non aggiungere nulla a quanto stato già scritto dal Foglio, Libero, Corriere della Sera ecc ecc. Però, dato che questo giornale non solo è orgoglioso dei vincoli umani, ideali e professionali che lo legano Magdi Allam, ma si trova nella strana posizione di chi ha tra i suoi collaboratori uno dei sottoscrittori dell’appello, allora bisognerà che qui spendiamo una parola chiara. Cominciamo dai fatti. Chi ha letto il libro Magdi Allam sa che in “Viva Israele” non trovano doppie verità, allusioni per addetti lavori, messaggi cifrati. Si trovano solo notizie, fatti, nomi precisi e circostanziati. Come quelli riguardanti il professor Paolo Branca, docente di lingua araba all’Università Cattolica e del quale il libro di Allam parla severamente, denunciandone ambiguità e connubi con ambienti islamisti. Dunque? Dunque è evidente che niente impedisce al professore di replicare alle accuse al limite, di adire alle vie legali. Perché, invece, Paolo Branca accende la torcia di Torquemada e organizza la caccia alla strega Allam? Di fatto, come ha ricostruito Andrea Morigi su Libero, il professor Branca prima ha scritto una lettera-circolare in cui con argomenti clericali e melliflui spronava i colleghi alla mobilitazione. Poi ha steso l’appello ed è passato all’incasso delle firme.stragrande maggioranza dei docenti interpellati non ha firmato. Ma una bella fetta ha abboccato all’amo. Branca ha infatti raccolto una cinquantina di adesioni in Cattolica capofila Ombretta Fumagalli Carulli e Milena Santerini) e tra cattolici di area prodiana (capofila Enzo Bianchi e Alberto Melloni). Il resto sono i soliti musulmani “moderati” cosiddetti. Il risultato è quello che si letto sulla rivista Reset. Cioè un attacco senza precedenti non alle idee, ma alla persona che da quattro anni gira con la scorta più numerosa che sia mai stata data dal ministro dell’Interno a un qualsiasi politico, magistrato, imprenditore, giornalista, cittadino italiano. Cerchiamo di capirci. Primo. Nessuno è tenuto a condividere le idee di Magdi Allam. Ma una cosa è la dialettica delle idee, il confronto anche aspramente polemico delle idee. Altro è stendere un appello e, duecento contro uno, criminalizzare e mettere all’indice un libro e il suo autore. Questo non è confronto delle idee. Questa è logica da branco. Vergogna. Secondo. In “Viva Israele” non si trovano solo fatti. Ci sono anche ragionamenti ad personam e deduzioni. Discutibili, certo, ma ovviamente legittime. Per esempio: si può o no pensare, alla luce dei fatti e delle argomentazioni presentati Magdi Allam, che così come negli anni di piombo ciò che veniva insegnato dalle cattedre e ciò che gli intellettuali scrivevano nei loro appelli (tipo “Né con le Br, né con lostato”) favorirono i fiancheggiatori del terrorismo e indebolirono la lotta all’eversione con le conseguenze che tutti conosciamo), così anche oggi ciò che “pullula” (questo è il verbo usato da Allam) nelle scuole e nelle università italiane, cioè il pregiudizio antisraeliano, l’odio di sé, il risentimento antioccidentale e antiamericano, favoriscono un’educazione e un pensiero unico che tende a giustificare utopie, violenza e terrorismo? I fatti italiani sono dispiegati nella cronaca dei giornali e l’esperienza di ogni lettore può ben dire se sia vera o no la denuncia di Magdi Allam (per molti versi simile a quella di Oriana Fallaci). A noi pare che se invece di discutere apertamente di queste cose si organizza il plotone di esecuzione mediatico, significa solo una cosa: significa che Allam ha ragione. Terzo. Ma ammettiamo pure per assurdo che Viva Israele” sia un pessimo libro. E allora? In questo paese si pubblica di tutto: Massimo Fini ha scritto un saggio per esaltare la figura del mullah Omar. Massimo D’Alema scrive che Hamas sono gente popolare e perbene. L’insurrezionalismo globale di Toni Negri e tutta la copiosa letteratura che attribuisce le responsabilità dell’11 settembre a noi, alla Cia, al complotto giudaicomassonico sono portati in palmo di mano tanto nelle accademie quanto tra gli scaffali dei supermercati dove si istruiscono le massaie. Non c’è croisette intellettuale dove non si preminofilm che attribuiscano all’occidente tutti mali del mondo e ai poveri binladeniani ruolo di vittime della “guerra di Bush”. Possibile che si sveglino solo adesso, e in duecento, e solo per indignarsi contro un “Viva Israele”? Si sono mai viste duecento anime belle alzare il ditino e prendere la penna per denunciare la spazzatura, non di Tempi caro professor Branca (e lei sa bene di cosa stiamo parlando), ma di certa pubblicistica dei suoi amichetti di fratellanza musulmana? Quarto. Visto che questa vicenda porta galla questioni che da un pezzo bollono nella pentola cattolica, osiamo rivolgere noi un appello all’Istituzione. Da che parte sta gloriosa Università Cattolica? Con il metodo e lo stile del suo docente di lingua araba della sua bella pedagogica compagnia con il diritto di Magdi Allam di non vedere killerata e infangata la sua persona? Tranquilli, non vogliamo la cattedra di nessuno. Vogliamo soltanto che qualcuno chieda scusa al Vicedirettore del Corriere della Sera. poi, invece di continuare la rissa, vogliamo vedere un bell’invito del rettore Lorenzo Ornaghi a Magdi Allam, per discutere pubblicamente e pacatamente del suo “Viva Israele”. Naturalmente nell’aula magna della Cattolica. E naturalmente in compagnia di Paolo Branca. Luigi Amicone (anticipazione dell’editoriale del settimanale Tempi in edicola giovedì 26 luglio)

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