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La Stampa Rassegna Stampa
22.01.2023 Zelensky accusa la Germania
Commento di Alberto Simoni

Testata: La Stampa
Data: 22 gennaio 2023
Pagina: 2
Autore: Alberto Simoni
Titolo: «Crepe nella Nato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/01/2023, a pag.2 con il titolo "Crepe nella Nato" l'analisi di Alberto Simoni.

Alberto Simoni - US CORRESPONDENT - La Stampa | LinkedIn
Alberto Simoni

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Volodymyr Zelensky con Joe Biden

«L'indecisione sta uccidendo sempre più persone. Pensate velocemente», scrive su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky tornando a chiedere armi. Qualche ora prima lo stesso presidente aveva evidenziato che «ogni accordo deve essere implementato il prima possibile». All'indomani del vertice del Gruppo di Contatto sull'Ucraina a Ramstein, Kiev torna a pigiare il tasto delle richieste di armi, carri armati in primis, come se il «nein» tedesco all'invio dei Leopard 2 – tramite Paesi terzi – fosse qualcosa di temporaneo e superabile. Un gruppo di soldati ucraini andrà in Polonia ad addestrarsi, segno che a Kiev si respira ottimismo su un cambio di idea tedesco. Le pressioni sul cancelliere Scholz – schernito sui social dai mercenari della Wagner come «uno degli eroi dell'operazione Z» – proseguono a ogni livello. I ministri degli Esteri dei Paesi Baltici hanno ribadito che la Germania consegni «ora i carri armati Leopard a Kiev». Varsavia ha fatto sapere che potrebbe consegnare i tank in barba al divieto tedesco e che ospiterà soldati ucraini per l'addestramento. Malgrado la solidità mostrata negli ultimi undici mesi, la Nato è divisa sulla strategia da seguire mentre sia Russia sia Ucraina si stanno preparando a una grande offensiva di primavera per spaccare definitivamente l'equilibrio del conflitto. James Cleverly, ministro degli Esteri britannico, mercoledì a Washington ha visto Antony Blinken e ha ribadito che bisogna «agire subito per sfruttare le debolezze russe». Sulla linea intransigente britannica sono sintonizzati baltici, Finlandia e la Polonia vera e propria avanguardia nello scontro con la Russia. Berlino frena e trova una sponda al Pentagono anche se con distinguo sostanziali. Fonti dell'Amministrazione Usa hanno spiegato al New York Times che Washington è frustrata dall'opposizione di Berlino sui Leopard, «nessuna nostra proposta è stata accettata». E qualche malumore negli Usa ha creato la contromossa di Scholz. In sintesi: se l'America dà gli Abrams, noi seguiamo con i Leopard. Un baratto inaccettabile per gli Usa che hanno pure illustrato i motivi per cui gli M1 Abrams non sono funzionali al conflitto in corso: tempi di addestramento lunghi; scarsa manovrabilità sul terreno ucraino; manutenzione difficile; e l'utilizzo di carburante per i jet, più pesante del diesel, che rende complicato mantenere una linea di rifornimento corta. Eppure concludendo il summit di Ramstein, Austin ha sorvolato sui dissidi per evidenziare invece «il prezioso ruolo di alleato dei tedeschi». Quel che avvicina Berlino e il Pentagono è la «prudenza». Fonti della Difesa Usa parlano di «realismo e di analisi obiettiva su quel che serve effettivamente». Non si può, si fa notare, dare armi, veicoli corazzati, strumenti vari senza addestramento e rischiando di inflazionare il campo di battaglia. Il timore, riferisce la medesima fonte, è che gli ucraini non siano pronti a usarle e che gli arsenali restino sguarniti. La prospettiva infatti che la guerra si trascini a lungo non è scartata. Il capo degli Stati Maggiori Riuniti, Mark Milley è stato cristallino nel dire a Ramstein che «è difficile cacciare i russi entro fine anno e per questo bisogna spingere i russi a una soluzione diplomatica». È una posizione che Milley – generale in uscita a fine settembre – ha fatto sua sin dall'autunno. Cozza solo in parte con l'auspicio di Austin, ovvero che «il pacchetto di armi stanziato, se usato bene, possa portare al successo». Ci sono 90 veicoli meccanizzati Stryker, 53 corazzati Bradley, munizioni per Himars, veicoli anti mine, 350 Humvees. Sono la combinazione per condurre operazioni per spezzare le linee nemiche, secondo il Pentagono. La richiesta di carri armati di Zelensky è in parte condivisa, ma la Casa Bianca, con il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale John Kirby, ha detto che gli ucraini hanno a disposizione già i T-72 modificati e hanno preso anche i tank russi. I Leopard aiuterebbero, ma Washington non ha speso tutto il suo capitale politico nel braccio di ferro con Berlino, nella convinzione che le armi che arriveranno potranno cambiare la dinamica. Nei giorni scorsi il capo della Cia Williams Burns ha spiegato a Zelensky le impressioni degli 007 Usa sull'offensiva della Russia, «entro primavera»; e in questi giorni Wendy Sherman e Jon Finer, rispettivamente numero due di Blinken e vice consigliere per la Sicurezza nazionale, hanno analizzato con gli ucraini la situazione militare. Notando che la battaglia per Bakhmut ha sottratto troppa energia e che rispondere colpo su colpo all'artiglieria russa è rafforzare quella guerra di attrito che preoccupa Milley. Serve altro insomma. La finestra di tempo per agire è stretta e cade nelle «prossime poche settimane», nota Austin. Le armi utili arriveranno. Quando saranno disponibili, si potrà condurre la controffensiva, è l'invito che Finer e Sherman hanno depositato a Kiev. Anche senza Abrams e Leopard. Ed evitando di logorarsi oggi a Bakhmut e dintorni.

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