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La Stampa Rassegna Stampa
20.07.2022 La rivolta contro Putin
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 20 luglio 2022
Pagina: 15
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Quelle reclute giù dai camion, è rivolta contro la guerra»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/07/2022, a pag. 15, con il titolo "Quelle reclute giù dai camion, è rivolta contro la guerra", l'analisi di Anna Zafesova.

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Anna Zafesova

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La Lada Granta bianca scorre sullo sterrato. Il suo primo viaggio è al cimitero, disordinato quanto la campagna intorno, con le croci di legno che spuntano dai cespugli e dall'erba che nessuno taglia. L'uomo anziano al volante racconta alla telecamera che l'auto è bianca, «come la sognava Aleksey». Aleksey è suo figlio, morto «come i nonni e i bisnonni, combattendo il fascismo», comunica una voce fuori campo, e spiega che l'auto è stata comprata grazie al risarcimento del governo per i caduti in Ucraina: «Il popolo chiama questi soldi "i soldi per la bara"». Il servizio trasmesso dalla Tv pubblica russa è talmente mostruoso da sembrare quasi una denuncia. Ma la storia di una famiglia della regione di Saratov che ora ha una auto nuova grazie alla morte del figlio è uscita nel programma del propagandista Dmitry Kiselyov, ed è invece uno spot pubblicitario della guerra. Il servizio è stato tagliato dalla versione del programma destinata a Mosca, mentre è rimasto nelle versione trasmesse per l'Estremo Oriente e la Siberia (in Russia lo stesso palinsesto televisivo esce più volte in base ai fusi orari). Non è la prima volta che la trasmissione di Kiselyov censura reportage su famiglie felici di avere un figlio in guerra. I ragazzi delle capitali non vengono mandati al fronte, le liste dei caduti si riempiono di nomi di soldati e ufficiali di zone remote e povere, e spesso abitate da minoranze etniche non slave: dalla mappa del Institute for the Study of War, a mandare più soldati sono la Buriazia e la Tyva, al confine con la Mongolia, la Chuvashia, sul Volga, il Caucaso musulmano, dalla Cecenia al Dagestan. Il calcolo è cinico e semplice: laggiù, l'esercito è uno dei pochi datori di lavoro, e un livello di cultura più basso rispetto alle grandi metropoli promette un livello più alto di obbedienza alle autorità. È la Russia ideale sognata da Vladimir Putin, dove padri, madri, sorelle e vedove ripetono alle telecamere – seduti in cucine e tinelli arredati con mobili ancora sovietici, con i tappetini con le renne sulla parete e un'icona di carta sopra il frigorifero – le bugie della propaganda sugli ucraini che «si bombardano da soli», e non nascondono che il risarcimento per il figlio caduto gli ha permesso di comprare un'auto, chiudere un mutuo, fare una vacanza.

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È in quelle case che i soldati russi mandano i frullatori e la biancheria saccheggiati nelle case ucraine. Ma anche nella Russia più povera la quantità di ragazzi pronti a diventare carne da macello è sempre più bassa. Aleksandra Garzhamapova del fondo "Buriazia libera" in un'intervista alla Bbc ha sfatato il mito della sua regione: da quella con il più alto numero di caduti in Ucraina è ora quella dove più militari si rifiutano di venire mandati al fronte. Almeno 500 soldati buriati si sono dimessi nelle ultime settimane, di cui 150 sarebbero «saltati giù dai camion quando hanno capito dove li portavano», e 78 parà d'assalto dell'11sima divisione sono stati chiusi in un garage e minacciati. I servizi ucraini pubblicano intercettazioni di occupanti russi che raccontano episodi simili. A giudicare dai "muri della vergogna" installati in molte guarnigioni, si parla di centinaia di "disertori", che formalmente non sono tali: la Russia non ha dichiarato guerra all'Ucraina, e quindi un militare a contratto può rifiutare una missione. Un problema «sempre più acuto», secondo l'Intelligence britannica che vede un'avanzata russa nel Donbass in difficoltà «per mancanza di soldati». Una dichiarazione che Mosca smentisce come disinformazione occidentale, ma che trova conferma, per esempio, nella dichiarazione del colonello Oleg Korotkevich, comandante ad interim della 41sima armata, che ha cercato di persuadere i familiari dei militari che la guerra deve andare avanti: «Putin può ordinare di farla finire domani, ma significa che ce ne dovremo andare come cani bastonati». Che non tutte le famiglie sono felici di mandare figli e mariti al fronte lo si era già capito da numerose proteste di mogli e madri trapelate nei media regionali russi, e il fatto che Korotkevich sia costretto a incontrarle e a cercare di convincerle che la guerra va persa almeno con una parvenza di onore, è rivelatorio. Anche perché il rifiuto ad andare a combattere in Ucraina spesso non è dettato da ideali di pacifismo, ma più banalmente a un razionale calcolo delle probabilità di venire uccisi: se la 41sima armata è comandata da un colonnello, è perché tutti i suoi generali sono stati uccisi già a marzo. Un rischio che non vale la pena correre, anche perché la Lada bianca è un premio che molti hanno visto soltanto in Tv: diverse famiglie non hanno ricevuto ancora i risarcimenti promessi. Lo stesso Korotkevich a giugno aveva firmato una richiesta di aiuti al sindaco di Novosibirsk, nella quale chiedeva aiuti umanitari: caffè, sigarette, sapone e perfino calzini e mutande da donare ai soldati mandati da Putin al fronte.

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