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La Stampa Rassegna Stampa
29.01.2023 Putin contro l'Italia
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 29 gennaio 2023
Pagina: 3
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Il risentimento del Cremlino per il paradiso italiano perduto»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/01/2023, a pag.3 con il titolo "Il risentimento del Cremlino per il paradiso italiano perduto" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
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Is Today's Russia a Relic of the Past? | Perspectives on History | AHA

Leggere i post di Dmitry Medvedev è diventato per molti russi una sorta di divertimento, quasi un "guilty pleasure": un cocktail di accuse, minacce, insulti e proclami che si distingue dalle miriadi di altre pubblicazioni sui social per un concentrato particolarmente intenso di aggressività e fake. Un tono insolito per un personaggio altolocato, che ha rappresentato per qualche mese un'attrattiva anche per i media internazionali: un ex presidente della Russia, per di più famoso a suo tempo come un riformista quasi "liberale", che minaccia la bomba atomica e ricorre a un linguaggio da tassista infuriato, "fa notizia", e Medvedev è diventato una star da un milione di follower e due milioni di visualizzazioni per ogni insulto che pubblica. Giusto ieri mattina nei canali Telegram degli insider veri o aspiranti tali che commentano i pettegolezzi del Cremlino si diceva che Medvedev il propagandista aveva perso smalto, i suoi post erano ormai «routine» e «nessuno lo prende più sul serio». Forse è anche per questo che negli insulti a Guido Crosetto l'ex presidente e premier - che oltretutto è stato professore di Diritto e si vanta di incarnare lo spirito dell'intellighenzia pietroburghese - ha superato un tabù che finora non aveva osato infrangere, aprendo il suo vocabolario alle oscenità vere e proprie. La vera traduzione di quella parola che Medvedev ha utilizzato nei confronti di «un qualche ministro di una qualche Italia» è «coglione», e in russo è un insulto grave. Talmente grave che lo stesso ex presidente ricorre a un eufemismo: invece di scrivere nero su bianco "mudak" - un riferimento ai testicoli inteso come simbolo di stupidità e cattiveria dei suoi portatori - ha cambia la prima lettera della parola, in una allusione fin troppo chiara a qualunque russo. Anche perché questa parolaccia fa parte del "mat", la lingua del turpiloquio che nella tradizione (e nella legge) russa è vietata per l'uso in pubblico. Anzi, è stato proprio il regime putiniano, nell'ambito della svolta conservatrice dell'ultimo decennio, ad aver proibito il suo utilizzo nel cinema e nel teatro, mentre i libri che contengono parole considerate "illecite" devono recare un avvertimento sulla copertina, simile a quello che si usa per contenuti pornografici. Gli "scemo" e "sciocco" delle prime traduzioni del post rappresentano dunque una versione edulcorata di un insulto volutamente offensivo. E probabilmente non casuale. I propagandisti russi non dedicano molto spazio all'Italia, preferendo concentrarsi su Paesi che nella visione gerarchica del Cremlino sono quelli che decidono la politica mondiale: Francia, Germania, Regno Unito, e naturalmente gli Usa. Il riferimento a «una qualche Italia» riprende quel tono offeso che altri portavoce di Mosca - in primo luogo Maria Zakharova del ministero degli Esteri, che solo di recente ha apostrofato Antonio Tajani, e ha sbeffeggiato spesso giornalisti italiani - hanno utilizzato per redarguire un Paese che molti in Russia consideravano propenso a una maggiore tolleranza, o almeno a un maggior pragmatismo nelle relazioni. Una sorta di "italiani brava gente" visto dalla Russia: il Paese della moda, della adorata musica di Sanremo, delle vacanze e del buon cibo. Non è un caso infatti che molti vip russi - tra cui lo stesso Medvedev, che per colpa delle sanzioni ha perso la sua cantina vinicola in Toscana - avevano scelto il lago di Como e la Sardegna per i loro yacht e le loro ville. Forse è anche questo risentimento per il paradiso italiano perduto ad aver spinto un portavoce del regime visibile come Medvedev a superare una ennesima "red line" della comunicazione politica. Del resto i suoi "maiali", "deficienti", "bavosi", "ritardati", "pagliacci" e "servi" dedicati ai politici europei sembrano aver prodotto l'effetto desiderato: dall'oblio della poltrona di vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo l'ex presidente è stato recuperato da Vladimir Putin a mansioni di maggiore responsabilità. La propaganda russa infatti è sempre rivolta a due pubblici: quello estero e quello interno, e nel secondo a contare di più è il gradimento di un solo spettatore. Questo spiega l'apparente non senso diplomatico di aggredire proprio la classe politica e l'opinione pubblica dei Paesi più inclini al dialogo con Mosca (gli insulti riservati a Emmanuel Macron e a Olaf Scholz sono di solito pesantissimi, e lo stesso Medvedev ha di recente accusato tedeschi e italiani di "proclamarsi di sinistra o cristiani, ma essere gli eredi dello Ndsap di Hitler e del Partito nazionale fascista»). Questo spiega anche i goffi fake pubblicati regolarmente dalle ambasciate russe nei vari Paesi, come quello dei blindati non ancora inviati dall'Italia in Ucraina ma già dichiarati bruciati dall'esercito russo. Già anni prima della invasione dell'Ucraina, l'ente di Sergey Lavrov aveva preferito una tonante propaganda presentata come «spiegazione della posizione russa», rispetto alla funzione di convincere e dialogare della diplomazia.

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