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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/07/2015, a pag. 13, con il titolo "Combattenti europei ed ex Marines, ecco la brigata cristiana anti-Isis", l'analisi di Maurizio Molinari.
Vittime dell’esodo forzato da Ninive, alleati dei peshmerga curdi, dotati di poche armi ma con grande motivazione personale e determinati a riconquistare la città perduta di Qaraqosh: sono i miliziani di «Dwekh Nawsha», ovvero l’unità militare composta dagli assiri-cristiani iracheni che hanno deciso di battersi contro lo Stato Islamico (Isis) in Iraq «per restare nella nostra terra». L’esodo forzato L’orgoglio nasce dalla consapevolezza di risiedere in Iraq da 3000 anni, ovvero ben prima della conquista araba e della nascita di Maometto. Athra Kado, arruolatasi nei «Dwekh Nawsha» in settembre parla di «terre che ci appartengono da sempre e da dove una banda di criminali sanguinari non riuscirà a cacciarci». Da qui il patto per battersi assieme, a dispetto delle fedeltà a partiti politici differenti come anche delle divisioni fra chi vede il proprio futuro sotto la sovranità irachena o curda. «Ciò che conta è riconquistare le nostre città e villaggi, per poi controllarli fino a quando il peggio non sarà passato, trasformandoli in una regione autonoma», riassume un combattente che afferma di chiamarsi Kado e conta su «cooperazione, addestramento e armi che riceviamo dalle forze del Kurdistan». Albert Kisso, comandante dei miliziani «che si sacrificano», precisa: «La verità è che non ci aiuta nessuno, ma noi ci battiamo lo stesso». In tutto si tratta di 200 volontari ma è un numero in crescita grazie all’arrivo di volontari stranieri e al sostegno finanziario garantito dalla diaspora assira, soprattutto negli Stati Uniti. I «Foreign Fighters» cristiani arrivano da Usa, Gran Bretagna e Australia. Fra costoro c’è un ex Marines, veterano di «Enduring Freedom» in Afghanistan, di nome Louis: «Sono qui da sei mesi e aiuto a combattere Isis». Ma indossare la divisa assira non è stato facile «perché i peshmerga hanno fatto resistenza, mi hanno fatto aspettare, non gradiscono l’arrivo di volontari stranieri in Kurdistan». In unità coi peshmerga Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@lastampa.it |
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