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La Stampa Rassegna Stampa
14.06.2022 Putin ha perso
Commento di Nathalie Tocci

Testata: La Stampa
Data: 14 giugno 2022
Pagina: 21
Autore: Nathalie Tocci
Titolo: «Anche se prende il Donbass Putin ha perso»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/06/2022, a pag.21, con il titolo "Anche se prende il Donbass Putin ha perso", il commento di Nathalie Tocci.

Nathalie Tocci – Belgrade Security Forum
Nathalie Tocci

I Knew A Different Putin
Vladimir Putin

La Russia ha perso la guerra. Rimane da vedere se la perderà anche l'Ucraina. La risposta emergerà dal campo di battaglia nel corso dei mesi, forse degli anni. Su questo l'Europa ha poca voce in capitolo. Sarà decisiva invece l'azione europea nel determinare se l'Ucraina si consoliderà come democrazia nella famiglia europea; insomma, se l'Ucraina potrà vincere. La Russia ha perso la guerra nella misura in cui l'invasione di Putin è animata dalla volontà imperiale di conquistare l'Ucraina in quanto parte integrante del «mondo russo» nell'ideologia del Cremlino. Mosca ha occupato dei territori ucraini già nel 2014, e dal 24 febbraio scorso si è spinta più in là. È possibile che continui ad avanzare nel Donbass. Ma anche se questo dovesse accadere, per un leader – qual è Putin – che si confronta con Pietro il Grande e le sue conquiste imperiali, è difficile non vedere che Mosca questa la guerra l'ha già persa. Ciò non vuol dire che l'Ucraina abbia vinto. Kiev vincerà se emergerà dalla guerra non solo come uno Stato sovrano ma anche democratico. La prima parte dell'equazione verrà determinata dalla misura in cui il sostegno militare, in larghissima parte statunitense, riuscirà a repellere l'avanzata russa. È possibile immaginare un'Ucraina sovrana pur avendo perso il controllo su parte del proprio territorio orientale. È difficile concepire invece un'Ucraina sostenibile come Stato sovrano se dovesse perdere le sue grandi città oppure l'accesso al Mar Nero. La sovranità dell'Ucraina è collegata al territorio da lei controllato, e questo sarà determinato dalla difesa ucraina e dalla disponibilità dell'Occidente, e soprattutto di Washington, di sostenerla. Eppure, un'Ucraina sovrana è una condizione necessaria ma non sufficiente per evitare che a perdere la guerra sia anche Kiev e non solo Mosca. L'Ucraina vincerà solo se ne emergerà come Stato democratico. Qui subentra l'Europa. Saranno necessarie garanzie di sicurezza per far sì che i miliardi che serviranno per la ricostruzione non rimangano su carta ma atterrino in Ucraina. Sono garanzie per evitare che una guerra come quella a cui assistiamo oggi si ripeta in futuro. L'Ucraina non entrerà nella Nato, ma le garanzie che serviranno per una reale ricostruzione, e che Paesi come Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Turchia saranno chiamate a dare, non distano dall'articolo 5 del Trattato dell'Alleanza Atlantica. Senza garanzie per la sicurezza non ci sarà ricostruzione, e senza ricostruzione l'Ucraina sarà un gigantesco buco nero economico nel cuore dell'Europa. Se le garanzie di sicurezza e l'impegno alla ricostruzione servono ad assicurare che l'Ucraina non diventi uno Stato fallito, la prospettiva europea è fondamentale per consolidare la democrazia. Il rischio è che l'Ucraina, traumatizzata dall'invasione russa, diventi uno Stato iper-militarizzato, condizione che difficilmente si concilia con una liberaldemocrazia. Per evitare che questo accada, l'integrazione europea voluta da Kiev è fondamentale. Tra pochi giorni, la Commissione europea raccomanderà, molto probabilmente, il riconoscimento dell'Ucraina (così come della Moldova) come Paese candidato. Spetterà poi al Consiglio europeo del 23-24 giugno approvare o meno la raccomandazione. Riconoscere lo status di candidato rappresenterebbe una vittoria simbolica e strategica per l'Unione e per l'Ucraina; non farlo, invece, un autogol clamoroso a favore di Putin. Che siano garanzie di sicurezza, ricostruzione o consolidamento della democrazia attraverso l'integrazione europea c'è chi preferirebbe voltarsi dall'altra parte. Far tutto questo, infatti, comporta rischi, costi e un impegno continuo. La tentazione di nicchiare, posticipare e diluire gli impegni è forte e aumenterà nel tempo. Ma voltarsi dall'altra parte porta con sé rischi e costi enormemente più alti: la non scelta è sempre una scelta, in questo caso con conseguenze devastanti per la nostra sicurezza e non «solo» per quelle dell'Ucraina. È stato lo stesso irrefrenabile istinto di girarsi dall'altra parte, nascondendo interessi miopi dietro le vesti della diplomazia, che ci ha offuscato la vista di ciò che stava diventando la Russia di Putin. Ora che l'Europa è stata catapultata negli abissi di una guerra che non vedeva dai tempi più bui del secolo scorso, cadere nella stessa trappola sarebbe criminale.

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