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La Stampa Rassegna Stampa
15.11.2022 Kherson è ucraina, anzi, è più ucraina di prima
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 15 novembre 2022
Pagina: 7
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Così ha dato fiducia alla nazione ferita e l'ha risollevata»

Riprendiamo da La Stampa di oggi 15/11/2022, a pag.7 con il titolo "Così ha dato fiducia alla nazione ferita e l'ha risollevata" il commento di Anna Zafesova

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

How Zelensky Has Changed Ukraine | Journal of Democracy
Zelensky, canta l'inno ucranio

Volodymyr Zelensky canta l'inno ucraino mentre i militari alzano la bandiera azzurra e gialla sopra Kherson, in un'immagine che entra nella storia in diretta, e che colpisce la macchina da guerra russa con più precisione di un missile Himars. Secondo il Cremlino, Kherson è “territorio russo”, e la sua annessione – avvenuta soltanto sulla carta e sugli schermi della propaganda - nel mondo del pensiero magico putiniano doveva servire a renderla vera. Invece la realtà arriva a spezzare l'incantesimo: Kherson è ucraina, anzi, è più ucraina di prima, dopo otto mesi sotto occupazione non vuole parlare la lingua dell'invasore, e il tripudio di bandiere, fiori, baci e abbracci per i soldati che entrano in una città che canta e ride e piange in piazza distrugge i sogni imperiali panslavisti dei nostalgici moscoviti. La battaglia di Kherson era iniziata a fine estate, ed è stata portata avanti da Kyiv con maestria strategica e pazienza tattica, senza cedere alla tentazione di bruciare le tappe per dare a un Paese martoriato una vittoria ambita quanto sofferta. Zelensky e il suo comandante militare Vitaliy Zalushny si rendevano conto che non si trattava soltanto di riportare a casa la più grande città, e unico capoluogo regionale, occupata dai russi. Si trattava di spezzare le mitologie del Cremlino e degli adepti della “real politik” europea che vedevano il Sud e l'Est ucraino come pedine di scambio di un Risiko geopolitico. Ora, la gioia degli abitanti liberati filtra perfino dall'altra parte del confine, attraverso la censura russa, e molti sostenitori del regime di Mosca si stanno domandando con rabbia il motivo di una guerra la cui inutilità appare evidente, dopo la scoperta che gli ucraini non erano dei russi smarriti per strada e ansiosi di ricongiungersi con il “fratello maggiore”, come gli aveva raccontato Vladimir Putin. Che dopo settimane di apparizioni pubbliche in cui esternava le sue imbarazzanti idee pseudostoriche e “geopolitiche” è sparito. Il contrasto con Zelensky è evidente, e quando i propagandisti russi si infuriano nei talk show perché non è stato colpito da un missile russo mentre era in piazza a Kherson, sottolineano involontariamente la modalità “da bunker” del loro dittatore, che non ha il coraggio di spiegare come mai ha perso territori che aveva appena dichiarato “russi per sempre”. E mentre, in una giravolta orwelliana, la capa della propaganda Margarita Simonyan propone la prigione per “i funzionari che raccontano bugie al leader”, la TV russa smette di fornire le previsioni del tempo per Kherson, un silenzioso messaggio a chi ha già capito tutto: che lo zar è nudo, e la guerra è persa. Prima di costringere Mosca ad ammetterlo, ci saranno altre battaglie, e bombe sulle città. Ci sarà l'inevitabile e terribile scoperta, nei territori liberati, di nuove fosse comuni, di nuove stragi di civili. Ci sarà la resa dei conti con i collaborazionisti e gli infiltrati, e forse la verità sulle complicità che a marzo avevano permesso di consegnare Kherson agli invasori. Ci sarà una ricostruzione faticosa. Ma riconquistare Kherson non significa soltanto togliere la spada di Damocle da Mykolaiv e Odessa, e aprire la strada verso la Crimea. Kherson è stata liberata sul campo di battaglia, e ribalta definitivamente le sorti della guerra perché trasforma la vittoria da slogan e obiettivo in realtà. L'Ucraina ha già riconquistato più della metà delle regioni occupate dopo il 24 febbraio, e il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba commenta sprezzante che “la Russia non è nella posizione di dettare condizioni”. Del resto, Putin aveva lanciato la guerra per rivendicare un mondo dove è il più forte a decidere. Sarà difficile accettare questo principio anche dopo aver scoperto che il più forte non è lui.

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